Love Me or Die. In mostra installazioni, bassorilievi e dipinti che offrono una panoramica sul linguaggio e sulla poetica dell'artista indonesiano. Cuore dell'esposizione e' l'opera Temple of Hope: un'installazione dalle dimensioni monumentali che riproduce l'architettura di un tempio.
Dei suoi lavori si è detto che hanno la grandiosità narrativa del Mahābhārata, uno dei più grandi poemi epici della mitologia indù, e il potere evocativo della Divina Commedia. Forte di queste referenze importanti, Primo Marella Gallery propone la prima personale europea dell’artista indonesiano dal titolo “Entang Wiharso. Love Me or Die”.
La mostra presenta, dal 14 aprile al 28 maggio, un ricco nucleo di lavori – tra installazioni, bassorilievi e dipinti – che offre un’approfondita ed esaustiva panoramica sul linguaggio, sulla poetica e sui temi più amati dall’artista.
Reduce dalla mostra personale che lo ha consacrato tra i maggiori artisti contemporanei dell’Estremo Oriente alla Galeri Nasional Indonesia di Jakarta, la più autorevole e importante istituzione indonesiana in materia di arte contemporanea, Entang Wiharso ricrea nel bellissimo spazio di Primo Marella la medesima atmosfera, esponendo lavori di assoluto livello museale.
Cuore dell’esposizione è l’opera Temple of Hope: un’installazione dalle monumentali dimensioni (cm 500x400x400) che riproduce l’architettura di un tempio dalle pareti di metallo scolpito le cui luci poste all’interno proiettano tutt’intorno, nello spazio espositivo e sui visitatori, le ombre delle iscrizioni e delle immagini cesellate nei suoi muri.
Come nei templi buddisti e indù di Prambanan e Borobudur a Java, infatti, sulle pareti sono raffigurati interi racconti che formano un unico messaggio visivo composto da vecchi detti giavanesi, da frammenti di conversazione, da espressioni di speranza e da sogni di amici e parenti dell'artista. Il risultato è un mondo apparentemente caotico, come se i ricordi di Wiharso tornassero impetuosi tutti in una volta: si mescolano, si combinano, si distorcono, si modificano e, come lo spettatore, si muovono dentro e intorno all'opera.
L’artista intende così dare vita ad un “tempio contemporaneo” – secondo la sua stessa definizione – un luogo sacro aperto a cui si accede sia dall’interno che dall’esterno, che racchiude in sé tutta la gamma delle contraddizioni umane: l’amore, il potere, il desiderio, la perdita, la bontà, la distruzione, il karma, l'etica.
L’installazione esposta da Primo Marella Gallery fa parte di un progetto iniziato da Wiharso nel 2009: le opere che lo compongono raccontano visivamente alcune esperienze significative vissute dall’artista raccolte attraverso i ricordi e le testimonianze di persone a lui care o attraverso le dichiarazioni di personaggi pubblici e noti che hanno influenzato la sua vita.
L’obiettivo è quello di creare un’unica grande narrazione che nasce da una memoria collettiva fatta di persone, di prospettive e di punti di vista diversi sottolineando così la possibilità che esista un’interconnessione reale tra gli eventi, i ricordi, i sentimenti, le idee e, in definitiva, tra gli esseri umani.
Il progetto si presenta come un’operazione di archiviazione del ricordo collettivo che ha lo scopo di raccontare la storia presente per meglio comprendere il passato e interpretare il futuro.
“Gli archivi di Temple of Hope – afferma Wiharso – sono fondamentali per capire che tutte le persone sono collegate nell'universo. Scopo di questo tempio è quello di ricordare che la solidarietà è il fondamento della tolleranza”.
Le altre opere in mostra – come l’installazione Feast Table o il dipinto Undeclared Book - immergono il visitatore in un mondo dell’”assurdo”. Sin dai suoi studi accademici, Entang ha approfondito ciò che potrebbe essere chiamato il “valore morale della bruttezza” e lo ha fatto per recuperare quegli aspetti della natura umana che fino ad allora si era cercato di sopprimere: il regno delle passioni, il profano, il corpo naturale, il lato oscuro dell’uomo, il dolore, il caos.
“Le opere di Entang Wiharso – scrive il curatore indonesiano Rifky Effendy - raffigurano spesso il lato oscuro dell’essere umano utilizzando un approccio onesto ed esplorativo. I bassorilievi Small Turbulence (2011) o Attitude (2011) mettono in scena rappresentazioni che richiamano i giganti del Wayang giavanese (una tradizione di ombre cinesi) o ai miti di Java; eppure, grazie al suo coraggio di combinare altri elementi, come i fumetti e i personaggi dei cartoni animati che appartengono al mondo attuale, egli diventa un artista in grado di trasportare il primitivismo nella sua identità contemporanea”.
Oltre alla capacità di collegare il passato al presente, Entang Wiharso unisce l’Oriente all’Occidente sfruttando icone che appartengono all’immaginario globale: la sua arte glocal, che unisce cioè identità globale e identità locale, sembra volerci dire che gli spazi di confine della cultura recente producono veri e propri conflitti tra segni, grovigli di senso che l’artista stesso ci aiuta a districare. Entang assume dunque la posizione di regista, nel dramma senza fine della tragedia umana.
"Love Me or Die” denuncia i limiti dell’essere umano nell’accettare chi non gli somiglia e chiede al suo pubblico di riconsiderare le relazioni culturali e sociali senza suggerire una soluzione, ma evidenziando le alternative percorribili: la distruzione dell’altro, nella peggiore delle ipotesi, il sostegno e il conforto reciproci, nella migliore.
In questo ultimo anno Entang Wiharso si è reso protagonista assoluto dell’arte contemporanea mondiale grazie a mostre di altissimo profilo, quali: “And_Writers”, 1ª Biennale di Nanjing, Jiangsu Provincial Art Museum, Nanjing, Cina; la spettacolare “Rainbow Asia”, Hangaram Art Museum of Seoul Arts Center, Seoul, Korea; “Contemporaneity-Indonesian Contemporary Art”, MOCA Museum of Contemporary Art, Shanghai, Cina, in occasione della World Expo di Shanghai.
Si ricorda inoltre la partecipazione di Wiharso, nel 2005, alla 51. Biennale di Venezia, all’interno del padiglione indonesiano con la mostra “Actualizing Insight Virtuality”.
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Inaugurazione mercoledì 13 aprile 2011, ore 19.00.
Primo Marella Gallery
Viale Stelvio / ang. Via Valtellina - Milano
Orari: da martedì a venerdì 10 - 13 e 14 - 18.30.
Sabato su appuntamento.
Ingresso libero.