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SMALL ZINE Anno 3 Numero 12 ottobre - dicembre 2014



Era Vulgaris

Valentina Tebala

Roberto Giriolo



Magazine di Arte contemporanea


SOMMARIO N. 12


TALENT TALENT
ERA VULGARIS | Roberto Giriolo di Valentina Tebala
OLTRE LA FORMA SI APRE IL PAESAGGIO | Alessandro Roma di Gregorio Raspa

INTERVIEWS
UN'INASPETTATA MERAVIGLIA | Stefano Bombardieri di Loredana Barillaro

SPECIAL
LE ACCADEMIE DI BELLE ARTI  con Aurora Spinosa, Salvo Bitonti, Maria Daniela Maisano, Pietro Di Terlizzi, a cura di Loredana Barillaro

PEOPLE ART
IN QUALSIASI PARTE DEL MONDO | Eugenio Re Rebaudengo

SHOWCASE
ALEX URSO | testo di Solidea Ruggiero a cura di Pasquale De Sensi

SMALL TALK
LA DITTATURA DELLE IMMAGINI | Nastynasty di Gregorio Raspa
UNA VITA A COLORI | Giacomo Cossio di Martina Adamuccio
L'IMPREVEDIBILITÀ DI UNA RICERCA | Francesco Gabriele di Loredana Barillaro
IPOTETICI MONDI | Giovanni Longo di Luca Cofone
UNA TANGIBILE EMOZIONE | Giuseppe Mascaro di Loredana Barillaro

ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

De Rerum Natura
Valentina Tebala
n. 16 ottobre-dicembre 2015

L'ombra lunga del secolo breve
Gregorio Raspa
n. 15 luglio-settembre 2015

Una libera associazione di idee
Cristina Abbruzzese
n. 14 aprile-giugno 2015

Un consunto gesto quotidiano
Loredana Barillaro
n. 13 gennaio-marzo 2015

L'essenziale è invisibile agli occhi
Martina Adamuccio
n. 11 luglio-settembre 2014

Un insolito gioco di parole
Loredana Barillaro
n. 10 aprile-giugno 2014


Who sell drama, 2011
tecnica mista su tela 160 x 110 cm

To emigrate, 2011
tecnica mista su tela 120 x 120 cm

Do teh evolution, 2012
acquarello e tecnica mista su carta 50 x 70 cm

Roberto Giriolo vive e lavora in un piccolo borgo in provincia di Reggio Calabria ma, ad onor del vero, si potrebbe dire che il suo paese è il mondo intero. È affetto da quel sentimento globalizzante buono, che significa sensibilità empatica verso la condizione critica degli uomini che abitano questo pianeta nell’Era vulgaris, ovvero, come egli afferma “l’era della standardizzazione e della sterilizzazione culturale”.

Il ruolo sociale dell’artista è innanzitutto quello di denuncia indiscriminata nei confronti dell’Occidente capitalistico e conquistatore, fomentatore di ostilità e paure nei riguardi del diverso esotico-orientale, il quale poi, però, sorprenderemo consenziente e compiaciuta vittima dell’occidentalizzazione impostagli.
È il risultato di quella globalizzazione nociva – all’uomo, alla sua cultura e all’ambiente – delle colonizzazioni, del consumismo e del conformismo di massa.

Le ipocrisie e le contraddizioni della società contemporanea, Giriolo le dichiara e le affronta a colpi di colore e a chiare lettere. Difatti, il compromesso che lui stesso stabilisce a favore dello spettatore, consiste spesso nel raffreddare la libido irruente del gesto pittorico integrando sulla tela parole o messaggi esplicativi-educativi intrisi di amara e dissacrante ironia (Who sell drama?), corredati da numerosi segni grafici e sagome in cui il nero – un non-colore che per l’artista è sinonimo di assoluta libertà espressiva – regna sovrano.

Così, mentre colate di colore puro industriale vengono gettate di fretta direttamente sul supporto con il rischio di lasciare margini di tela vergine incompiuti (e si pensa a Pollock, Franz Kline e ad un certo espressionismo astratto americano), intervengono a mettere ordine le dovute “istruzioni per l’uso”: il disegno e le didascalie, giochi linguistici, nonsense, moniti, segnaletiche. E qui, sopra di tutti, c’è evidentemente Jean-Michel Basquiat, il linguaggio immediato e polemico del Graffitismo e la cultura Underground, con un tocco di Pop. Sì, perché a fare capolino sulle tele – così come sulle tavole o i collages – di Giriolo, troviamo freccette, mappe, cartelli stradali, missili, pompe di benzina e altri oggetti di uso quotidiano, nonché il ripescaggio di personaggi e simboli moderni importanti e pop(olari) come Saddam Hussein o la Statua della libertà, alternata ai Bronzi di Riace, fino alla figura ricorrente del teschio (che, attenzione, per l’artista non è emblema di morte ma di “origine”). Un assemblaggio frenetico di colori e immagini che compongono e illustrano la civiltà vulgaris in una sintesi formale tuttavia equilibrata, suprema e drammatica.

In Do the evolution si ricostruisce in poche, rapide, fasi una disincantata “pseudostoria” dell’evoluzione umana, sempre sotto la supervisione di Darwin posizionato al margine destro della composizione: dalla scimmia all’australopiteco, allo splendore della grecità, fino all’ominide contemporaneo dall’identità scancellata e deturpata, alienato o robotico, comunque inevitabilmente risucchiato nella metropoli industriale ammassata e claustrofobica.

L’arte di Roberto Giriolo è complessa e loquace; ma ha ancora molto da dire, spazi geografici e culturali da indagare, da invertire oppure da scoprire: come farà nel suo prossimo – per ora segretissimo – progetto. Forse, l’artista etnologo, Colombo contemporaneo, scoprirà finalmente l’isola felice ed incontaminata, che non c’è.