Le carte. Fra Carte e Diari l'esposizione presenta circa cento opere. Il percorso della mostra permette di cogliere l'evoluzione cronologica dell'opera di Licata e di comprendere la dialettica esistente fra il contesto dei Diari e la realizzazione di alcuni capolavori su carta.
LE CARTE
Giovedì 12 settembre 2002 alle ore 18.00 presso il Museo d'Arte Contemporanea di
Arezzo (Sala Sant'Ignazio) si inaugura una straordinaria mostra dedicata a
Riccardo Licata. L'evento è tappa importante del viaggio che ha portato l'opera
dell'artista in molte importanti sede italiane e straniere e che si concluderÃ
nel 2004 con una mostra al Guggheneim di New York.
Riccardo Licata è considerato uno dei più grandi artisti su carta viventi. Di
questa sua attività sono state selezionate per il Museo d'Arte Contemporanea di
Arezzo una quarantina di opere, tutte di grandissima qualità , da un bacino di
lavori realizzato dall'artista fin dagli anni Cinquanta. Queste opere
straordinarie sono collocate sullo sfondo di un lavoro intenso, giornaliero,
documentato dai Diari, di cui la mostra offre un ampio panorama. Fra Carte e
Diari l'esposizione presenta circa cento opere. Il percorso della mostra
permette di cogliere l'evoluzione cronologica dell'opera di Licata e di
comprendere la dialettica esistente fra il contesto dei Diari e la realizzazione
di alcuni capolavori su carta.
Il catalogo, edito da Verso l'Arte, presenta testi di Giovanni Faccenda,
Giovanni Granzotto e Leonardo Conti che, in seguito a un'analisi approfondita
sul linguaggio dei segni e sull'uso del colore, danno un'interpretazione nuova e
complessa dell'opera di Licata.
La mostra ha il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali,
della Regione Toscana e del Comune di Arezzo.
Come nota Leonardo Conti nel testo del catalogo, "al sorgere dell'attivitÃ
artistica di Riccardo Licata, a metà del XX secolo, l'informale è uno dei
movimenti dominanti nello scenario occidentale". Licata è fortemente attratto da
quest'arte che si poneva programmaticamente "autre", al di là della storia e
della tradizione e, influenzato dallo spazialismo ("l'ala più antimaterica
dell'informale"), si orienterà verso quel gruppo di artisti che hanno prediletto
un informale segnico (Hartung, Mathieu, Wols, Masson, Michaux) piuttosto che un
informale materico (Fautrier, Dubuffet, Burri, TÃ pies, Burri, Riopelle).
Sebbene non si possa far rientrare l'opera di Licata rigorosamente nella
corrente spazialista, tuttavia Licata sceglie, già ventenne, per il segno come
cifra espressiva, "così vicino ad un controllato gesto", per "la padronanza
dello spazio, inteso come luogo in cui il gesto accade, ed il colore,
costantemente rivissuto come memoria inobliabile".
Secondo quanto afferma Granzotto "sul finire degli anni Quaranta, Licata
affidava tutta la sua poetica, sia sul piano espressivo che su quello
concettuale, quasi esclusivamente al dinamismo, all'incisività , alla forza
comunicativa del segno". Abbiamo così "agglomerati spaziali, vortici e spirali
in bianco e nero, o vellutate e galleggianti matasse".
In un certo senso, l'arte di Licata ha il suo cominciamento vero e proprio nel
1953 quando inizia ad apparire l'albero-totem, destinato a divenire una cifra
inconfondibile e ritornante nell'arco di tutto il suo percorso.
Questo segno sembra nascere, dice Conti, "da un'agglutinazione della più ampia
gestualità dei grovigli e delle concatenazioni di tracciati", cui l'artista si
abbandona alla fine degli anni Quaranta e nei primissimi anni Cinquanta.
"L'automatismo della mano, che inizialmente dilaga sulla superficie, in turbini
alimentati da potenti forze talvolta centrifughe ed altre centripete, tende a
isolare campi di accadimento. Accade così la prima vera e propria epifania
testuale in cui si realizza una stabilizzazione espressiva del gesto".
L'albero-totem è un segno minimo (a cui poi si accompagneranno altri segni) che
nella sua distribuzione spaziale, nell'accumulo, nelle derivazioni morfologiche,
darà vita alla pittura del maestro veneziano conosciuta in tutto il mondo.
E' stata autorevolmente invocata più volte, da Mazzariol o da Di Martino, la
musica come ispiratrice dell'opera di Licata, sia per la genesi
dell'albero-totem, sia per l'ordinamento spaziale per fasce dei suoi segni.
