Sala Ss. Filippo e Giacomo
Brescia
via delle Battaglie, 61
030 43018
WEB
Omaggio a Giacomelli
dal 17/2/2003 al 30/3/2003

Segnalato da

Paola Riccardi




 
calendario eventi  :: 




17/2/2003

Omaggio a Giacomelli

Sala Ss. Filippo e Giacomo, Brescia

In una collettiva, i vincitori delle prime due edizioni e gli autori segnalati alla seconda edizione del Memorial Mario Giacomelli. In una mostra che intende essere un omaggio alla memoria del grande e amatissimo fotografo, saranno presentati il lavoro 'Dementia' di Vincent Delbrouck, vincitore nel 2002, estratti dai lavori degli autori segnalati in questa seconda edizione ed il lavoro 'Di te 2000' di Marco Anelli, vincitore nel 2001.


comunicato stampa

grazia neri
Il Circolo Fotografico Sannita di Benevento
I L B I A N C O e N E R O ASSOCIAZIONE PER LA FOTOGRAFIA
PHOTOSHOW / Photofestival 2003

presentano la mostra fotografica
OMAGGIO A GIACOMELLI

In una collettiva, i vincitori delle prime due edizioni e gli autori segnalati alla seconda edizione del Memorial Mario Giacomelli. Un premio nato nel 2001 in memoria del fotografo e artista Mario Giacomelli e che quest'anno, alla sua seconda edizione, ha sorpreso tutti per l'alta qualita' dei lavori presentati e per la dimensione di internazionalita' che in soli due anni è riuscito a raggiungere. In una mostra che intende essere un omaggio alla memoria del grande e amatissimo fotografo, saranno presentati il lavoro'DEMENTIA' di Vincent Delbrouck, vincitore nel 2002, estratti dai lavori degli autori segnalati in questa seconda edizione ed il lavoro 'DI TE 2000' di Marco Anelli, vincitore nel 2001.

in mostra opere di:
Marco Anelli
Vincent Berg
Vincenzo Cottinelli
Vincent Delbrouck
Wolfgang Müller
Alessandro Rizzi
Klavdij Sluban
Homer Sykes
Gaël Turine

La mostra sarà proposta in due diversi momenti espositivi e verra' inaugurata:

a BRESCIA
il 18 febbraio 2003 alle ore 18.30
presso la Sala dei SS. Filippo e Giacomo
Via delle Battaglie 61
a cura di
Grazia Neri e
I L B I A N C O e N E R O
ASSOCIAZIONE PER LA FOTOGRAFIA
e rimarra' aperta fino al 9 marzo con i seguenti orari:
da martedi' a domenica ore 15.30 / 19.30

a MILANO
il 18 marzo 2003 alle ore 18,30
alla galleria Grazia Neri
Via Maroncelli 14
a cura di
Grazia Neri e
Photofestival 2003
e rimarra' aperta fino al 30 marzo con i seguenti orari:
da lunedi' a venerdi' 9 / 13 ­ 14.30 / 18
sabato 10 / 12.30 ­ 15 / 17 domenica chiuso

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Testo di Grazia Neri

Vincent Delbrouck, il vincitore di questa seconda edizione, ha scelto un tema sociale che è al centro dell'attenzione. Le sue fotografie ricordano in parte Mario Giacomelli e in parte Diane Arbus. Non sono compiacenti, non privilegiano il dettaglio commovente, non abusano di cliché ma segnalano in modo direi quasi scientifico l'assenza dalla realtà pur mantenedo comportamenti abituali (sedersi al sole, passeggiare, vestirsi con dignità) delle donne colpite da demenza precoce.

La presenza di Klavdji Sluban, pluripremiato auore internazionale è un omaggio a Mario Giacomelli. Non ha bisogno di presentazioni. I suoi lavori sono conosciuti in tutto il mondo.
Argutamente Gianni Berengo Gardin che ha apprezzato le fotografie di Vincenzo Cottinelli sulla vita di una pastora, ha sostenuto che lui non ama fotografare le mucche ma che dopo Marco Anelli lo scorso anno, vedere altre mucche fotografate così bene gli avrebbe forse fatto cambiare idea. Vincenzo Cottinelli si è affermato non solo come ritrattista di personaggi ma ora come fotografo lirico. Sono personalmente felice che si dedichi al reportage. In questa direzione è destinato a sorprenderci per la sua visione minimalista e intensa insieme. Le fotografie di Wolfgang Müller sui senzatetto a Odessa ci indicano lo sguardo pietoso e diretto del fotografo su una realtà sociale, tra l'altro una realtà che non vorremmo mai vedere: bambini di strada che bevono alcool e fumano. La cecità in Costa d'Avorio di Gaël Turine è un esempio di fotografia onesta e documentaristica che ancora una volta non sceglie il clichè ma entra nella realtà di una condizione disperata, una malattia che ha come conseguenza figli che diventano infermieri dei genitori. Attualmente organizzazioni di volontariato cercano di estirpare la malattia. Homer Sykes con le sue fotografie di taglio moderno su Shanghai spazza via l'iconografia che abbiamo in mente sulla vecchia Cina pur indicandoci già le nuove problematiche e i nuovi disagi con ironia e tenerezza. Un mondo modernissimo teso all'Occidente e una maggiore solitudine tra la folla. Vincent Berg, fotografo belga naturalizzato italiano, da anni percorre paesi lontani, Siberia e Bangladesh in particolare e osserva con occhio incantato e senza pregiudizi politici e sociali la realtà, componendo fotografie che trasmettono in modo sintetico sentimenti di luoghi poco conosciuti e sognanti ma non prive di un invito alla riflessione politica. Alessandro Rizzi, giovane fotografo italiano, con il suo viaggio in Romania ha saputo creare immagini emozionali di luoghi che hanno avuto un recente significato storico usando un linguaggio estremamente poetico. Ci auguriamo che continui in questa direzione. Abbiamo aggiunto al catalogo un trittico di Marco Anelli primo vincitore del Memorial Giacomelli. La sua fotografia tesa a una profonda ricerca esistenziale sta conoscendo un successo insperato.

