Albero Cosmico. La mostra presenta l'itinerario personale del giovane artista bolognese che 'scolpisce con la luce', attraverso l'uso della fotografia astronomica contraddistinta da lunghe esposizioni.
Dal 25 novembre al 10 gennaio 2010 sarà allestita presso la sala Colonne di Emil Banca, la mostra dal Titolo “Albero Cosmico” itinerario personale del giovane artista bolognese Mattia Ruggeri.
Fotografo? Scultore? Mattia Ruggeri è come le sue opere, non basta una denominazione per definirlo. Mattia scolpisce con la luce; le sue immagini sono il risultato di un elogio della lentezza, in cui l’energia del cosmo, e l’essenza di ciò che viene immortalato, si fissa nella grande pellicola del banco ottico con cui lavora. Grande, per dare una qualità maggiore.
Mattia si cala nel buio e utilizzando la tecnica della fotografia astronomica, contraddistinta da lunghe esposizioni, porta nelle sue immagini, le caratteristiche dell’universo: aspetti puntiformi e altro. Tecnica di grande difficoltà, in cui l’unica opportunità è sbagliare con grazia, con l’errore non si esercita controllo e si diventa un tramite. Questo gli consente di rendere visibile ciò che normalmente non è, ed ecco che nelle sue immagini, gli oggetti iniziano a volare.
Foto-grafia. E’ di questo che si tratta, Mattia lavora nel buio disegnando con la luce, scolpendo con la luce. Nobilita democraticamente l’essenza di ogni elemento materico, dalla polvere agli oggetti appartenenti ad un quotidiano domestico condiviso.
I protagonisti delle sue opere assurgono al ruolo di “alberi cosmici”, testimoni fisici di realtà in apparenza contrapposte.
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Le opere di Mattia Ruggeri nascono dall’errore, da processi tecnici anomali che entrano nell’evento creativo con la forza delle loro variabili possibilità, tra solchi di materia evanescente e tracce permanenti in controluce. L’anomalia è quella che ogni buon fotografo si preoccupa sempre di evitare e che, in questo caso, costituisce il movente operativo per dominare le fonti inconsuete di luce, quelle soglie di meraviglia che scaturiscono dall’otturatore aperto sull’abisso del visibile.
E’ difficile far fronte a questo modo di usare la fotografia fuori dalle regole, l’unica cosa che l’artista può controllare è il modo di sbagliare, quella singolare capacità di riscattare l’errore ponendolo su un altro piano di valori. Si tratta di un modo basato sulla manipolazione imprevedibile di una qualità visiva che si svela lungo diverse fasi, dal predisporre lo sguardo all’attesa dell’incanto fino a congiungere differenti istanti dislocati nel tempo di esecuzione.
Ruggeri non ha mai fretta di eseguire l’opera, di fissarla nel gesto folgorante del raptus fotografico, preferisce assimilare le energie che si mostrano lentamente come una verità non ancora conosciuta che prima o poi verrà alla luce. La tentazione costante è dialogare con le sostanze invisibili dello spazio, di trasfigurare la natura delle cose terrestri nell’essenza di bagliori illimitati, con una strategia che si rigenera ogni volta, senza mai diventare manierismo tecnico.
Risucchiato nello svolgimento l’atto creativo vive in una specie di purezza, di silenzio, di sospensione che prelude all’immagine finale, proprio perché non si è mai certi dei tempi in cui essa arriverà a rivelarsi, essendo la fotografia un procedimento senza revisioni, linguaggio dell’esistenza, qualcosa che si dà senza scampo.
Pur essendo escluso dal processo di costruzione dell’immagine, il lettore osserva il simulacro finale dell’opera come stato di grazia irripetibile, ha la sensazione di stare sui confini della percezione dimenticando i limiti del mondo, attraverso vertigini disperse nell’abisso mutevole del cosmo.
Claudio Cerritelli
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Mattia Ruggeri
Scivolata nel cosmo
La nostalgia d’infinito che deve aver colto Mattia Ruggeri fin da bambino, trova dal 2004 a oggi una capacità visionaria che riesce a reggere lo stress della fotografia tradizionale, anzi in questo serrato dialogo si esalta. Accade che i due opposti, la scultura e la fotografia, o quelli che appaiono tali, si ritrovano sul piano di una proiezione verso l’illimitato, l’impossibile.
Ruggeri si ritrae nelle sue immagini a occhi chiusi: dorme, sogna o fa finta e basta? Non ci è dato di saperlo con esattezza. Certo è che attorno a lui capitano strane storie. Ciliegi illuminati che sembrano in fiamme, armadi e cassepanche che rivelano un ventre così obeso da contenere l’universo, alberi che sembrano cattedrali e stelle, tante stelle: il repertorio delle meraviglie potrebbe fermarsi qui, ma va avanti. C’è perfino un Ufficio del tempo , per chi ha confidenza con la burocrazia. Ma è chiaro che la nostalgia di cui sopra, si nutre di paradossi e di qualche alchimia.
In effetti, sembra di entrare in un manuale di astrologia scritto da un cosmologo timido o in una interpretazione alla Phil Dick del “Libro dei sogni” di Artemidoro.
E’ buio eppure ci si vede. Però fa bene guardare questo inventario di corpi luminosi che non sempre risplendono, fa bene perché ci si sente come Alice attraverso lo specchio: le Pendu qualcosa ci suggerisce, una vita tarocca, un fallo, un’infamia, un errore (sempre giovanile) oppure un cieco destino che si accanisce contro gli innocenti. Il mondo va alla rovescia da queste parti e anche se sappiamo che nel Cosmo le direzioni non contano mica, ci troviamo in qualche modo a fare i conti non solo con dei prodigi, ma anche con delle inversioni di senso che neppure il più ardito dei limerick potrebbe riuscire a mettere in rima. Su, giù, destra e sinistra si sono cancellati, agitiamo un joystick impazzito che non risponde ai nostri comandi.
Mattia Ruggeri, fotografo e scultore come Brancusi, è abile a mettere in scena il proprio immaginario come se fosse il nostro. Capisce anche che l’inconscio è barocco e che non può fare a meno degli eccessi, perché è di questi che si nutre. Oltretutto accompagna le sue foto, tutte realizzate con il banco ottico, con dei testi in cui la sua grafia si aggiunge al chaos cosmologico, il che è tutto dire. Scrive così davvero o fa finta? Anche questa è una domanda senza senso perché oltre lo specchio tutto è possibile, perché nulla ha una spiegazione. Farsi delle domande vuol dire solo aumentare il numero di risposte in attesa di archiviazione. E Ruggeri ha l’aria solenne e compassata di chi ad una domanda risponde con un'altra domanda, ma nello stesso momento rassicura che una risposta se non sarà certa, sarà certamente probabile: di questo bisogna accontentarsi. Ma non c’è Kafka nascosto sotto le sue palpebre chiuse. Forse qualche stravagario scritto da un poeta in vacanza oppure le nuvole che si riflettono in un cielo metallico e stellare. C’è il flusso degli astri e ci sono le maree del tempo, le bugie della bellezza e le lusinghe della ragione. Non è poco.
Mattia Ruggeri quando guarda pensa e quando chiude gli occhi lo fa davvero, per riposarsi dai sogni.
Valerio Dehò
Inaugurazione: Giovedì 25 novembre ore 17,30. Interviene l'attrice Titta Ruggeri
Emil Banca - Sala Colonne
via Mazzini, 152 - Bologna
Orari: dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 17.00
Ingresso libero