Caterina Longo - Museion Press Office
Teresa Margolles
Robert Bosisio
Pavel Buchler
Mircea Cantor
Hilario Isola
Matteo Norzi
Kilobase Bucharest
Alexej Meschtschanow
Ciprian Muresan
Navid Nuur
Miklos Onucsan
Goran Trbuljak
Gabriela Vanga
Mona Vatamanu
Florin Tudor
Mihnea Mircan
Rein Wolfs
Letizia Ragaglia
Frida Carazzato
Frontera di Teresa Margolles e' una riflessione sul dolore provocato dalle drammatiche proporzioni del crimine organizzato nella societa' messicana e in particolare sugli assassinii e sulle sparizioni avvenuti a Juarez, la citta' di frontiera sul confine del Messico con gli Stati Uniti che da' il nome alla mostra. Al di la' del contesto specifico in cui sono nate, le opere in mostra recano una valenza universale e si estendono ai meccanismi di rimozione e ai tabu' nei confronti della morte e della violenza oggi. La relazione col passato come passaggio di definizione del presente e del futuro; lo studio dell'inclusione e dell'esclusione; le nozioni di transitorieta', invisibilita' e obsolescenza sono alcuni dei cardini attorno a cui ruota la collettiva 'Image to be projected until it vanishes', curata da Mihnea Mircan. In mostra opere di Matthew Buckingham, Mircea Cantor, Pavel Buchler, Hilario Isola e Matteo Norzi, Navid Nuur, Gotran Trbuljak e molti altri.
Teresa Margolles. Frontera
A cura di Rein Wolfs e Letizia Ragaglia. Assistente curatoriale Frida Carazzato. In collaborazione con la Kunsthalle Fridericianum, Kassel.
“Niente ci colpisce. Non sappiamo vedere”
Georges Perec (Specie di spazi)
Le città di Kassel e Bolzano in Europa: a prima vista realtà differenti e lontane dalle quotidiane storie di violenza di molte città latinoamericane. Ciò nonostante proprio la Kunsthalle Fridericianum a Kassel e il Museion a Bolzano hanno scelto di diventare amplificatori del disagio di Ciudad Juárez, al centro della mostra “Frontera” di Teresa Margolles. L’esposizione, a Kassel fino allo scorso febbraio, viene presentata a Bolzano dal 29 maggio al 28 agosto 2011.
Frontera è una riflessione sul dolore provocato dalle drammatiche proporzioni del crimine organizzato nella società messicana e in particolare sugli assassinii e sulle sparizioni avvenuti a Juárez, la città di frontiera sul confine del Messico con gli Stati Uniti che dà il nome alla mostra. Con più di 3.000 assassini in un anno, più di 700 donne catturate, torturate e uccise, Juárez è considerata una delle città più pericolose al mondo.
L’artista Teresa Margolles ha creato per “Frontera” opere di grande impatto. A prima vista semplici e minimalisti da un punto di vista formale, i lavori rivelano però una profonda tragicità appena si apprende la genesi dei materiali di cui si compongono ed il loro legame con la cronaca più atroce. Al di là del contesto specifico in cui sono nate, le opere in mostra recano un’indubbia valenza universale e si estendono ai meccanismi di rimozione e ai tabù nei confronti della morte e della violenza oggi.
Il percorso della mostra si apre al pianoterra di Museion con quelli che l’artista definisce “parassiti nello shop”. Sono tracce quasi impercettibili lasciate dalla Margolles nel bookshop di Museion: una rivista composta da un intero anno di prime pagine del quotidiano di Juárez con la cronaca delle uccisioni, raccolte dall’artista mentre preparava la mostra; le note dei musicisti che suonavano nella Calle Marsical, una strada nella parte antica di Juárez, distrutta per dar vita a un quartiere commerciale; le t-shirt utilizzate in un’azione filmata con stampate le domande su quanto dolore possa sopportare una città.
L’esposizione prosegue al quarto piano del museo. Elemento centrale dell’allestimento sono due muri ad altezza d’uomo Muro Ciudad Juárez, 2010 e Muro Baleado (Culiacán), 2009, provenienti dal Messico e ricostruiti a Bolzano. I muri sono crudi testimoni di morte: le pareti riportano infatti i fori lasciati dalle pallottole durante le esecuzioni capitali di due poliziotti nella città di Culiacán e di quattro giovani tra i 15 e i 25 anni nella città di Juárez nel 2010. Ricollocando i muri pressoché intatti negli spazi del museo, l’artista ne ha stravolto il contesto e li ha portati a diventare da traccia di un fatto criminoso a opera sculturale.
La scultura Cubo, 2010 è un’opera dal grande impatto emozionale. Come le tracce sonore nel bookshop di Museion, anche Cubo è legato alla storia di Calle Marsical, il quartiere degli artisti di Juárez frequentato da Frank Sinatra, Nat King Cole Marilyn Monroe e raso al suolo e sfollato per far posto a un centro commerciale. Cubo è stato fuso dall’artista utilizzando il rottame da edifici demoliti del quartiere. È pesante una tonnellata: il peso materiale della scultura restituisce agli abitanti del quartiere il loro peso simbolico, il peso della memoria.
