In mostra una serie di opere pittoriche dell'artista. Nei suoi lavori c'e' sempre una sorta di equilibrio precario ed instabile, dove tra forme geometriche trovano spazio deserti, fiumi, ziggurat, cavalli al galoppo...
“I'm in love
I'm a believer
I couldn't leave her if I tried”
The monkees –‘I’m a Believer
La grande differenza che divide un’ artista mediocre da un’artista insuperabile è la fede che egli immette nelle proprie opere e soprattutto nei confronti di sé stesso. Per farvi capire vi posso citare il momento in cui Basquiat abbandona il duro ma proficuo lavoro di apprendista elettricista per andare … boh. Ecco, nel momento in cui uno si tuffa nel grande boh, vi è la chiara e disperata rinuncia ai valori che normalmente contraddistinguono una vita medio- borghese, per aiutare la propria spinta ascensionale verso i piani alti dell’immortalità. In questo frangente per l’appunto si colloca l’artista di fede: ovvero colui il quale non ha niente se non il proprio ingegno, la propria personalità e chiaramente la voglia di mostrare al mondo sé stesso e quindi la sua arte. Essere un’artista di fede è un po’ come essere un ultras di una squadra di calcio: anche quando la squadra perde si deve tifare. Chiaramente quando si vince la champions league si gode.
Un’artista di fede può essere considerato Joe di Maggio mitico battitore dei New York Yankees ma soprattutto marito/amico di Marilyn Monroe, il quale venne soprannominato dai tifosi e dai giornalisti sportivi Joltin' Joe ("Joe che picchia") per la forza con cui colpiva solitamente la palla. Voi adesso vi chiederete cosa accomuna Finazzi Tiziano a Joe di Maggio? Nulla; a parte la fede. Chiaramente il primo era bravo a colpire le palle, il secondo a colpire le tele. Ma entrambi hanno camminato e camminano come gli equilibristi sulla fune con il loro bastone: per il giocatore era il baseball per l’artista è la pittura. Possiamo vedere, infatti, come nelle opere di Tiziano Finazzi vi sia sempre una sorta di equilibrio precario ed instabile che lascia anche noi poveri osservatori, interdetti e timidi, con la possibilità di cadere da un momento all’altro. Certo, non è come trovarsi la Pala di Pesaro di Giovan Gerolamo Savoldo: quella ti schiaccia, ti fa sentire lontano.
Essa è un’insieme di perfezione ed imperfezione allo stesso tempo, materia e trasparenze che ti cementano senza la possibilità di movimento. Al contrario nelle opere di Finazzi tutto si muove in un continuo andirivieni: il colore facendola da padrone ti aiuta nel restare in equilibrio all’interno dell’opera; colori forti che fortunatamente esistono ancora, e che si riescono ad intravedere solo oramai in terre lontane. [Il cielo di Sidney non è quello di Milano per intenderci]. Di conseguenza, la razionalità con cui sono composti i quadri di Finazzi, è solo illusione. Le forme geometriche che vi compaiono sono il solo pretesto per concedere all’osservatore un momento di libertà dalla fatica quotidiana dell’esistenza. Esse ci aiutano ad immaginare quello che normalmente dobbiamo accantonare nel locale del nostro cervello denominato “momentanea-mente chiuso causa straordinari”: Deserti, fiumi, ziggurat, cavalli al galoppo, cammelli che bevono, forte dei Marmi, Venezia, la cina ecc ecc. Fa niente se dopo il Finazzi usa titoli evocativi quali Il grande Angelo, Il grande parco, Aspettatemi e cosi via …
Essi sono solo un momentaneo sghiribizzo di sentirsi immortale, di riaffermare la propria identità all’interno della società la quale vuole l’uomo casa, chiesa e lavoro. Non per altro un ‘impresario edile se va a cena con la sua consorte alla pizzeria Mari e Monti trovandovi due quadri, uno del Finazzi, intitolato il grande angelo costitutuito al 70 % da giallo cromo e uno di Aristide Brizizzu, intitolato Tramonto a Moneglia con una qualità realistica non indifferente è chiaro che il risultato è scontato. Per l’appunto ecco la riaffermazione che il sommo poeta mise in bocca a Dante ovvero: l’artista è a deo nepote. Nella presunzione dell’artista vi è il voler essere vicino a Dio o agli Dei (lascio a voi la scelta e la volontà, n.d.a.). Chiaramente al giorno d’oggi non sempre all’essere artista insuperabile corrisponde un adeguata gratificazione economico- sociale. Ma per caso qualcuno sa se l’autore delle grotte di Lascaux è stato insignito all’epoca del titolo onorifico di “miglior pittore contemporaneo”?
Jacopo Finazzi Chiuduno, Aprile 2010
Inaugurazione sabato 8 Maggio 2010, ore 17
Edizioni d’Arte Severgnini
via Balconi 25, Cernusco sul Naviglio (MI)
ORARI: Martedì - Sabato 10-12,30 - 15,30-19
Domenica su appuntamento