Sesto appuntamento di Manifesti d'artista. Gli spazi d'affissione pubblicitaria si trasformano in due immagini d'arte, diversamente intense, appartenenti a due personalita' tra le piu' significative della rassegna.
a cura di Maria Campitelli
in collaborazione con Elisa Vladilo, Eleonora Farina, Mattia Plevnik e Vittorio Urbani
Dopo la pausa agostana, “MANIFESTI D’ARTSTA” riprende lunedì 13 settembre alle ore 18, sempre in via Fabio Severo, angolo Foro Ulpiano, con il VI appuntamento di questa edizione 2010. E un progetto del Gruppo78 curato da Maria Campitelli in collaborazione con Elisa Vladilo.
E’ la volta degli artisti Manolo Cocho e Luigi Negro. Gli spazi d’affissione pubblicitaria si trasformano in due immagini d’arte, diversamente intense, appartenenti a due personalità tra le più significative della rassegna.
Il primo, messicano, già approdato la scorsa primavera al Museo Carà di Muggia con una prestigiosa personale intitolata “geografica, ribadisce il suo interesse e la sua ricerca simbiotica con la natura. E’ un enorme albero il suo manifesto, dalla corteccia rugosa, frastagliato nella sua architettura sapientemente ramificata, accompagnato da simboli della ragione umana, l’alfa e l’omega/cerchio, il triangolo, che sottendono la lettura scientifica/filosofica del mondo circostante. L’arte di Manolo nasce e gravita sulla terra collocandosi in una dimensione universale. I segni della terra si riscoprono dentro di noi dimostrando una simmetria speculare tra coscienza e mondo esterno. La percezione del mondo forma la coscienza e la coscienza crea il mondo. Il titolo del testo che l’artista ha scritto per il suo libro “geografica” suona “come è sopra così è sotto” evidenziando questa specularità del dentro/fuori. E’ un artista che vive spesso nel deserto cogliendone il respiro e il ritmo dilatato, riallacciandosi alle antiche culture che hanno animato il Messico, recuperandone i segni nel suo lavoro. Questo albero maestoso e rinsecchito, che si erge tra petraie e bassi cespugli, è un segno della natura in quel contesto, una testimonianza di un processo vitale che alligna nella solitudine e nel silenzio, prediletti dall’artista in contrapposizione al frastuono metropolitano. Ad esso corrisponde un sentire ed un pensiero che lo compenetrano.
Lu Cafausu” è il curioso quanto stravagante titolo del manifesto di Luigi Negro. E’ il nome, in dialetto pugliese, di un sito pure misterioso, un luogo immaginario, che però in realtà esiste, una sorta di piccola pagoda, residuo di una struttura architettonica più complessa, probabilmente una villa con parco, scomparsa. E che è stata adibita a svariati usi, il più connotativo sembra una coffe -house. Esso sussiste, curiosamente risparmiato, in uno slargo in mezzo ad uno stuolo di palazzine senza storia.
Ha attirato più volte l’attenzione di artisti, sollecitandone iniziative di arte pubblica fondate sul concetto dello scarto, come quella realizzata dagli artisti Emilio Fantin, Luigi Negro, Giancarlo Norese, Cesare Pietroiusti per cui hanno accumulata una montagna di scarti reali e “di produzione artistica” trasformandola in un’installazione. Cumulo di “macerie” che diversamente connotate acquistano nuova identità. Da questo contesto vien l’immagine del manifesto di Luigi Negro. Un’immagine di per sè banale. Lo scatto ad un bambino col vestito da prima comunione, da parte di un parente, lungo le rive del mare. E un racconto che si fonde con tanti altri del quotidiano . Lu Cafausu è divenuto quindi – dicono gli artisti – fonte di ispirazione per racconti, performances, azioni. “E’ una metafora di qualcosa che è insieme centrale e marginale, in cui le contraddizioni estetiche si incontrano con i significati (o forse con la mancanza di significato) del nostro tempo”.
Inaugurazione 13 settembre ore 18
Via Fabio Severo
via Fabio Severo (angolo Foro Ulpiano) - Trieste
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