Guido Costa Projects
Torino
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Miroslav Tichy
dal 5/11/2010 al 21/1/2011

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Guido Costa Projects



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Miroslav Tichy



 
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5/11/2010

Miroslav Tichy

Guido Costa Projects, Torino

Tarzan Retired. Autodidatta e autosufficiente (costruisce da se con scarti e materiali poverissimi tanto le macchine fotografiche, che gli obbiettivi e gli ingranditori), nel corso di mezzo secolo Tichy realizza un ampio corpus di immagini, per la gran parte dedicate all'universo femminile, elaborando un tecnica personalissima, libera da ogni convenzione.


comunicato stampa

Guido Costa Projects conclude la stagione espositiva 2010 con la prima personale italiana di Miroslav Tichy. La mostra si inaugurerà sabato 6 novembre 2010, alle 19.00, in occasione di Artissima e della consueta notte delle gallerie, e resterà aperta al pubblico fino al 22 gennaio 2011. Nato a Kyjov, nella Repubblica Ceca, nel 1926, scoperto alla fine degli anni '80 da Roman Buxbaum, e introdotto al pubblico dell'arte da Harald Szeeman, che per primo lo invitò ad esporre, Tichy è un vero e proprio mito della fotografia contemporanea ed un esempio straordinario di vita d'artista.

Diplomato all'Accademia d'Arte di Praga nel 1948, scopre la fotografia nei primi anni '50, dedicandosi ad essa ininterrottamente ed in totale isolamento fino alla prima metà degli anni '90. Autodidatta e autosufficiente (costruisce da se con scarti e materiali poverissimi tanto le macchine fotografiche, che gli obbiettivi e gli ingranditori), nel corso di mezzo secolo Tichy realizza un ampio corpus di immagini, per la gran parte dedicate all'universo femminile, elaborando un tecnica personalissima, libera da ogni convenzione.

Grazie a questa sua disinvoltura nell'uso dei materiali fotografici, della luce e delle inquadrature, e alla compulsività dello scatto, al limite dell'ossessione, Tichy precorre inconsapevolmente molti aspetti dell'estetica contemporanea, producendo un corpus unico per coerenza e qualità dell'immagine. Il tutto sostenuto da una lucida consapevolezza esistenziale e filosofica, tra Schopenhauer, l'atomismo ed il cinismo antico. Da decenni, con rara determinazione, Miroslav Tichy vive ai margini della società: elemento scomodo negli anni del socialismo realizzato (ha passato quasi dieci anni tra carceri ed ospedali psichiatrici), tollerato, ma pur sempre emarginato, in anni più recenti, ha avuto nell'arte la sua sola ed unica compagnia.

Un'arte esercitata in misura totalizzante, senza compromessi e risvolti utilitaristici, senza un fine che non fosse la pura e semplice riproduzione della realtà in se stessa. Un realismo radicale e disperato, quello di Tichy, paradossalmente risolto in immagini dense di poesia, talvolta astratte, ma sempre comandate da un uso magistrale della luce e dei contrasti. La sua condizione di emarginato lo ha reso testimone muto di una realtà in divenire, che per decenni ha osservato e riprodotto come puro occhio e con un piacere assoluto per l'mmagine e le sue forme.

Le sue opere sono giunte fino a noi per caso, grazie a Roman Buxbaum, la cui famiglia proviene dallo stesso piccolo villaggio della Moravia Ceca: in un lontano pomeriggio sul finire degli anni '80, Tichy aprì un armadio della sua piccola casa-rifugio, zeppa dei ricordi di una vita. E da li iniziò il miracolo della sua storia ufficiale. Nell'armadio alcune centinaia di scatti, polverosi e dimenticati, molti ancora con il loro passepartout disegnato a mano, ritagliato da scarti e rifiuti. Un'intera raccolta di fotografie uniche e bellissime, usate per accendere il fuoco durante l'inverno, per riparare i vetri rotti della baracca, mai mostrate ad alcuno.

Per più di quarant'anni, con al collo una delle sue macchine fotografiche bizzarre e improbabili, che nessuno avrebbe mai immaginato funzionanti, Tichy ha ritratto la sua cittadina e le sue donne, pazientemente, stampando su frammenti di carta, dopo aver sviluppato la pellicola in giardino, di notte, in una vecchia vasca da bagno. Un'attività incessante, guidata da un dogma ferreo e irrinunciabile: un certo numero di scatti al giorno per un numero definito di anni. Soltanto quel numero e poi basta. Per sempre. Questi piccoli capolavori passarono dalle mani di Tichy a Buxbaum e poi, per quei miracoli irripetibili che talvolta ci riserva l'arte, finirono sotto lo sguardo attento di Szeeman, che per primo nel 2004 li espose al pubblico, in occasione della Biennale di Siviglia.

E da li la storia di Tichy - una storia per lui ormai finita, dato che aveva deliberatamente deciso di mettere fine alla sua produzione fotografica -, ebbe inizio come in una favola a lieto fine. Miroslav Tichy vive tuttora nella sua povera casa di Kyjov, da lungo tempo non vuole più vedere nessuno ed esce assai raramente. Non è mai stato ad una sua mostra, nemmeno a quella del Centre Pompidou, che nel 2008 ha celebrato il suo ingresso nell'Olimpo della fotografia. Ride di chi lo considera un classico e continua a lottare con i topi che fanno da padroni nella sua dispensa.

Miroslav Tichy è nato a Kyjov, nella Repubblica Ceca, il 20 novembre 1926. Tra il 1945 e il 1948 studia all'Accademia di Belle Arti di Praga. Nel 1950 si stabilisce definitivamente nella sua vecchia casa di Kyjov ed inizia ad interessarsi di fotografia. Tra il 1950 ed il 1960 passa alcuni anni in prigioni ed ospedali psichiatrici. Nel 1989 compare il primo articolo su di lui nella rivista tedesca Kunstforum, scritto da Roman Buxbaum e pochi anni dopo pone fine alla sua produzione fotografica.

Nel 2004 le sue fotografie vengono presentate al pubblico per la prima volta, alla Biennale di Siviglia, grazie ad Harald Szeeman. Nel 2005 si ha la sua prima grande retrospettiva alla Kunsthaus di Zurigo ed iniziano le mostre in spazi privati in Europa, Stati Uniti e Giappone. Del 2008 è la grande mostra al Centre Pompidou di Parigi e del 2010 la prima retrospettiva negli Stati Uniti, all'International Center of Photography. La mostra è stata possibile grazie alla collaborazione di Foundation Tichy Ocean, Zurigo, e Kewenig, Colonia.

Inaugurazione Sabato 6 novembre 2010 - 19-24

Guido Costa Projects
Via Mazzini 24 - Torino
ingresso libero

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