Introdurre la ricerca di Annamaria Ferrero e Massimo Di Nonno significa, soprattutto, parlare di una modalità che ha eletto quale soggetto di lavoro e di attenzione la relazione con le persone e i loro abitati. A cura di Giorgina Bertolino e Lisa Parola per a.titolo
"Il racconto degli altri"
Introdurre la ricerca di Annamaria Ferrero e Massimo Di Nonno significa,
soprattutto, parlare di una modalità che ha eletto quale soggetto di lavoro e di attenzione la 'relazione' con le persone e i loro
abitati. Un modo che prevede la gradualità del fare conoscenza e dell’accordarsi
all’interno della sfera complessa dei rapporti tra uomini e spazi per dare
visibilità ai luoghi. L’ingresso dell’arte su questa scena presuppone un’etica
che trova nella 'concertazione' il proprio strumento e che sviluppa
necessariamente un sistema di rapporti politici con i propri destinatari o
committenti, pubblici o privati.
Nella più parte delle occasioni, gli esiti delle operazioni fanno la loro
comparsa in pubblico almeno due volte: nell’intervento in sito e nello spazio
espositivo. A un fare corrisponde una raccolta e poi una scelta che porta alla
formalizzazione di un lavoro. Questa traslazione che mira alla messa in visione
o all’ascolto di un processo ricco e intrecciato alla vita, è il racconto degli
autori. Il nostro si farà qui attraverso i luoghi dai quali sono partiti: un
cortile, una casa, un asilo, un mercato.
Come incipit, anche se non in ordine di tempo, useremo la forma complessa di Per
filo e per segno: un cortile in mezzo alle case attraversato da fili rossi. Nel
corso della presentazione dell’installazione giugno 2001- in uno dei cortili
delle case di via Sospello a Torino, gli artisti hanno letto la storia di
Ersilia. Città di quelle 'invisibili' di Italo Calvino, Ersilia è un 'intrico di
fili tesi' che tracciano nell’aria 'i rapporti che reggono la vita della città '.
Tra i balconi di due palazzi che si guardano, gli artisti hanno teso nove nastri
rossi. Ogni inquilino ha scelto o accettato di essere collegato da un filo a uno
dei suoi dirimpettai. Ne è nato un paesaggio emotivo, il ridisegno di linee e
tragitti che 'nell’aria' del luogo erano già in sospeso. Un cenno di saluto, due
parole dal balcone, le chiacchiere sul tempo in cortile. Ancor prima un’altra
storia di 'vicinato', Home, aveva cercato le immagini e le parole per le idee di
casa e di patria. Appena trasferiti in una casa di ringhiera nel centro di
Torino, densamente abitata da italiani e stranieri, gli artisti decidono di far
conoscenza con gli altri condomini. Con il vecchio pretesto di prendere il caffè
insieme, ma invertendo la consuetudine a che l’offerta abbia luogo a casa
propria, decidono di portare l’occorrente a domicilio. La loro caffettiera blu,
pronta da mettere sul fuoco, è la chiave e il testimone dell’ingresso nei
privati. Nel doppio ruolo di ospiti e ospitati e nella duplice figura
dell’offerta e dell’intrusione, alterano un protocollo, rispecchiando di fatto
l’ambivalenza dell’ospitalità . In questo territorio complesso il caffè è il
centro intorno al quale è possibile sedersi e cominciare a parlare: ''Vengo a
buscar mejores dìas/ Qui sento di avere sotto i piedi le mie strade/ Non è un
orgoglio è un sentirsi parte/ Sono 44 anni che abitiamo qui e prima questa casa
era un sogno/ È un sentirsi a metà per tanto tempo''.
Un’altra raccolta di parole è Passati di qui. Inserito in un programma di
riqualificazione urbana, l’intervento dicembre 2001- formalizzato in una doppia
video installazione, racconta la storia dell’asilo di quartiere, chiuso da anni,
che ha accolto e ospitato numerose generazioni di abitanti. Alle riprese delle
stanze, frutto di due sguardi diversi, si sovrappongono le parole di coloro che,
dagli anni ‘30 ai primi ‘90, lo hanno frequentato. La sorpresa del tornare, i
ricordi delle routine quotidiane, la percezione alterata delle dimensioni reali
rispetto a quelle della memoria, si traducono in un’idea di spazio elastico. La
soggettività del racconto e della voce sono sommerse, fino a scomparire, nel
frastuono di voci del mercato di Calaf. Il testo individuale è sostituito da un
modo di dire che è la 'morale' di una leggenda: ''Això sembla el mercat de
Calaf'' c’è troppo rumore! L’intervento in sito specifico, nell’ambito di
'Extensions. Idensitat' estate 2001- entra in uno degli spazi pubblici e della
convivenza (multiculturale) per eccellenza, rivelandone però la difficoltà . Il
sovrapporsi delle voci è reso ed esteso nel sovrapporsi delle lingue. Nel video,
risultato finale di 'traduzioni' successive, il brusio è una Babele che, in
positivo o in negativo, avverte dell’alterità irriducibile di fronte a cui è
chiamata a misurarsi qualsiasi convivenza.
(Giorgina Bertolino, Lisa Parola - a.titolo - Torino, settembre 2002)
inaugurazione lunedì 4 novembre 2002 alle ore 19.00
Annamaria Ferrero Massimo Di Nonno
Fondazione Adriano Olivetti Sala Roberto Olivetti Roma, Via G.Zanardelli 34
sarà visibile fino al 9 novembre 2002
dalle 10.00 alle 18.00 orario continuato
ingresso libero
info 066877054
Ufficio Stampa Francesca Limana
tel. 066872221 - 066877054