Fonderie Teatrali Limone
Moncalieri (TO)
via Pastrengo, 88
011 6401206
WEB
Il messaggio Universale
dal 22/9/2011 al 29/11/2011

Segnalato da

Ufficio Cultura



approfondimenti

Ezio Gribaudo



 
calendario eventi  :: 




22/9/2011

Il messaggio Universale

Fonderie Teatrali Limone, Moncalieri (TO)

In esposizione tre grandi tele di Ezio Gribaudo eseguite dall'artista su commissione del museo stesso: un trittico con il quale affronta il Risorgimento con una fusione tra pensiero e materia che ne contraddistingue l'intero percorso.


comunicato stampa

È con particolare piacere che la Città di Moncalieri accoglie presso le Fonderie Limone una esposizione di opere dell’artista torinese Ezio Gribaudo, uno dei più importanti protagonisti della scena culturale italiana. Le sue mostre personali e collettive in gallerie e musei sono note in Italia e all’estero. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti alla sua attività creativa fra cui anche la medaglia d’oro ai benemeriti della Cultura e dell’Arte dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. E’ stato insignito della cittadinanza onoraria da parte della Città di Moncalieri per il particolare legame che l’artista ha con la città, legame che l’ha portato più volte ad esporre le proprie opere presso la Biblioteca civica e a donarne anche alcune per la pinacoteca comunale.

Siamo davvero grati a Ezio Gribaudo per aver voluto ancora una volta scegliere la nostra città per un’importante esposizione come quella che avremo nel foyer delle Fonderie Limone, che rappresenta il modo con cui egli affronta il Risorgimento, secondo i canoni del suo linguaggio multiforme e sperimentale, soprattutto pervaso dalla capacità di fusione tra pensiero e materia che ne contraddistinguono l’intero percorso. Ringraziamo altresì il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino, proprietario dei dipinti esposti, per averle gentilmente messe a disposizione, la Fondazione Teatro Stabile Torino per la collaborazione e l’ospitalità.
Il Sindaco Dott.ssa Roberta Meo, l’Assessore alla Cultura e al Turismo Francesco Maltese

Provenienti dalle Collezioni del Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino, approdano alle Fonderie Teatrali Limone tre grandi tele di Ezio Gribaudo, eseguite dall’artista nel 1964 su commissione del museo stesso in occasione dei cento anni dell’Unità d’Italia e destinate alla Sala dei Martiri di Belfiore. Un trittico a carattere monumentale dedicato a “Gli impiccati di Belfiore”, alla “Sollevazione del popolo a Milano” e a “Pier Fortunato Calvi”, con il quale Gribaudo affronta il Risorgimento secondo i canoni del suo linguaggio multiforme e sperimentale, soprattutto pervaso di quella inconfondibile capacità di fusione tra pensiero e materia che ne contraddistinguono l’intero percorso.

Artista visuale, editore, collezionista e organizzatore di grande eventi, in questo periodo ospite al Padiglione Italia della Biennale di Venezia 2011, nella sua vastissima produzione, la tematica storica trova lettura con significative declinazioni. Un itinerario di ricerca al cui interno il ciclo dedicato all’Unità d’Italia, tra l’energia del gesto pittorico e l’esplorazione intellettuale, incontra valori di universale significato.
Nei tre quadri, Gribaudo, come un musicista che sa cambiare registro senza perdere la continuità stilistica di fondo, affronta gli accadimenti modulando il suo segno e le scelte cromatiche all’estrinsecazione della poetica. L’artista qui affronta i fatti storici, procede studiandone i documenti, ma non illustra né intepreta una realtà statica. L’operazione che egli compie risponde esattamente a quella del suo ruolo di artista comunicatore di contenuti attraverso il linguaggio dell’arte. Gribaudo dunque scava in fondo al dolore, alla violenza, alla follia brutalizzante della morte, ma da tutto ciò riesce a trascendere, e restituire, nel racconto del sangue versato per fare dell’Italia un Paese Unito, l’omaggio a coloro che hanno creduto e dato la vita per un ideale. Come in una visione della Bhagavad Gita dai tratti occidentali, l’artista mette in scena la volontà, senza tempo e al di là dei confini geografici, di mantener fede agli ideali personali e collettivi. Racconta di eroi, quelli del Risorgimento e quelli di altri luoghi ed epoche senza nome e senza tempo, trasfigurandone i profili e sfumandone le connotazioni per tracciare un segno tra cielo e terra, alla ricerca di un concetto innalzante dalle molte e profonde letture.

