Linda Fregni Nagler e' un'artista che utilizza la fotografia con un intento critico e riflessivo. Il suo punto di partenza sono spesso fotografie anonime - commerciali o amatoriali - scattate nell'Ottocento e nella prima meta' del Novecento. Con le sue sculture, performance, disegni e collages, Tanja Roscic interroga le strategie di formazione dell'identita' sia singola che collettiva.
LINDA FREGNI NAGLER
SHASHIN NO SHASHIN
Shashin no Shashin (in giapponese, "fotografare la fotografia") è la prima mostra personale dell'artista milanese Linda Fregni Nagler presso la Galleria Monica De Cardenas.
Linda Fregni Nagler è un'artista che utilizza la fotografia con un intento critico e riflessivo, indagando la tradizione, le convenzioni iconografiche, lo statuto dell'immagine fotografica. Il suo punto di partenza sono spesso fotografie anonime - commerciali o amatoriali - scattate nell'Ottocento e nella prima metà del Novecento. Di esse, l'artista apprezza principalmente la capacità di mettere in luce - più degli scatti "d'autore" - gli stereotipi visivi a cui una determinata epoca sottomette la rappresentazione della realtà, e che il tempo, e i mutamenti culturali, si incaricano di rendere di volta in volta bizzarri, grotteschi, poetici. Nei confronti delle immagini che seleziona, l'artista procede in vari modi: se ne appropria concettualmente, presentandole come ready-made; le rifotografa, operando uno scarto temporale ed estetico rispetto all'originale; le ricrea attraverso una laboriosa mise-en-scène.
Quest'ultima modalità di lavoro ha dato vita alla mostra Shashin no Shashin, una sequenza di circa 20 stampe in bianco e nero che ripropongono soggetti tipici della fotografia giapponese del periodo Meiji (1868-1912), in particolare della cosiddetta Yokohama Shashin (Fotografia di Yokohama). Sono scene di vita quotidiana tradizionale giapponese oppure immagini tratte da miti e leggende orientali, inscenate nello studio di posa in modo altamente stilizzato e artificioso. A più di un secolo di distanza, Linda Fregni Nagler ha rimesso in scena e fotografato alcuni dei soggetti della Yokohama Shashin: Wind Costume, Whispering in Parlor, The Street Singer, Life on the Ocean Wave?. Ha ricreato fondali dipinti e arredi di scena, ha riprodotto abiti e acconciature, ha inquadrato i tableaux vivants con la stessa angolatura degli scatti originali. A volte la riproduzione del soggetto originale è stata letterale, esatta fino al dettaglio; a volte l'artista si è concessa un margine di invenzione e variazione. In questo, si è conformata di proposito alla mentalità dei fotografi di Yokohama stessi, per i quali non era importante l'originalità del soggetto, proveniente da un repertorio codificato, quanto il virtuosismo e l'efficacia della sua messa in scena.
Le fotografie della scuola di Yokohama sintetizzano efficacemente alcune delle caratteristiche che Linda Fregni Nagler ricerca nella fotografia d'epoca che sceglie come punto di partenza: l'uso deliberato dell'artificio, che mette in luce la natura costitutivamente artificiale della fotografia stessa; l'espressione della creatività non al livello macroscopico del soggetto e dello stile, ma nei dettagli, nei margini dell'immagine; infine il complesso gioco di tramando, adattamento e interpretazione degli stereotipi iconografici. I soggetti della scuola di Yokohama erano ispirati dalle stampe Ukiyo-e; la scuola era stata peró fondata da occidentali (Felice Beato, Adolfo Farsari, Raimund Von Stillfried e altri) e si rivolgeva al mercato dei collezionisti europei. Le immagini prodotte nell'ambito della cerchia di Yokohama, anacronistiche rispetto alla realtà del Giappone moderno, assecondavano un certo immaginario esotico occidentale; a loro volta, divennero presto una popolare fonte iconografica per l'Occidente. Aggiungendo un ulteriore livello, un altro passaggio a questa lunga stratificazione, Linda Fregni Nagler mira a mettere in luce la sua complessità. Al tempo stesso, sancisce la distanza culturale e temporale che ci separa da una tradizione estinta, e gli effetti di straniamento estetico che questa distanza innesca. Come sottolineava Victor Burgin quasi trent'anni fa: "The reception of photographs acts as a place of work, a structured and structuring space whithin which the reader deploys, and is deployed, by whatever codes he or she is familiar with in order to make sense" (Victor Burgin, "Looking at Photographs", 1982).
