A brief history of pain. L'intero percorso espositivo si traduce in un diario dell'artista, ''una breve storia del dolore'', riflesso di esperienze personali raccontate mediante grafiti, vernici, inchiostri, gessi e video.
a cura di Gianluca Marziani e Maria Letizia Bixio
A distanza di un anno e mezzo dal successo della prima personale del giovane artista romano Gianni Politi, venerdì 14 gennaio 2011 alle ore 19.00, Giorgio Galotti ha il piacere di presentare A brief history of pain una mostra a cura di Gianluca Marziani e Maria Letizia Bixio.
L’artista, presentato al pubblico da CO2 nel 2009, con la mostra I tool you, in poco più di un anno ha compiuto un percorso artistico ed individuale che lo ha portato ad una ipertrofica maturazione. Impegnato come finalista di diversi premi internazionali tra il 2009 e il 2010 (Premio Cairo, Premio Terna, Premio Celeste), si esprime oggi con quel linguaggio più complesso e articolato frutto del confronto-scontro con la realtà contemporanea.
La tecnica, irrobustita, si trasforma confermando la forte progettualità della ricerca di Politi: da grafite e fusaggine su carta intelata a grafite e vernici su tela, da scultura in resina a scultura in bronzo e gesso, da fotografia a video. Il costante interesse alla sperimentazione, intesa come pluralità di media espressivi, preserva gelosamente una matrice autentica molto radicata. Gli stessi soggetti ritratti mutano, evolvendosi, dalla manualità funzionale di “strumenti” di guerra, all’identificazione materialistica di brandelli di corpi animali, trasposizione diretta del pathos psico-somatico e dell’esperienza “fisica” dell’artista. L’intero percorso espositivo si traduce in un diario dell’artista, “una breve storia del dolore”, riflesso di esperienze personali raccontate mediante grafiti, vernici, inchiostri, gessi e video.
Partendo dalla serie 27 days of pain, 27 teche entomologiche preservano farfalle di Rorschach ad inchiostro, impresse sul volto anonimo serigrafato da un libro di medicina sottratto alla libreria di Gianluigi Mattia. 27 immagini appartenenti ai 27 giorni postoperatori in cui l’artista ogni ventiquattro ore segnava un diario clinico ad immagini, diario riproposto nell’edizione in tiratura limitata edita da Cura; due vetrine da museo delle scienze, From subject to object, raccolgono un calco in gesso delle vestigia di un corpo sofferente, che schernisce la morte per generare un ricordo da giovane di un’artista in piena crescita; una tela dal titolo One day my suffering will fly high riproduce le ali di una farfalla il cui corpo è sostituito da una pinza Schroeder, strumento ginecologico utilizzato per l’estrazione del feto dall’utero materno, testimonianza di come, anche un corpo di rara bellezza, possa celare protesi meccaniche senza perderne il fascino; infine, un video (sconsigliato ai minori di 14 anni), la cui colonna sonora, tesa a sdrammatizzare le forti immagini riprodotte, è la sigla di un celebre cartone animato francese Il était une fois…la Vie (in Italia diffuso con il titolo Siamo fatti così) creato da Albert Barillé nel 1986, medesimo anno della nascita dell’artista, e mandato in onda per la prima volta nel 1987 da France 3 e dalla Radiotelevisione Svizzera in Ticino.
Biografia
Nato a Roma nel 1986, ha lavorato presso lo studio di noti artisti romani, come Gianluigi Mattia e Piero Pizzi Cannella. Studiando filosofia ha scoperto il suo profondo interesse estetico per la modernità, analizzata e sviscerata attraverso l’uso di molteplici tecniche. Nella serie “Tools”, l’artista inizia la sua ricerca sulle icone inorganiche del contemporaneo, sia dal punto di vista estetico, che politico, attraverso la rappresentazione e deflagrazione degli strumenti che sono utilizzati ogni giorno per difendere lo “status quo” dell’economia occidentale. Gli oggetti sono scelti tra le armi più letali usate dagli eserciti occidentali ma anche tra gli utensili che Politi impiega nei suoi lavori. Questa contrapposizione esprime sia la fascinazione per i materiali che la metafora del lavoro come mezzo di sopravvivenza contro il potere distruttivo delle armi e della politica aggressiva. Le due tipologie di strumenti sono utilizzate per raggiungere lo stesso fine: il beneficio di chi li utilizza. Uno però di ordine morale ed innocuo, l’altro violento ed irrispettoso. Nella serie “Red Flags”, invece, gioca ambiguamente con il terrorismo di stampo comunista dei decenni passati, che sta alla base del pensiero organico occidentale dei giorni nostri. L’artista vive e lavora tra Roma e Milano, nel 2009 e nel 2010 ha partecipato alle fasi finali del Premio Terna nella sezione Gigawatt, è stato selezionato tra i 20 finalisti del Premio Cairo presso il Museo della Permanente di Milano ed ha raggiunto le finali per due anni consecutivi del Premio Celeste alla Fabbrica Borroni di Milano e al Chelsea Museum di New York. Le sue opere nell’arco di due anni sono entrare a far parte di diverse collezioni italiane.
Inaugurazione venerdì 14 gennaio 2011 alle ore 19 alle 22
CO2 contemporary art - Nuova sede
via Piave, 66 (cortile interno) - Roma
Lun-Ven 11-19, Sab 16-19
Ingresso libero