E’ crudo lo spazio nudo in cui penzolano gli impiccati di Belfiore. In questo scenario terrificante, vi si legge la lezione di Goya e Bacon, ma la cifra caratterizzante di Gribaudo sposta l’attenzione non già sull’atrocità della condizione umana, ma sulla sua possibilità di redimersi da essa. Le silhouettes senza vita, abbandonate al vuoto, hanno volumetrie e impasti cromatici diversi: esse raccontano come personalità multiformi abbiano potuto trovare punti di comprensione e sinergia per raggiungere la grande Unità. Un concetto che torna nell’opera successiva intitolata “La sollevazione del popolo a Milano”, nella quale si scorgono uomini e donne straordinariamente amalgamati nella loro diversità. Tra la folla in furore, in mezzo al ferro e al fuoco emergono le figure dei cavalli. Cavalli fieri, che nella carriera del maestro occuperanno, negli anni a venire, un posto importante. Il coraggio e l’eco dei moti patriottici che infiammarono il cuore di “Pier Fortunato Calvi” si svelano invece nella terza tela, dove un “cavaliere” affronta uomini in arme, mentre altri ancora osservano, forse, senza comprendere. Nella storia di questo valoroso personaggio, Gribaudo infonde tutto il pathos di un cuore che ha scelto la libertà, la stessa che contraddistingue la capacità dell’artista di esprimersi con adesione storica al Risorgimento pur muovendosi su corde svincolate da schemi.

Di grande impatto emotivo e contenutistico, le tre tele, collegate ma leggibili singolarmente, offrono nel loro insieme la possibilità del viaggio nella storia d’Italia e al contempo nell’arte contemporanea internazionale, nel cui contesto Gribaudo è stato, ed è, un grande protagonista. Con i più importanti nomi della storia dell’arte, l’artista ha infatti condiviso esperienze e arte, lasciando un forte segno nell’editoria e nel tesssuto culturale italiano, dove da instancabile viaggiatore e pioniere della cultura ha portato molti personaggi: da Peggy Guggenheim a Dubuffet, da De Chirico ad Alechinsky per arrivare ad Asger Jorn, che realizzò, proprio a Moncalieri, alcuni tra i suoi più famosi libri d’arte nell’ambito della collana d’avanguardia ideata curata da Gribaudo stesso negli Anni Settanta per conto delle Edizioni d’Arte Fratelli Pozzo. E d’avanguardia continua ad essere l’atteggiamento di Ezio Gribaudo, che ha fortemente voluto e sostenuto la possibilità di far uscire i suoi lavori dalle riserve del museo: “L’arte è vita e non può restare troppo ferma nei luoghi deputati. In particolare queste tematiche sono di grande attualità, dunque possono interagire anche fuori dagli spazi museali per dialogare con la gente e continuare così a raccontare un Risorgimento senza età”.

Ed è come un ulteriore aspetto dei suoi “Teatri della memoria” che il Risorgimento entra nella sua opera: “Appartengo ad una generazione che ancora ne ha sentito l’eco e respirato le atmosfere nei racconti dei propri nonni. Così, quando l’allora direttore del Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino Piero Pieri mi propose il tema, accettai con il piacere di incontrare la storia per restituirla tramite il linguaggio interdisciplinare dell’arte visiva”. Infatti, interdisciplinare, perchè per Gribaudo l’arte è la fusione di molti alfabeti che dialogano tra loro e con l’osservatore chiamato, a sua volta, ad interagire attivamente. L’opera, anche pittorica, esce così dalla sua cornice e diviene installazione, per relazionarsi tra spazio e tempo al respiro della contemporaneità.
Silvana Nota

I tre grandi quadri di Ezio Gribaudo ci ricordano il Risorgimento in maniera non retorica. È un Risorgimento restituito alla Storia, rivissuto e palpitante, trasformato in carne viva e dolorante. L’artista cancella con un sol colpo di pennello, per così dire, le incrostazioni di due secoli che hanno reso quasi irriconoscibile, ai nostri giorni, l’avventurosa epopea romantica dell’Unità. Non c’è traccia del magniloquente canone ottocentesco, scritto dalla storiografia sabauda, che esaltò la «conquista regia», o dell’interpretazione parziale, ad esempio quella fascista, esaltante l’italianità di un processo d’incivilimento che precorre l’Italia di Mussolini. Non vi è traccia, infine, della più moderna corrente «revisionista», che in maniera molto accademica (e perciò assai noiosa) osserva le dinamiche di trasformazione economica, sociale o istituzionale.