Linda Fregni Nagler è nata a Stoccolma nel 1976, vive e lavora a Milano. L'artista ha già esposto in alcune mostre personali ed in numerose collettive: nel 2010 ha preso parte alla mostra itinerante intitolata Beyond the Dust, Artists' Documents Today, a SI Sindrome Italiana al Magasin di Grenoble, a Person in Less alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Guarene d'Alba e Palazzo Ducale a Genova. Nel 2008 ha vinto la residenza presso la Dena Foundation a Parigi e nel 2007 il Premio New York.
PROJECT ROOM: TANJA ROSCIC
Per la prima volta in Italia presentiamo i lavori di Tanja Roscic, artista di origine croato-albanese nata a Zurigo nel 1980.
Tanja Roscic appartiene ad una nuova generazione di artisti che, con uno scalpello guidato dall'intuizione, decostruiscono l'iconografia del presente, per analizzarla e al contempo creare un nuovo mondo di immagini. Con le sue sculture, performance, disegni e collages interroga le strategie di formazione dell'identità sia singola che collettiva. I suoi collages spesso mostrano maschere ricavate ritagliando volti e figure da riviste, che vengono poi stratificate, rielaborate, trasformate in nuove presenze auratiche e misteriose.
In questo contesto, le opere di Roscic mostrano un forte e ironico confronto fra il "soggetto" e lo spettatore. I suoi lavori evocano mondi mistici e surreali, che ruotano intorno ai temi del divenire, della metamorfosi e della transitorietà.
L'artista si rifà ad un'estetica carica di glamour, occultismo e cultura di protesta; al tempo stesso peró le sue opere mantengono tutto il loro carattere enigmatico ed astratto.
L'interesse di Tanja Roscic è rivolto in special modo al simbolismo della figura umana, che si esprime nella rappresentazione di giovani donne, i cui ritratti vengono trasformati da sovrapposizioni, omissioni e frammentazioni. Queste immagini presenti nelle opere su carta, che possono essere composte da modelli ripresi dai media ed elementi astratti di colore, rivelano la loro qualità non solo nella loro tattilità, ma anche attraverso una introversa emozionalità. Lo stesso accade nelle sculture, che proseguono il gioco con maschere e figure simili a bambole ed interpretano il tema della rappresentazione attraverso la forma astratta del cappello come espansione della sfera fisica e mentale.
Le sue opere, che trasmettono forza ed al tempo stesso una sensibilità ed un'emotività introversa, spesso si rifanno a simboli alchemici, basandosi sul concetto di trasformazione da una materia in un'altra.
Nonostante il simbolismo, e la riflessione sui media consapevole ed ironica, le opere di Tanja Roscic rimangono riservate e delicate. Tanja Roscic rientra cosí in una generazione di giovani artisti capaci di riflettere su stati mentali e fisici con sottigliezza e attualità tanto nel gesto artistico quanto nell'uso dei materiali.
Negli ultimi due anni l'artista ha avuto mostre personali presso il Kunstraum München in Germania e il Modern Institute di Zurigo; oltre a partecipare a numerose collettive in Svizzera e Germania, nel 2009 ha vinto un residency a New York.
Immagine: Two Young Maiko, Linda Fregni Nagler, 2010
gelatin silver print - selenium toner D-bond mounted
cm 41,5 x 30,5 x 5
Inaugurazione giovedì 5 maggio 2011 ore 18.30
Galleria Monica De Cardenas
Via Francesco Viganò 4 I-20124 Milano
Orario: da martedì a sabato dalle 15 alle 19
ingresso libero