Camera16 contemporary art
Milano
via Pisacane, 16
02 36601423 FAX
WEB
Jason Oddy
dal 12/1/2011 al 18/2/2011
martedi - sabato 15 - 19

Segnalato da

Camera16 contemporary art




 
calendario eventi  :: 




12/1/2011

Jason Oddy

Camera16 contemporary art, Milano

Within. In galleria una vasta selezione di scatti nei quali l'artista riesce ad immortalare l'architettura e a catturare, estraniandosi dal contesto e isolandosi dalle persone e dai rumori, sensazioni e segnali che altrimenti passerebbero inosservati. A cura di Carlo Madesani e Serena Zacheo.


comunicato stampa

-----english below

a cura di Carlo Madesani e Serena Zacheo

Jason Oddy (Londra, 1967) presenta a Camera16 una vasta selezione di scatti nei quali riesce ad immortalare l’architettura e a catturare, estraniandosi dal contesto e isolandosi dalle persone e dai rumori, sensazioni e segnali che altrimenti passerebbero inosservati. Si tratta in fondo di stanze come le altre: quattro mura, un soffitto, un pavimento…. ma guardando con attenzione, quei luoghi così anonimi prendono una connotazione particolare, ed ecco comparire un sanatorio, un ospedale, la sede delle Nazioni Unite, luoghi di potere, di controllo, di profonde emozioni, luoghi nei quali distacco e asetticità sono solo una facciata, non-luoghi, punti in cui risuona ancora l’eco di una presenza umana, che li ha segnati negli anni a tal punto da modificarne i connotati. La ricerca di Oddy è ancorata ad una irresistibile fascinazione per lo spazio, per le strutture architettoniche, non una semplice attrazione verso luoghi importanti, sedi e siti dove il potere, la storia, un’ ideologia o semplicemente una qualche strana forma di logica convergono, ma verso precise sezioni in cui storie parallele si concentrato: il punto di fuga di un corridoio, un quadro appeso di traverso, la porzione di una parete con più interruttori o con un’ insolita combinazione di colori. Dettagli come sintomi di qualcosa così radicato ed allo stesso tempo così discreto da non essere minimamente percettibile.

Il vero soggetto non è lo spazio concreto, ma l’empatia che si instaura con esso, le fotografie non sono semplici immagini di interni ma le tracce visibili di un rapporto di simbiosi, di una profonda relazione in cui il fotografo scompare diventando parte del tutto, assorbito non solo dal compito di elaborazione e di messa a fuoco, ma dal contesto. Questo annullamento dei singoli non è però un processo a senso unico, c’è uno scambio reciproco tra chi è passato, tra ciò che è accaduto e chi è fisicamente presente. Normalmente questi effetti passano inosservati: nati e circondati da un'architettura siamo sotto il suo incantesimo dall'inizio, siamo oggetto di osservazione da sempre, ma con uno sguardo costante, molto più determinante rispetto al nostro che cambia sempre punto di vista. Rendere questa interazione, tra soggetto e spazio, visibile non è un compito facile. Eppure la capacità della fotografia di catturare non solo un momento nel tempo ma anche di congelare una posizione nello spazio, significa che forse più di ogni altro mezzo può essere una rappresentazione degli effetti dello spazio stesso, di come ci si perde in esso, di come si cambia. Forse allora possiamo cominciare a comprendere le azioni di un'architettura che non smette mai di lavorare su di noi, un’architettura così radicata in noi che la sua struttura è la nostra struttura. I ritratti di spazi vuoti ed immobili ci chiedono solo di contemplare la bellezza e il valore che il mondo artificiale contiene.

-----english

curated by Carlo Madesani and Serena Zacheo

Jason Oddy’s (London, 1967) first show at Camera16 is a meditation on architectural space. At first sight many of the empty places he photographs appear anonymous. Rooms like any others. But within the walls, ceilings and floors his camera repeatedly depicts lie diverse and surprising histories. Soviet sanatoria, the United Nations headquarters in New York and Geneva, abandoned hospitals, the homes of the recently deceased, London’s largest morgue. As sites where power or ideologies or personal stories or just some strange sort of logic have collected, they belie the detached treatment of Oddy’s lens. A juxtaposition which highlights the traces of human presence that mark each and every one of these images. Likewise Oddy’s precise attention to framing seems an attempt to tease out the way architectural space might operate upon us. Suggesting that the real subject of his work is not so much the spaces themselves as it is our relationship to architectural space. A thing so ubiquitous, so deep-seated, that we hardly notice it. Inhabiting us just as we inhabit it. Perhaps it is in the details that we begin to see how it functions. The vanishing point of a corridor. An overdetermined colour scheme.

The chance angle of a pair of folding doors. Of course such things normally pass unnoticed. Born surrounded by architecture we are under its spell from the start. So much so that we take it for nature. And beholding it forget not just that it beheld us first, but that its gaze must also be far more constant, far more determining than our always changing point of view. To make this interaction between subject and space visible is no easy task. Yet working with a slow-moving 5x4 plate camera, Oddy shows how photography is uniquely positioned to do so. Creating a document we can meditate on. So that the photograph becomes not just a record of a momentary perspective, but can be an enactment of the effects of architecture too. In front of these works we see how the fugitive and subjectively experienced effects of space might achieve a veneer of objectivity, how they might inch towards the threshold of perception. Perhaps they let us apprehend the operations of an architecture that never ceases to work on us. An architecture so primordially engrained in us that its structure is our structure. At once apparent and invisible in these hermetic interiors, their horizons endlessly bounded, sending us back reflection after reflection of ourselves. Oddy’s work has been exhibited widely in both Europe and the USA and is held in a number of significant collections including the Wellcome Foundation, the Elton John collection, Channel 4, Citibank Private Bank, DZ Bank, the University of Hertfordshire and the Michael Wilson collection.

Inaugurazione: giovedì 13 gennaio ore 18.30


Camera16 contemporary art
via Pisacane, 16 - Milano
Orari: mart-sab 15-19
Ingresso libero

IN ARCHIVIO [19]
Fuck taboo
dal 29/1/2013 al 29/3/2013

Attiva la tua LINEA DIRETTA con questa sede