Gribaudo non trascura di focalizzare la sua attenzione sui personaggi chiave del Risorgimento (e per fortuna la sua sensibilità d’artista non ha ceduto alla facile tentazione di trattare le figure più popolari come Garibaldi, Cavour, Mazzini e Vittorio Emanuele II, spesso unite in un unico acritico pantheon dei padri della patria) e si concentra sui momenti cruciali della lotta risorgimentale. I tre quadri di Gribaudo sono sorprendentemente intensi, parlano, gridano e fanno rumore, ricordando come il Risorgimento fu soprattutto un movimento politico-culturale centrale dell’Italia contemporanea, un’idea nobile, che spinse in maniera eroica intere popolazioni e singoli patrioti a un indicibile azzardo: opporsi, lottare e combattere contro un nemico più potente, l’impero d’Austria, sorretto all’epoca da un esercito forte e organizzato.

Per il movimento nazionale italiano gli Asburgo, e i loro regni in varie regioni della Penisola, sono stati il nemico numero uno. Non fu un caso che il volume Le mie prigioni di Silvio Pellico, l’intellettuale piemontese arrestato dalla polizia austriaca nel Regno Lombardo-Veneto, ebbe un grande successo e concorse in maniera decisiva a creare un’opinione favorevole alla «questione nazionale italiana». Le mie prigioni furono tradotte in Europa più dei Promessi sposi e denunciarono lo stato di polizia dell’impero d’Austria, tanto che si disse che il libro di Pellico costò all’impero più di una sconfitta sul campo di battaglia. Episodi come le “Cinque giornate di Milano”, la morte dei “Martiri di Belfiore” e l’impiccagione del patriota del Cadore Pier Fortunato Calvi, sono noti agli italiani quanto la cruenta morte di Cesare Battisti nella Grande Guerra. Non è un caso che Ezio Gribaudo scelga quei primi tre clamorosi episodi della storia dell’Ottocento, che condannarono l’impero di Francesco Giuseppe nel cliché degli Asburgo tenaci conservatori dell’ordine stabilito, come peso di piombo della storia europea. I patrioti del Risorgimento, uccisi o impiccati dall’esercito imperiale, furono riesumati dai nazionalisti italiani della Prima guerra mondiale, che videro in quel conflitto contro l’Austria-Ungheria la «Quarta guerra d’indipendenza italiana».

Gribaudo ritrae nei suoi tre grandi quadri la “Sollevazione del popolo a Milano”, “Gli impiccati di Belfiore” e “Pier Fortunato Calvi”, riportando à la page gli aspetti simbolici e antropologici della cultura nazional-patriottica. E ciò nella convinzione che quantunque i simboli del Risorgimento siano stati continuamente contestati, essi nondimeno hanno trasmesso un importante messaggio culturale ed emozionale alla società italiana del XIX e del XX secolo, cosicché dal loro esame dipende una comprensione equilibrata dello svolgersi del processo di unificazione e del fatto – assolutamente inaudito e rivoluzionario per i contemporanei – del crollo di antichi Stati (l’impero degli Asburgo e dei loro piccoli satelliti nella Penisola) e del formarsi, dalle loro ceneri, di un duraturo e nuovo Stato.

