Winfred. I suoi classici, usitati, parallelepipedi e cubi, da collocare a parete, appaiono rinnovarsi nell'intensificarsi delle percezioni che veniamo a sperimentare di fronte ad essi, in loro presenza.
Lo Studio Dabbeni presenta la sua seconda personale dell’artista americano Stuart Arends (nato a Waterloo, Iowa, nel 1950).
L’heimat dell’artista è un luogo, Willard, New Mexico, in cui egli vive isolato, in uno studio inondato dalla luce del deserto. A questo luogo, a questo luogo solo, Stuart Arends sembra appartenere. Qui l’artista americano ha recentemente dato forma a quelli che egli stesso definisce due nuovi corpus di lavori (“new bodies of work”), concepiti per la mostra: rispettivamente, le due serie “Winfred” e “L.S.”; a cui si aggiungono quattro altri lavori a se stanti. La serie più ampia di opere presentate è costituita da quella intitolata “Winfred”: i suoi classici, usitati, parallelepipedi e cubi, da collocare a parete, appaiono rinnovarsi nell’intensificarsi delle percezioni che veniamo a sperimentare di fronte ad essi, in loro presenza. Ciò è determinato dall’utilizzo, su ognuno di essi, di una nuova cera, “raw, unpurified” (grezza, impura), e di un colore giallo più carico, come spiega l’artista. Si tratta di una consistenza che fa apparire i lavori ancora più tattili, se mai fosse possibile, quasi idealmente fossero ruvidi, carta vetrata. Su uno di essi, un cubo di piccole dimensioni, #1 della serie, la stessa impronta del pollice, nitidamente percepibile nelle linee digitali, viene impressa su questo giallo denso, colore del miele. Le opere appaiono, come sempre, scandite da fasce; altre volte, da segni curvilinei o da numeri stilizzati.
Winfred, South Dakota, è la località in cui Arends è riuscito a procurarsi questa cera densa, mai usata prima. Come sempre nell’opera dell’artista, il titolo reca in sé un riferimento strettamente autobiografico, ma qui l’autobiografismo appare ancora più stringente: a Winfred, infatti, è anche nata e vissuta la madre dell’artista, Doris Temple. L’altra serie di lavori, intitolata “L.S”, che sta per “La scala”, è anch’essa costituita da opere ad olio su legno. Questa “scala” rappresenta i due piani, da cui sono costituiti i lavori: piani leggermente sfalsati (anche se perfettamente allineati, in orizzontale, sulla parete), caratterizzati da un legno grezzo, di cui l’artista americano non teme di far apparire le imperfezioni, e da due fasce colorate, di cui una a “L” rovesciata, nelle sfumature - rispettivamente -, di un verde tenero, di un rosso, di un nero. Completano la serie, i quattro lavori concepiti anteriormente, ma portati a termine sempre nel 2010, che segnano una maggiore continuità rispetto al lavoro precedente. Tra essi, il magnetico “Every Mother’s Son”, pregno di tale titolo, da risultare disarmante. (Valentina Bucco)
Studio Dabbeni
Corso Pestalozzi 1 - Lugano