D'altronde questa verità biografica (Mazzariol presentando Licata alla Biennale
del 1956 notava che l'artista cominciò a disegnare frequentando i concerti
durante i quali inseguiva sul "breve foglio di un notes i percorsi spaziali
della musica") non può nascondere un'affinità assai più profonda e complessa con
la musica, e soprattutto, come nota Conti, con la musica dei compositori della
"Neue Musik".
In questo senso dovrebbe essere riconsiderata la vulgata secondo la quale la
pittura di Licata è distribuita in fasce per essere percepita nel tempo,
discorsivamente. "Nell'agglomerazione dei suoi segni in scomparti, l'artista
istituisce dei campi di relazioni simultanee e non lineari. La percezione è
perciò globale, simultanea appunto, e non successiva o discorsiva".
In fondo, il tempo nella ricerca pittorica di Licata (così come nella musica di
Boulez o di Stockhausen) non è il tempo dei minuti e dei secondi, ma quello non
cronologico dello spazio interiore, quello della memoria o della bergsoniana
durée.
La "vita vissuta" tracciata nella memoria e rievocata attraverso segni che non
dicono cose ma suggeriscono le emozioni passate, come ombre rinchiuse nelle
incertezze della memoria al margine dell'oblio, in attesa di trovare un
linguaggio che le incarni nuovamente: sembra questa la comunicazione poetica del
linguaggio licatiano.
"In senso forte - conclude Conti - questa scrittura è un modo
dell'autocomprensione, è hegelianamente Erfharung, un'esperienza estetica che
modifica colui che la fa". D'altronde già Pierre Restany aveva parlato
dell'opera di Licata come di una "narrativa intima".
Se dunque lo spazio nelle opere di Licata è quello della durée bergsoniana, se i
suoi segni parlano la sfuggente lingua delle emozioni a galla nella memoria, il
colore è parte essenziale del suo lavoro: il colore con la sua capacitÃ
evocativa, con il suo linguaggio misterioso e potente.
Per Granzotto c'è una dialettica costante fra segno e colore. Anzi, là dove,
come nelle opere che seguono il 1969 (anno in cui si fa più rigorosa la
suddivisione delle sue tele per campiture e fasce), la struttura dell'opera è
più geometrica, il colore assume il suo ruolo evidente e fondamentale di mantice
fra le diverse parti dell'opera e di timbro emotivo dominante: "ed ecco che
Licata - afferma Granzotto - si trova ad affidare il recupero emotivo e
sentimentale di un brano al colore; che deve garantire non solo il puntuale,
l'esatto registro dell'intera sinfonia, ma anche le singole sonorità e, non
ultima, l'aria generale, il motivo di fondo, quello che rimane nella testa, e
nel cuore di ogni spettatore".
Da allora alla fine degli anni Ottanta e Novanta e fino ad oggi, al colore è
stato affidato da Licata un ruolo via via più importante, senza però che venisse
sacrificato nulla alla capacità evocativa del suo strano alfabeto; anzi, nelle
opere della maturità , Licata raggiunge quella perfetta sintesi che non può
essere descritta nelle parole ma che può essere conosciuta solo tramite la
diretta esperienza dell'immagine.
BIOGRAFIA ESSENZIALE
Riccardo Licata è nato a Torino il 20 dicembre 1929. Dopo una breve parentesi
parigina, la sua famiglia si trasferisce a Roma, dove rimane fino al 1945. Dal
1946 Licata vive a Venezia. Ha studiato al Liceo Artistico e all'Accademia di
Belle Arti di Venezia negli anni compresi tra il 1947 e il 1955. Nel 1957
ottiene una borsa di studio dal Governo francese per sperimentare l'incisione a
colori e le nuove tecniche, a Parigi in collaborazione con Friedlaender, Hayter
e Goetz. Nello stesso anno è chiamato come assistente di Gino Severini all'Ecole
d'Art Italienne de Paris. Nel 1961 sposa Maria Battistella, cantante e
ricercatrice di musiche rinascimentali, dalla quale avrà nell'anno successivo il
figlio Giovanni. È nominato, nel 1961, professore di mosaico alla Ecole
Nationale de Paris dove ha insegnato fino al 1995. Gli incarichi prestigiosi si
susseguono, così nel 1969 è professore di Arti plastiche alla U.E.R. della
Sorbonne, quindi professore di incisione all'Academie Goetz di Parigi e, dal
1972 ricopre il medesimo titolo alla Scuola Internazionale di Grafica di Venezia
e all'Ecole Americaine d'Architecture de Fontainebleau. Con vasta esperienza
d'arte che lo vede di volta in volta pittore, incisore, mosaicista, scultore,
scenografo, inizia ad esporre a Venezia e a Firenze nel 1949 con il gruppo dei
Giovani Pittori Astratti. La sua prima esposizione personale si tiene a Venezia
nel 1951, seguono oltre 300 personali in 35 diverse Nazioni. Dal 1952 ha esposto
alla Biennale di Venezia, alla Biennale di San Paolo del Brasile, di Tokjo, di
Pargi, di Lubiana, di Alessandria d'Egitto e alle Quadriennali di Roma, le
Triennali di Milano, come pure nei principali Salons parigini.
