Al Margine del Confine#1 e' una serie di mostre della durata non superiore alle 2 settimane che presentano un'opera di rilievo storico. Qui la versione poco conosciuta di un tavolo nato dalla collaborazione tra i due artisti, nel '52.
Osvaldo Borsani (Varedo 1911- Milano 1985), nato da una famiglia di costruttori di mobili con
una lunga e consolidata tradizione artigiana, comincia all'età di sedici anni a collaborare con
l'Atelier di Varedo, l'azienda fondata dal padre Gaetano. Nel 1931 ottiene il diploma di maturità
artistica presso l'Accademia di Belle Arti di Milano e nello stesso anno si iscrive al primo anno
del Biennio di Architettura, per poi laurearsi nel 1937 presso il Politecnico di Milano.
Agli inizi è l'architetto Gino Maggioni a proporre nuovi modelli al committente Gaetano
Borsani e a progettare a fine anni '20 arredi che innovano profondamente rispetto allo stile fra
neogotico e post rinascimentale delle esposizioni monzesi di allora.
Ma un’ulteriore rivoluzione si ha con Osvaldo Borsani: nei disegni di quegli anni progetta
fabbriche e grattacieli, ponti e strutture vetrate dal sapore inconfondibile, fra l'espressionismo di
Eric Mendelsohn e le trasparenze di Gropius.
Il giovane Borsani ritrova le ragioni della nuova cultura germanica nella Vienna dello Jugend,
dove operano insieme pittori, architetti e scultori e rivitalizza così le officine lombarde che
sono la vera ricchezza di una cultura d’impresa.
Nel 1933 partecipa alla V Triennale di Milano con il progetto per la "Casa minima" (viene
premiato con la medaglia d'argento).
La fisionomia professionale di Borsani coniuga l'indagine sulla qualità dei materiali
all'interesse per la tecnologia e alla passione per la creatività e le esperienze artistiche
d'avanguardia.
È proprio questo interesse che lo porta, fin dal dopoguerra, a stringere legami d'amicizia e di
collaborazione professionale con numerosi artisti.
Dal 1947 l'alta borghesia milanese inizia ad affidargli commissioni per gli interni delle loro
case, così Borsani inizia ad avvalersi della collaborazione di grandi artisti come Agenore
Fabbri, Aligi Sassu, Roberto Crippa, Fausto Melotti, Arnaldo e Giò Pomodoro e Lucio Fontana.
Ed ecco che presso facoltose dimore come Casa Valliera, Casa Gentili e Casa Maffioli si
trovano supporti mensola in ceramica, soffitti con pannelli decorativi, stipiti di porte, mobili,
tutti firmati dagli illustri personaggi dell'attuale panorama artistico, soprattutto da Fontana, il
quale di ritorno da Buenos Aires, dove ha redatto il Manifiesto Blanco, ha fondato a Milano il
“Movimento Spaziale” e pubblicato il Primo Manifesto dello Spazialismo.
Il tavolino basso da caffè in noce (60x90 cm) appartiene alla serie di tavoli i cui ripiani in vetro
venivano proposti in numerose versioni e decorazioni (a cura anche di Roberto Crippa e Gianni
Dova) ed è fatto risalire al 1952.
Questo tavolo è una versione inedita poco conosciuta, un lavoro tra i più interessanti della
collaborazione Fontana - Borsani.
Gli squarci di pittura sulla pura superficie del vetro riproducono esteticamente e
concettualmente quello che Fontana poi eseguirà più compiutamente dal 1958.
Sul vetro lo sfondo vibrante appare come un esteso orizzonte e assieme alla composizione
rappresentano simultaneamente il vuoto e la presenza, l'assenza e l'illusione a uno spazio.
La serie dei Concetti spaziali di Lucio Fontana (Rosario di Santa Fè 1899-Comabbio 1968),
denominati Attese e noti come Tagli, furono introdotti agli inizi degli anni Cinquanta.
Il taglio realizzato con il rasoio sulla tela da un lato produce un movimento ritmicamente
cadenzato, dall'altro la aggredisce interrompendone la continuità plastica e luminosa della
superficie.
L'incisione, l'effrazione della tela producono un varco che collega l'al di qua e l'al di là del
quadro, lo spazio reale dell'osservatore e quello concreto, vertiginoso, “infinito” che si spalanca
oltre.
I Concetti sono disposti ora casualmente ora con ordine più regolare e realizzano “un'intenzione
contemplativa quasi metafisica, fino a un'illusione sessuale, anche se di simbolismo erotico
depurato quasi fino all'astrazione” (E. Crispolti).
Queste profonde ferite inferte determinano lo slabbrarsi della compatta superficie e in contrasto
con lo sfondo generano ombre sottili che risultano reali.
Fontana materializza uno spazio reale, i tagli penetrano la composizione bidimensionale e la
attivano introducendovi la terza dimensione.
Nel 1953 Borsani fonderà insieme al fratello Fulgenzio la ditta Tecno con lo scopo di
trasformare l'azienda famigliare artigianale in una realtà industriale. La realizzazione di arredi
speciali e di forniture su disegno viene così ad assumere una dimensione più contenuta in
favore dell'avvio di una produzione di arredi in serie.
Borsani è da considerarsi uno dei primi designer ad impostare una linea di prodotti
componibili, che favoriscono le necessità distributive degli elementi (vedi la libreria E20, il
sistema E22, gli armadi A57, il divano D70 e la poltrona P40), il quale dà un indirizzo moderno
e definisce un suo stile come linea coerente tra ricerca e progettazione, tra uso di tecniche e
invenzione di forme.
Inaugurazione: giovedi 3 marzo 2011 ore 18
Galleria Enrico Fornello
via Massimiano, 25 - Milano