Isabella Pers, Carlo Piemonti e Ferdy Poloni: tre autori che vivono e operano nel triveneto, tre distinte identita' artistiche che perseguono un'autonoma ricerca espressiva nell'ambito della comune matrice figurativa e che all'insegna di un titolo un po'ironico hanno voluto porre in dialogo relazionale il loro lavoro.
Giovedì 19 settembre 2002, alle ore 18, si inaugura presso lo spazio Juliet (in via Madonna del Mare n. 6, a Trieste) l'esposizione "Who's the ball maker?", di Isabella Pers, Carlo Piemonti e Ferdy Poloni, tre autori che vivono e operano nel triveneto (rispettivamente a Udine, Gorizia e Conegliano), tre distinte identità artistiche che perseguono un'autonoma ricerca espressiva nell'ambito della comune matrice figurativa e che all'insegna di un titolo un po' ironico hanno voluto porre in dialogo relazionale il loro lavoro.
L'attuale processo di ritorno all'immagine, che ormai si evidenzia nell'opera di numerosi artisti, si concretizza da una comune insofferenza verso certi asfittici formalismi auto-significanti. Se è vero che l'arte persegue proprie necessità e autonomi percorsi semantici, è altrettanto vero che non può ridursi a mera riflessione linguistica, introflettendosi in speculative analisi tautologiche.
Non si tratta di "ritorno all'ordine", ma di estroflettere necessità comunicative e relazionali, tramite i diversi medium (e le possibili commistioni) che offre la nostra contemporaneità , frammentata e multiforme.
"La storia siamo noi, con le nostre vicissitudini quotidiane personali, intrecciate nella rete degli itinerari collettivi", rispondono concordi Pers, Piemonti e Poloni. "Ci siamo incontrati per caso, come spesso accade percorrendo strade contigue, su e giù per il Nord-Est... Ma -senza rinnegare le nostre specifiche radici- che importanza può avere? In fin dei conti, importa davvero da dove si proviene? Il quesito, semmai, è continuare a esistere (e potersi esprimere) senza farsi schiacciare dalla logica pubblicitaria del 3 X 2, divenuta ormai mentalità sociale largamente diffusa!"
L'arte oggi appare decisamente impegnata nelle problematiche ambientali e (inter)personali, che un mondo in costante mutamento e in precario equilibrio rende sempre più urgenti. Può ancora la creazione estetica fornire altri codici, capaci di rivolgersi alla totalità dell'uomo e non solo alla sua funzione? Può ancora preservare la propria profonda gratuità ? Questi sono i quesiti di fondo che fuoriescono dalle opere di questi tre autori, con autorevole cocciutaggine e con velata scaltrezza.
Infatti, vedere una mostra e soffermarsi di fronte a un dipinto è inutile, come è in-utile il tempo che si dedica all'amore, alla preghiera, alle amicizie, alle nottate passate a ballare e ridere... In definitiva, dato che tutti i momenti più belli sono inutili, proprio per questo motivo merita viverli. Ecco perché anche queste opere meritano un po' di attenzione: l'importante è farle entrare nel flusso della nostra quotidianità .
Isabella Pers, con le sue pitture a olio su grate traforate in alluminio, tramuta la superficie pittorica in una membrana che si frappone tra il mondo interiore dell'autrice e la caotica realtà esterna, quasi un filtro che permetta interscambio e conoscenza dell'altro da sé, ma allo stesso tempo preservi la gratuità delle emozioni spontanee, delle intime e fragili fantasie: ricchezza personale che la vita "adulta" sembra borseggiare. Si tratta di corpi in primo piano che si fanno provocatori testimoni della femminilità , istituendo un contradditorio tra presenza fisica e resa astratta dello pseudo-pixel televisivo.
Nell'immagine: 'Selz', Isabella Pers, 1999.
Carlo Piemonti ricorre alla memoria individuale come momento di verità , suggello d'amore, dimensione del proprio io capace di vagliare e porre a "setaccio" il vissuto, lasciando emergere ciò che con più forza ha attecchito nell'humus dell'interiorità più profonda. E finalmente si manifestano i flussi che regolano la nostra vita, una vela tesa tra mare e cielo, uomo e Dio, persuasione e rettorica, dualità che l'artista evoca nella dialettica contestuale sagoma/sfondo.
Ferdy Poloni si fa carico delle culture meno evolute dal punto di vista tecnologico, della loro problematica sopravvivenza nei confronti di un imperialismo globalizzante, che appiattisce le menti per produrre mercati omogenei, in cui possano circuitare gli stessi prodotti di consumo. Ma non sono proprio le differenze il sale del mondo, la necessaria aritmia foriera di confronto e crescita comune? Come intuiva McLuhan, con la rete dei media, abbiamo nella nostra carne tutta la pelle del mondo: non è ancora seccata dal sole, ma va bene lo stesso! Ma a rassicurarci non è la terra, quanto i cieli di questi miraggi, di un arancione vitalistico, coinvolgente, auspicante una dialettica intensa.
Non è forse l'artista che, "minoritario" verso la cultura dominante, paga sulla propria pelle il "disturbo" che arreca, anche solamente per il proprio modo d'essere? In definitiva, chi muove i fili di questo mercato socializzato? Who's the ball maker?
La mostra, curata da Roberto Vidali, si concluderà il 15 ottobre.
Orario di visita il martedì dalle 18 alle 21, oppure su appuntamento, telefonando al n. 040/313425.
Associazione Juliet
via Madonna del Mare 6
Trieste