One too many, 15 years later. Era il 1996 quando nell'ambito di una mostra collettiva all'Arengario di Milano, proprio davanti alla grande vetrata che da' su Piazza Duomo, vedovamazzei avevano collocato la loro scultura vivente: due ragazzi, maschi, che si baciavano seduti su una panchina. Oggi l'hanno rifatto considerando anche il tempo trascorso. Sono passati 15 anni da allora, i nostri due amici gay hanno raggiunto la quarantina, fanno un lavoro che gli piace, vivono in modo piu' che soddisfacente...
Era il 1996 quando l’hanno fatto per la prima volta, nell’ambito di una mostra
collettiva all’Arengario di Milano.
Proprio davanti alla grande vetrata che dà su Piazza Duomo, vedovamazzei
avevano collocato la loro scultura vivente: due ragazzi, maschi, che si
baciavano seduti su una panchina.
Come fossero stati al riparo di un giardino pubblico di notte, in un luogo
recondito di battuage gay, osservati di sfuggita solo da altri gay in cerca di
analoghi piaceri. Come se si fossero incontrati li per caso e invece di
consumare subito l’atto si fossero dedicati ad effusioni più soft e sentimentali.
Come se anche in quel luogo di sesso fugace fosse scoppiato il coup de
foudre, e fosse nato l’amore, insomma per tutta la sera i due ragazzi non si
sono più staccati l’uno dall’altro.
Si appunto trovavano nel bel mezzo di una mostra, anche in senso logistico, e
quello che facevano, per quanto reale fino a creare imbarazzo nei
riguardanti, diventava subito messa in scena, brano di vita vissuta, agita
molto realisticamente ma inevitabilmente recitata, “performed”. Eravamo in
Italia, e naturalmente lo spunto (la diatriba vero-verisimile, vita-arte, de-
contestualizzazione, e tutte le cose che quella scultura vivente era, secondo i
linguaggi e le logiche dell’arte) venne un po’ messo tra parentesi, e emerse
se mai il livello del contenuto: due gay maschi che si baciano in pubblico!
Ci furono polemiche.
Previste, perché l’azione era anche volutamente politica, o lo diventava (gli
artisti volevano dice Stella, creare una immagine di affettività,
indipendentemente dal sesso delle persone coinvolte), in un paese dove il
riconoscimento delle coppie di fatto eterosessuali ancor oggi viene rifiutato, e
dove l’omofobia si diffonde invece di rimanere un ricordo del passato, i due
artisti intervenivano coscientemente su una questione ancora irrisolta per i
purtroppo ancora molti benpensanti che infestano il nostro paese.
Così, l’immagine di affettuosità è diventata un piccolo manifesto politico,
sbandierato davanti al Duomo, perché anche un bacio se agito da certi
soggetti piuttosto che altri diventa materia di scandalo e quindi questione da
dibattere.
E oggi? Oggi l’hanno rifatto considerando anche il tempo trascorso. Sono
passati quindici anni da allora, i nostri due amici gay hanno raggiunto la
quarantina, professionalmente si sono integrati, fanno un lavoro che li
soddisfa, vivono in modo più che soddisfacente.
Sono diventati una coppia regolare, abitano insieme e la sera si mettono
seduti sul divano guardare la televisione.
Cosi infatti li vediamo: eleganti, seduti su un divano altrettanto elegante
(design o Ikea fatta bene?) con un apparecchio ad alta tecnologia digitale.
Certo non sono più giovani ma si tengono in forma, facendo jogging e
andando in palestra. Proprio come una normale coppia di benestanti etero
che ci tiene alla forma e alle forme.
E’ questa nuova opera, questa nuova doppia scultura vivente, questa
performance, anch’essa una, per quanto indiretta, dichiarazione politica? Gli
artisti di solito pongono domande, non danno risposte, che spettano a noi:
infatti un’opera funziona, si può dire, se stimola abbastanza domande: e
questa ne stimola parecchie, a mio parere. Succede spesso che un’opera
d’arte rappresenti in modo diretto, immediato, un brano di realtà banale,
consuetudinario, ordinario: potete scommettere che quell’opera tutto sarà
tranne che banale come l’oggetto della sua rappresentazione. Il banale
nasconde in realtà una contraddizione, una problematica che l’opera
tacitamente rileva, in modo che questa ci esploda in faccia, per cosi dire,
non appena l’abbiamo scoperta, leggendola fra le righe.Quello che, con la
consueta ironia, ci mostrano vedovamazzei a Brescia oggi, è dunque il
possibile sviluppo della situazione del 1996, di quella tranche de vie cosi
fulmineamente allusa nei due ragazzi abbracciati e baciantesi: una
situazione di sprofondamento nella normalità... Che persone saranno
diventati i ragazzi di quindici anni fa?
Vorranno forse sposarsi e vedere legalmente riconosciuta la loro unione,
come succede in mezza Europa ormai, e magari adottare dei figli? O
saranno quarantenni ancora combattivi, che si danno da fare all’interno di
associazioni varie per battere l’omofobia, la marginalizzazione del diverso che
ancora regna, la violenza anti gay che dilaga nel nostro bel Paese?
Spenderanno energie per dimostrare con l’esempio che gli omosessuali sono
come i “normali”, quasi creando la parodia di una famiglia eterosessuale,
vorranno farsi “tollerare” dalla gente, come si tollera una malattia non mortale,
o un vicino rumoroso? O penseranno che la tolleranza non interessa, e che è
più giusto rivendicare il diritto a vedere riconosciuti anche stili di vita diversi,
come facevano da giovani, quando si sono incontrati per caso e si sono
subito piaciuti? Il bel divano, gli abiti eleganti, sembrano indicare che la scelta
è andata per un certo verso, ma non si può mai dire, le apparenze
ingannano.
Comunque sia, ditemi voi se non sono questioni politiche queste....
testo di Giorgio Verzotti
Inaugurazione Sabato 26 febbraio 2011, ore 12.00
A Palazzo Gallery
Piazza Tebaldo Brusato 35 - Brescia
Dal Giovedì al Sabato dalle ore 11.00 - 19.00, Chiuso il lunedì
ingresso libero