Tra le opere in mostra anche Plancha, 2010. L’installazione è composta da una serie di piastre d’acciaio roventi su cui cadono gocce d’acqua, che evaporano con sibilo impercettibile, lasciando traccia di calcare sul metallo. La trasformazione dell’acqua da liquido a vapore rimanda alla trasformazione del corpo umano nella morte: l’acqua che scende sulle piastre perde la sua innocuità quando si apprende che è quella utilizzata per lavare i cadaveri dopo le autopsie. Il sibilo della goccia si fa simbolo del dolore dovuto alla perdita; l’acqua richiama l’assenza del corpo delle persone uccise.
Oltre a diverse installazioni, a Bolzano verrà infine presentata per la prima volta anche l’azione filmata ¿Cuanto dolor puede soportar una Ciudad? creata appositamente per “Frontera” e svoltasi nelle città di Juárez, Kassel e Bolzano. Alcune immagini dell’azione verranno proiettate anche sulle facciate mediali di Museion. L’azione è ispirata dal pensiero che ogni luogo ha iscritta nella propria storia una sofferenza. “Quanto può sopportare una città?” e “Quanto dolore può sopportare una città?” sono le domande stampate sulle magliette indossate dai partecipanti all’azione in Messico, Germania e Italia. Margolles propone così un modo altro per parlare della città contemporanea, del suo tessuto sociale e della sua percezione.
Teresa Margolles (Culican, Messico 1963), vive e lavora a Città del Messico. Nel 1990 è stata tra i fondatori del gruppo SEMEFO (Servicio Médico Forense/Servizio Medico Forense) organizzando performance, creando installazioni, oggetti, video e interventi in spazi pubblici. Nel 2009 ha rappresentato il Messico alla Biennale di Venezia con la mostra ¿De qué otra cosa podríamos hablar? (Di cos’altro potremmo parlare?). Tra le ultime personali Los Herederos presso la galleria Peter Kilchmann, Zurigo (2009), En Lugar de los Hechos – Anstelle der Tatsachen , Kunsthalle Krems (2008), Muerte sin fin, Museum für Moderne Kunst, Francoforte (2004) e Das Leichentuch, Kunsthalle Wien (2003). Tra le collettive (selezione): MAN.SON 1969. Vom Schrecken der Situation, Kunsthalle Hamburg (2009), Viva la Muerte!, Kunsthalle Wien (2007), Made in Mexico, UCLA Hammer Museum in Los Angeles e presso l’Institute of Contemporary Art in Boston (2004). Partecipazione a biennali come Manifesta7 a Bolzano (2008), Liverpool Biennale (2006), Prague Biennale (2005 e 2003), Biennale di Gwangju (2004).
Teresa Margolles. FRONTERA.
Catalogo multilingue (tedesco, italiano,inglese) Verlag der Buchhandlung Walther König, Köln.
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A Museion la collettiva “Image to be projected until it vanishes”.
a cura di Mihnea Mircan
“Un modo di considerare la definizione del presente è valutare come costruiamo il rapporto con il passato, ciò che è abbastanza importante da essere incluso o escluso”
Cosi l’artista americano Matthew Buckingham si esprime a proposito del lavoro “Image of Absalon to be projected until it vanishes” (“immagine di Absalon proiettata fino al suo svanire”), a cui si ispira il titolo della collettiva curata da Minhea Mircan, in mostra al Museion di Bolzano fino al 28 agosto prossimo. Nell'opera di Buckingham una diapositiva della statua equestre del mitico fondatore di Copenhagen si dissolve progressivamente sotto il calore di un proiettore: la dissolvenza sfida il tentativo del monumento di fissare un significato opponendosi al flusso del tempo.
La relazione col passato come passaggio di definizione del presente e del futuro; lo studio dell’inclusione e dell’esclusione; le nozioni di transitorietà, invisibilità e obsolescenza sono alcuni dei cardini attorno a cui ruota la mostra. Gli artisti provengono per la maggior parte dalla Romania: le opere in mostra non contengono, però, un riferimento esplicito alla storia recente del paese, né registrano direttamente la confusione che accompagna il passaggio alla democrazia. I lavori raccolti hanno una portata più ampia e sottile, oltrepassano i confini dell’iscrizione geografica.
Nell’opera Hiatus, 2008 di Mircea Cantor, ad esempio, una forma geometrica plastica applicata ad un albero appare come un protuberanza della pianta stessa. L’intervento può essere interpretato come un’opposizione poetica, una forma di resistenza al possesso e all'omologazione di natura economica. Nel film di Mona Vătămanu e Florin Tudor Rite of Spring, 2010 (“rito primaverile”) dei bambini di un centro cittadino ricostruito durante il socialismo giocano bruciando lana di pioppo. La distruzione volontaria riflette i giochi sociali e politici degli adulti e invoca una distruzione sociale più ampia, i cui intenti economici e simbolici vengono allegoricamente messi in discussione. L’installazione di Ciprian Mureșan Beetle in the Anthill, 2010 (“Coleotteri nel formicaio”), ripresa liberamente dall’omonimo romanzo di fantascienza pubblicato nel 1979 da Boris e Arkady Strugatsky, è composta da diversi libri e disegni dell’artista. L’opera è allo stesso tempo una meditazione sulle utopie che sfumano e una richiesta di immaginazione, un gesto in perfetto equilibrio tra distruzione del passato e arricchimento grazie all’interpretazione e al contributo personale.
