In mostra si contrappongono il mondo diurno delle tele disegnate a grafite e quello notturno delle ardesie incise. Il lavoro dell'artista, memore della pratica calcografica, ha sempre oscillato tra poli di luce ed ombra.
Nella mostra di Federico Guerri due mondi si contrappongono, quello diurno delle tele disegnate a grafite e
quello notturno delle ardesie incise, ovvero delle pietre tenere e scure, nate dai letti dei fiumi disseccati, dai
corsi primordiali d’acqua e dalla decomposizione delle antiche forme sguscianti, che le hanno percorse.
Nel primo, dove l’artista ha disegnato sul cotone chiaro una virtuosistica trama di segni e strutture in cui la geometria
dell’architettura trova il suo ibrido nella natura, si ritrovano i ricami della distruzione, le planimetrie dissestate,
i palazzi sfilacciati ed erosi da una misteriosa forza corrosiva, che mina il collante di ogni costruzione.
Nel secondo, dove una punta sottile di ferro ha graffiato nella pietra una tessitura d’Aracne, compaiono lastre
severe con gli intagli e le incrinature della notte, per cui il buio è reso vulnerabile nel solco.
Il lavoro di Guerri, straordinario per maestria esecutiva, e memore di un’attenta pratica calcografica appresa
dal padre, ha sempre oscillato tra questi poli di luce ed ombra, restando nei limiti estremi del bianco e nero.
Ma nell’ultimo anno il colore si è affacciato sulle sue tele, dapprima nel bagno gestuale ad acquerello che “prepara”
la superficie del disegno ed ora nelle opere più recenti, come linea di demarcazione dei suoi quartieri
bombardati, con aureole colorate che descrivono l’occhio del ciclone o l’innesco dell’incendio. Nello studio di
Federico infatti, appese alle porte o tra i suoi quaderni di progetti, scritti e disegnati dove riposano in attesa, i
quadri del futuro, si possono trovare le immagini aeree e impietose delle aree urbane distrutte nella seconda
guerra mondiale, ma anche gli edifici fatiscenti e gli uffici disabitati di una città contemporanea come Detroit
che vive nel crollo di una tradizione industriale, un processo di spopolamento che l’ha resa “fantasmica”.
Eppure, l’ordito coltissimo e prezioso della matita o del punteruolo dell’artista cesenate, non restituisce mai, di
queste suggestioni, una impressione di squallore, e nella lotta di colonizzazione tra la biologia e l’architettura,
tra le radici, e i rizomi che riprendono possesso di uno spazio artificiale, s’innesta sempre un desiderio di comprensione,
che fa assumere ad ognuno dei contendenti, i contorni e l’andamento dell’altro.
Inaugurazione 17 novembre ore 17
Weber & Weber
via San Tommaso 7, Torino
Orari: da martedi a sabato, dalle 15.30-19.30
ingresso libero