Laura Bulian Gallery (ex Impronte Contemporary Art)
Milano
via Montevideo, 11
02 48008983 FAX 02 86984017
WEB
Riti senza miti
dal 15/9/2010 al 29/10/2010
mar-sab 15-19, mattina su appuntamento

Segnalato da

Galleria Impronte




 
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15/9/2010

Riti senza miti

Laura Bulian Gallery (ex Impronte Contemporary Art), Milano

I mostra le opere di 7 artisti: Said Atabekov, Egill Sabjornsson, Lorenzo Scotto di Luzio, Yelena Voroboyeva, Viktor Vorobyev, Lin Yilin e Artur Zmijewski. "L'arte e' rito senza mito, ricorrenza a partire dall'attenzione stessa, in un continuo ingenerarsi dell'opera sul piano temporale, e rimessa ad un qualcosa di anarchico" (I. Valbonesi).


comunicato stampa

a cura di Ilari Valbonesi

La galleria Impronte Contemporary Art è lieta di presentare la mostra collettiva RITI SENZA MITI con opere di Said Atabekov, Egill Sæbjörnsson, Lorenzo Scotto di Luzio, Yelena Voroboyeva e Viktor Vorobyev, Lin Yilin, Artur Zmijewski. A cura di Ilari Valbonesi.

Sottratta al quadro interpretativo e legittimante della "grande narrazione" del mito, personale o collettivo, l'arte si ritrova come pratica autostrutturante, in cui la ripetizione e la ricorsività sono motivi affettivi che normano il suo farsi. Trasfigurando simbologie codificate e eventi traumatici, l'arte è rito senza mito, ricorrenza a partire dall'attenzione stessa, in un continuo ingenerarsi dell'opera sul piano temporale, e rimessa ad un qualcosa di anarchico.

Said Atabekov (Bes Terek, Uzbekistan, 1965) presenta l'installazione Il Manto di Gengis Kan (2010). La ricostruzione paziente di una fioritura di papaveri è occasione di arte mimetica, sintesi passiva tra vittima e carnefice, simbolo camuffato di ogni impero. Il fiore rosso è infatti il pattern di una grande pannello, campo percettivo analogo della fioritura stagionale, che ripresenta, in un presente indeterminato, il sangue sgorgato dai caduti in battaglia per mano di Gengis Kan: il condottiero spargeva infatti semi della pianta per onorare i caduti e contrassegnare il passaggio nelle zone conquistate dell'impero.

Con l'installazione The Silent Maker (2010) di Egill Sæbjörnsson, (Reykjavik, Islanda, 1973), l'apparente semplicità degli oggetti di vetro ritorna composta nello spazio quotidiano silente. Si disvela poi attraverso la sollecitazione di un movimento rotatorio che interseca la qualità proiettiva della luce, e quella espansiva del suono, creando un ambiente straordinario di festa sinestetica, e l'inizio di un nuovo vedere e ascoltare.

Lorenzo Scotto di Luzio (Pozzuoli, Italia, 1972) utilizza materiali dati e oggetti d'uso quotidiano per dar vita a Untitled (2010), vera e propria fontana "onirica", del pensiero verso la percezione. Lo scorrere dell'acqua è suono e insieme visione di una distratta attenzione, concentrazione e dispersione, simile ad una vita di coscienza che fluisce indifferente nella concertazione di un contenuto manifesto e latente, evidenza diacronica.

In Winter Subliminal Object (2004-2010) di Yelena Vorobyeva (Nebit-Dag, Turkmenistan, 1959) e Viktor Vorobyev (Pavlodar, Kazakhstan, 1959) si attivano procedure di condensazione mediante un rito del té congelato in immagine. La teiera di ghiaccio brucia su di un fuoco: è una sintesi immaginativa, che condensa i processi verbali del bruciare e dello sciogliersi, del contenuto e del contenitore, il brillare della verità delle cose.

Il mattone è invece il minimo comune denominatore di un dialogo a più dimensioni nella ricerca di Lin Yilin (Guangzhou, Cina, 1964): la simbolica del muro, la trasformazione architettonica, la costruzione del sociale, l'urbanizzazione delle masse, le tecniche di produzione. Dimensioni giocate sul corpo dell'artista nella performance A kind of Machine called Liberation (2003) dove giace a terra ricoperto da un circuito di mattoni impassibile all'agonismo di un ciclista, ostacolato dalla stessa costruzione. E nelle immagini di Chronicle (2010) dove murato in una piazza di Brussels, attende la liberazione del passato.

80064 (2004), è il titolo del film di Artur Żmijewski (Varsavia,1966) che rimanda al numero tatuato sul braccio del novantaduenne Józef Tarnawa, ex detenuto di Auschwitz. E' una riflessione etica sul conformismo portato al grado zero dell'epidermide. L'artista di fatto persuade Tarnawa a farsi ribattere il numero 80064 riattualizzando il destino di subordinazione e di presenza indelebilmente sottratta a sé.
(Ilari Valbonesi,Roma, Luglio 2010)

Immagine: Lin Yilin, Chronicle

Inaugurazione: venerdi 16 settembre ore 18.30

Impronte Contemporary Art
via Montevideo, 11 - Milano
martedi-sabato 15-19, mattina su appuntamento

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