Nel 1848, Milano fu il teatro di una clamorosa insurrezione contro l’impero d’Austria. Tra il 18 e il 22 marzo 1848, i cittadini della capitale del Regno Lombardo-Veneto, parte dell’impero degli Asburgo, si liberarono dal dominio straniero. Il feldmaresciallo Josef Radetzky intimò il disarmo della Guardia Nazionale milanese: «Senzadichè porrò mano al bombardamento, al saccheggio ed a qualsiasi altro mezzo per sottomettere una città ribelle. E ciò mi tornerà agevole, avendo a mia disposizione un esercito agguerrito di centomila uomini e duecento pezzi di cannone». I milanesi combatterono, e costrinsero con la loro iniziativa popolare a porre fine alle esitazioni del re piemontese Carlo Alberto, che entrò in Lombardia per sfidare l’Austria (Prima guerra d’indipendenza).

Il biennio 1848-49 fu sfortunato per la causa italiana; l’impero tornò a governare il Lombardo- Veneto, ostentando sicurezza e volontà di ordine e ignorando il significato politico di quello che era finora accaduto. Per i patrioti italiani, però, il Quarantotto, iniziato in Lombardia, doveva continuare grazie alla creazione di una rete di comitati rivoluzionari. La loro funzione era di organizzare la circolazione delle cartelle del prestito nazionale. Per le autorità austriache la scoperta di queste cartelle provocò uno stato di allarme che diede il via a una delle pagine più tragiche del Risorgimento.

I comitati furono scoperti dalla polizia imperiale; s’identificarono i patrioti che facevano capo a sacerdoti liberali, a militari, a professionisti borghesi. I sacerdoti Enrico Tazzoli, Bartolomeo Grazioli, Giovanni Grioli, con Carlo Poma, Tito Speri, i cinque fratelli Lazzati di Milano e altri cento «congiurati», furono arrestati e accusati di cospirazione. Ne seguì un processo a Mantova la cui conclusione fa parte del martirologio del Risorgimento. Il 5 novembre 1851 fu fucilato don Grioli a Belfiore; tra il 7 dicembre 1852 e il 19 marzo 1853 furono innalzati i patiboli e impiccati Enrico Tazzoli, Bartolomeo Grazioli, Carlo Poma, Tito Speri, Bernardo de Canal, Giuseppe Zambelli, Angelo Scarsellini, Pietro Frattini, Carlo Montanari. L’ombra del patibolo di Belfiore si prolungò fino al 4 luglio 1855 con l’impiccagione di Pier Fortunato Calvi. Egli militò nell’esercito dell’impero asburgico; si dimise con la rivoluzione, diventando un intrepido capitano a Venezia, quando il 23 marzo 1848 fu proclamata la Repubblica di San Marco.

Si deve alla testimonianza dell’allora vescovo di Mantova, Luigi Martini, chiamato a consolare i condannati di Belfiore, il ricordo più vivo e commosso del loro sacrificio; il suo libro, Il Confortorio di Mantova, mette in luce la nobiltà e bontà d’animo dei prigionieri, il loro essere uomini senza rimorsi, gentili anche verso i carnefici. Emergono le figure straordinarie e leggendarie di Tazzoli e di Calvi, epicamente cantato quest’ultimo in un’ode famosa di Carducci: «d’Austria la forca or ei guarda / sereno ed impassibile [...] Belfiore, oscura fossa d’austriache forche, fulgente / Belfiore, ara di martiri. / Oh a chi d’Italia nato mai caggia dal core il tuo nome». I tre quadri di Ezio Gribaudo rievocano con gusto teatrale semplicemente splendido, il percorso politico e culturale, spesso doloroso, che portò 150 anni fa all’Unità. Un’interpretazione del Risorgimento che affronta diversi modelli di pittura, secondo un’impostazione destinata a distinguere l’opera di Gribaudo da altre iniziative artistiche dedicate alla Storia. Il pittore di Torino prospetta un modello nuovo di conoscenza e divulgazione del passato, grazie alle notevoli dimensioni delle opere e al richiamo delle esperienze artistiche più importanti dell’Ottocento e del Novecento, attingendo dai grandi maestri come Goya e Bacon.
Roberto Coaloa

Info: Ufficio Cultura 011-64.01.206, www.comune.moncalieri.to.it, ufficio.cultura@comune.moncalieri.to.it

Immagine: Ezio Gribaudo, Sollevazione del popola a Milano, 1964, olio su tela, 360 x 200 cm

Inaugurazione: venerdì 23 settembre 2011 ore 18.30

Fonderie Limone
Via Pastrengo, 88 Moncalieri (TO)
Ingresso libero

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