QQ! L'esposizione presenta piu' di 50 tavole disegnate che mettono in mostra "con cinismo i complessi meccanismi che regolano 'l'ontologia urbana e che danno luogo a quell'immaginario collettivo delle citta'".
a cura di Alice Zannoni
L'esposizione, visibile fino al 22 giugno, è costituita da più di 50 tavole disegnate che mettono in
mostra con cinismo i complessi meccanismi che regolano “l'ontologia urbana” e che, nella
stratificazione di elementi storici e contemporanei, danno luogo a quell'immaginario collettivo delle
città (Roma, Bologna e Vicenza) qui proposto come interessante punto di vista critico per
comprendere le condizioni in cui versa il Paese.
A compendio, l'installazione eponima della mostra “QQ!” metafora del sistema macchinoso ben
descritto dai disegni ma anche monito di ripresa con coscienza del valore della cultura.
Se il cucù suona è, forse, ora di svegliarsi?
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“QQ!”
A cominciare dal titolo della mostra, “QQ!”, Paolo Ferro mette in scena, con una
certa dose di ironia la situazione dell’Italia oggi.
Certamente la poetica non si limita ad osservare il presente con l’occhio attento
di chi dovrebbe avere il compito, come artista, di ridare alla folla l’immagine
critica di un quotidiano; prima di tutto perchè l’artista non si limita a guardare
solamente l’oggi ma lo intesse con il passato: sia del proprio vissuto che, nella
forma di sguardo infantile, si esprime nell’aspetto ludico della rappresentazione,
sia come base analitica per comprendere il luogo analizzando la storia, reale
o immaginaria, delle città che disegna; le opere grafiche, che l’autore chiama
con una certa affezione “i miei disegnetti”, sono, infatti, il risultato di studi
accurati e approfonditi delle città da molti punti di vista (letterario, storiografico,
fantastico) e la carta altro non è che il convettore che magnetizza i poli multipli
dell’espressione: il tratto comune è il segno, o meglio il disegno a matita, che
livella tutto allo stesso piano di lettura: una sorta di aplografia complessa nel
contenuto ma ridotta nella forma.
Così l’opera “Roma 2007” è una maniacale sovrapposizione di motivi che
hanno fatto di Roma, nel bene e nel male, la città eterna; sono cinque metri
di carta ma 2000 anni di storia che convivono a strati: dalla rappresentazione
dell’inferno dantesco che mette radici sotto al Vaticano, al Pantheon, dai sette
colli al Colosseo fino alla scalinata di Piazza di Spagna, mentre in un cielo
piatto si combatte una guerra tra alieni e tra i valori aggiunti di miti e leggende
che appartengono alla capitale.
La “strip” di “Bologna 2011”, pur presentando stilisticamente una congruenza
formale con la tavola di Roma, presenta delle diversità concettuali di
rappresentazione che sono ottimo spunto per comprendere criticamente il
carattere della città Felsinea: torri e merletti sono la simbologia predominante
in questa “civitas” che non abbandona il suo essere medievale e che ancor
oggi si presenta come un feudo chiuso tra le proprie mura. Ci sono Piazza
Maggiore, Santo Stefano, San Luca e le due torri, il nuovo Comune, la Sala
Borsa e l’università: Paolo Ferro non tralascia nulla, riportando sulla carta
ogni dettaglio iconografico che ha dato alla Bononia l’appellativo di “dotta” e
di “grassa”. Sempre con l’ironia di una visione fantastica ed epifanica, l’artista
gioca con la provincialità immaginando, per esempio, una surreale pioggia
tortellini che, si sa, sono sacri quanto la manna...ma riusciranno a salvare la
città dalla crisi socio-economica-culturale?
Senza svelare null’altro, perchè tutto è da scoprire con l’attenzione di un
investigatore che si pone di fronte all’opera come davanti al rebus per la
soluzione finale, anche le tavole di “Vicenza 2010” si apprestano a palesare nel
loro contenuto un’esegesi amara dei fatti contemporanei: domina la conquista
americana sulla cupola della basilica palladiana e la cinquecentesca Vicenza
diviene emblema di un’eteroglossia quotidiana rappresentata, sempre con
immancabile ironia, da un “Dal Molin-Città proibita” e da un “Teatro olimpico-
luna park”, da una “caserma Ederle-fortino del west” e da un “Monte Berico-
Hollywood” il tutto a suffragare le motivazioni di un’alluvione devastante.
L’opera “Ruota”, nata come progetto site-specific per lo spazio che ospita
la mostra, nel richiamare la forma dell’antico mulino crea un’operazione
concettuale “tra presenza e assenza” riportando alla luce la funzione originaria
della struttura. Focus del ragionamento non è solo il tempo che scorre (come
l’acqua del canale) ma anche il sistema che permette l’azione delle pale: un
ingranaggio perfetto che l’artista metaforicamente ri-crea con pattern modulari
mostrando il potenziale della creazione.
Allo stesso modo, l’installazione “QQ!” è il buon auspicio di una rinascita
metaforica dell’arte (e del buon senso) che è invitata ad abitare le casette
colorate per uccelli, uguali nella forma all’orologio da parete cucù, ma fatte in
lana cotta e per questo più accoglienti. Se alcune sono vuote “come le casette
degli spiriti” (dice l’autore) altre hanno già accolto la luce della consapevolezza
sbloccando quel meccanismo inceppato che ferma lo sviluppo di una società...
anche se il tempo, quello vero, avanza e non aspetta.
Cucù! E’ ora di svegliarsi
Alice Zannoni
In occasione dell'inaugurazione, intervento musicale curato ed offerto da ZIKLUS Quintette
Vernissage: giovedì 16 giugno ore 18.30. Dalle ore 19.00 concerto ZIKLUS Quintette
Spazio CapodiLucca
via Capo di Lucca, 12/a - Bologna
Orari: Da lunedì a domenica dalle 16.00 alle 21.00
Previo appuntamento da concordare con Spazio Capo di Lucca al numero 347 – 45.33.578 è possibile vedere la mostra in orari diversi da quelli prestabiliti
Ingresso gratuito