Altri artisti come Pavel Büchler, Hilario Isola e Matteo Norzi, Navid Nuur o Gotran Trbuljak propongono una riflessione sfumata sulle convenzioni del sistema dell’arte e sulla retorica della presentazione museale.
La mostra include due lavori commissionati per l’occasione. L’opera I re-place the horizontal of the water, 2011 (“io ri-posiziono l’orizzontale dell’acqua”) di Miclos Onucsan è un frammento di paesaggio arido, con un lago prosciugato. L’orizzonte dell’acqua, che è assente, è pazientemente ricostruito da numerose livelle a bolla. La bolla d’aria della livella diviene sostituto simbolico del vuoto e di ciò che è stato cancellato. Il vuoto delle bolle e la geometria spettrale compongono una mappa dell’assenza rigorosa e aberrante, la cui precisione eguaglia l’intensità dell’evento che ha “ri-coperto” lo spazio.
Il secondo lavoro commissionato è A-I, 2011. Si tratta del primo volume di un alfabeto edito da Kilobase Bucharest, una galleria d’arte fittizia creata dall’artista Joana Nemeș e dal ricercatore di marketing dell’arte Dragoș Olea. Kilobase sta per l’unità di misura del DNA, la biomolecola portatrice delle informazioni genetiche. Anche la pubblicazione presentata raccoglie frammenti di identità possibili che compongono la città di Bucarest a livello topografico, emozionale e politico.
I frammenti rivelano un immaginario complesso attraverso un laboratorio caotico di pensieri, saperi, posizioni soggettive e disegni. La mostra è dedicata a Ioana Nemeș, deceduta improvvisamente nell’aprile 2011, al suo talento, alla sua energia e alla sua ardente convinzione.
Artisti in mostra: Robert Bosisio (1963, Truden/Trodena - Bozen/Bolzano, I); Pavel Büchler (1952, Prague, CZ); Mircea Cantor (1977, Oradea, RO); Hilario Isola (1976, Torino, I) e Matteo Norzi (1976, Torino, I); Kilobase Bucharest (Ioana Nemeș, 1979, Bucharest, RO – 2011, New York, USA e Dragoș Olea, 1979, Bucharest, RO); Alexej Meschtschanow (1973, Kiev, UA); Ciprian Mureșan (1977, Cluj, RO); Vlad Nancă (1979, Bucharest, RO); Navid Nuur (1976, Teheran, IR); Miklos Onucsan (1952, Gherla, RO); Serge Spitzer (1951, Bucharest, RO); Goran Trbuljak (1948, Varaždin, HR); Gabriela Vanga (1977, Romania); Mona Vătămanu (1968, Constanta, RO) e Florin Tudor (1974, Geneva, CH).
Mihnea Mircan (Bucharest, 1976) già curatore nel 2007 del padiglione rumeno alla Biennale di Venezia è oggi neodirettore di Extra City, piattaforma per il dibattito sulle pratiche dell’arte contemporanea della Kunsthalle di Anversa.
In collaborazione con il Filmclub di Bolzano l’8 e 9 giugno si svolgerà un ciclo di proiezioni sul cinema contemporaneo romeno con il regista Adrian Sitaru. L’iniziativa sul cinema romeno si avvale del patrocinio del Consolato Onorario di Romania per il Trentino Alto Adige e della collaborazione dell'Associazione Romeni del Trentino-Alto Adige (ARTA-A).
Ufficio stampa Museion
press@museion.it
Caterina Longo t. +39 0471 223428
Immagine: Teresa Margolles, Muro Baleado (Culiacán), 2009, Kunsthalle Fridericianum 2010
Courtesy: the artist
Photo Credit: Nils Klinger
Inaugurazione sabato 28 maggio ore 19.00.
ore 23.30 proiezione di immagini dall’azione filmata di Teresa Margolles ¿Cuanto dolor puede soportar una Ciudad? sulla facciata mediale di Museion.
A seguire festa open air nella piazzetta di Museion.
Gli artisti saranno presenti.
Museion, museo d’arte moderna e contemporanea
Via Dante 6 - Bolzano
Orari mostra: da martedì a domenica 10.00-18.00, giovedì 10.00-22.00. Lunedì chiuso.
Biglietti
Frontera. Teresa Margolles: intero 6, ridotto 3,50 (studenti, over 60; museumscard, tourist card, FAI). Ingresso libero giovedi 17-22. Image to be projected until it vanishes: ingresso gratuito