Nel 1993 ha tenuto una mostra antologica presso il Museo d'Arte Moderna di Ca'
Pesaro, Venezia; catalogo edito da Bolaffi e presentazione di Enzo Di Martino.
Negli ultimi anni la sua attività , intensa come sempre, ha prodotto altre opere
ed eventi di notevole rilevanza; il gruppo principale è composto da circa 90
opere tra dipinti di grandi, medie e piccole dimensioni, sculture, mosaici,
grafica, tutte ispirate dal poema "Rime, di Curzio Gonzaga", che a loro volta
hanno ispirato al figlio Giovanni, contrabbassista jazz, la composizione di 7
brani musicali. Ha tenuto mostre: al Museo di Palazzo Ducale di Mantova (1998),
promossa dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali e dalla Soprintendenza
per i Beni Artistici e Storici di Mantova; presso gli spazi progettati
dall'architetto Sotsass della Fondazione Teatro Nuovo di Torino, promossa dalla
Regione Piemonte; al Castello di Ebenau, Austria; alla galleria Davidov, di
Parigi; a Bologna e a Milano. Inoltre l'I.N.A.C. (Istituto Nazionale d'Arte
Contemporanea) ha presentato le sue opere all' Internazionale di Venezia (marzo
1999), all'Europ'Art di Ginevra (aprile 1999), all'Art London (giugno 1999).
Anche la sua bibliografia si è arricchita ulteriormente. Sono stati pubblicati i
volumi: "Riccardo Licata - Dall'Amor Pungente all'Amor di Gloria", Giovanna
Barbero, edizioni Mondadori, Milano 1998; " Riccardo Licata - Un aquilone,
perché?", Luigi Lambertini, edizioni Centro Internazionale della Grafica,
Venezia 1998; "Riccardo Licata - Antologia", Autori vari, edizioni Verso l'Arte,
Roma 1998; "Riccardo Licata - I primi 70 anni di un grande Maestro", numero
speciale (596) della rivista Verso l'Arte, dicembre 1999. Nell'estate del 1999
ha prodotto un ciclo di opere in vetro sul tema "Re Artù", presso la vetreria
Berengo di Murano.
Nel 2000 ha tenuto tre grandi mostre: Museo Nazionale d'Abruzzo, Castello
Cinquecentesco de L'Aquila - aprile-maggio, Museo Nazionale di Villa Pisani,
Strà (Ve) - settembre-ottobre, Palazzo del Senato, Milano - novembre. Inoltre è
stato pubblicato il volume "Licata l'Arte bi e tridimensionale", di Giovanni
Granzotto, edizioni Verso l'Arte Duemila. Nel 2001: ha realizzato un gruppo
composto da 23 opere monumentali lignee policrome che sono state esposte per
tutto il periodo estivo presso il Castello di Rinco (At) nella mostra "Il
giardino abitato", con pubblicazione del volume omonimo edito da Verso l'Arte;
mostra e volume a cura di Giovanna Barbero e in collaborazione con il Ministero
per i Beni e le Attività Culturali.; ha pubblicato il libro "Cinquant'anni di
opere su carta", Edizioni Giorgio Corbelli, presentazione di Giovanni Granzotto;
ha ottenuto il primo Premio Sulmona di Pittura; ha tenuto una mostra antologica
presso il Centro Culturale di Mayenne, Francia. Nel 2002 ha tenuto un'importante
mostra all'Archivio di Stato di Firenze e, in occasione del Convegno Nazionale
dell'Arazzo Contemporaneo, ha esposto a Torino presso Palazzo Graneri.
L'archivio di Licata si trova presso la Galleria Dante Vecchiato di Padova.
Le sue opere sono presenti nei musei d'arte moderna di Belluno, Chicago,
Firenze, Milano, Mulhouse, New York, Parigi, Reggio Emilia, Stoccarda, Varsavia,
Venezia, Vienna. Riccardo Licata vive e lavora a Parigi e a Venezia.
Inaugurazione
12 settembre 2002
ore 18.00
Ingresso libero
Orario di apertura:
dal lunedì al sabato: 9.30-18.30
Info: 0575.377666
Ufficio stampa: Giovanni Simoneschi tel. 035.899111
Museo Comunale d'Arte Contemporanea
Sala Sant'Ignazio
Via Andrea Cisalpino
Arezzo