Vorremmo ricordare Mario Giacomelli premiando ogni anno e segnalando fotografi ricchi di talento e di utopie che fotografano guardando il mondo con incanto, pietà, commozione, razionalità ma sempre rispettando la persona fotografata e chi guarderà le fotografie scattate.

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Testo di Nazareno Orlando
Assessore alla Cultura di Benevento

Benevento è diventata, negli ultimi anni, una città d'arte e cultura sempre più attenta ai linguaggi tradizionali e moderni della comunicazione. Tra questi, naturalmente, la fotografia svolge un ruolo importante e, grazie alla collaborazione di artisti e associazioni presenti sul territorio, è in itinere un progetto mirato a trovare luoghi e opportunità capaci di dare sempre più spazio al meraviglioso mondo degli 'scatti'. Vincent Delbrouck è uno di quegli artisti che è difficile dimenticare. Le sue foto fondono la realtà con la capacità interpretativa e risultano essere piccoli capolavori di realismo. Una realtà non sempre piacevole ma caratterizzata da momenti di gioia alternati a importanti riflessioni sui drammi dell'uomo. La sua qualità stilistica e la sua voglia di riempire ogni fotografia di contenuti hanno consentito all'artista belga di imporsi all'attenzione nazionale e internazionale. La sua vita piena di esperienze e di successi lo ha reso interprete di momenti e di situazioni che gli hanno consentito di superare qualsiasi schema per arrivare a immagini che non si limitano a 'raccontare' ma si riempiono di un'interiore voglia di rimettersi costantemente in discussione. La sua partecipazione al Memorial Giacomelli, è motivo di orgoglio e speranza di proseguire lungo la strada intrapresa.

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Testo di Cosimo Petretti
Presidente circolo Fotografico Sannita
di Benevento

Non posso che essere soddisfatto, in qualita' di organizzatore del Memorial Mario Giacomelli, per l'alta qualita' dei lavori ricevuti e per la numerosa partecipazione internazionale a questa seconda edizione. Questo, nell'ottica di far crescere il Premio, mi spinge ad operarmi, con l'aiuto di sponsor e degli enti locali, affinche' esso possa diventare uno dei migliori concorsi non solo a livello nazionale ma anche internazionale. Per questo mi corre l'obbligo di ringraziare la famiglia Giacomelli per l'opportunita' che mi ha dato e che ha dato alla stessa citta' di Benevento di organizzare questo premio alla memoria del grande fotografo Mario Giacomelli. Un ringraziamento particolare va alla Credital consulenza di Benevento per aver offerto la borsa di studio. Desidero inoltre ringraziare Grazia Neri per la sua disponibilita' e ospitalita', la giuria, e tutti i fotografi che hanno onorato con la loro loro partecipazione questa seconda edizione.

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Testo di Giulio Obici
Presidente
I L B I A N C O e N E R O
ASSOCIAZIONE PER LA FOTOGRAFIA

A proposito di fotografia. Considerazioni a margine del Premio Giacomelli

Quando Vincent Delbrouck punta il suo obiettivo su un gruppo di donne anziane colpite dal morbo di Alzheimer o Wolfang Mueller percorre le strade di Odessa raccogliendo nel suo taccuino fotografico le immagini dei ragazzini in preda all'alcol; quando Klavdij Sluban medita sui paesi balcanici in via di transizione o Gael Turine fotografa i volti di giovani africani non vedenti; quando Vincent Berg inoltra il suo sguardo nella profonda Siberia o Alessandro Rizzi rivede a modo suo la Romania e Homer Sykes la nuova Shanghai; e quando Vincenzo Cottinelli scopre sui nostri monti la leggenda agreste di una donna moderna che fa la pastora: quando insomma questi fotografi illustrano la loro fetta di mondo, noi che ne osserviamo le opere avvertiamo netta la sensazione che la fotografia stia tornando sui suoi passi per ritrovare un'identità smarrita e un ruolo certo nel panorama delle arti figurative. Tanto più forte, questa sensazione, perché nella maggior parte dei casi si tratta di fotografi giovani o giovanissimi, e di diverse nazionalità.

L'interesse della mostra sta nel fatto che essa risulta un accurato sondaggio sui nuovi, possibili orientamenti della fotografia internazionale, un sondaggio che non pretende di essere esaustivo, ma che può fornire pertinenti indicazioni. Grazia Neri, nella prefazione del catalogo della rassegna, giustamente si chiede come mai un Premio così giovane, di pochi danari, abbia attratto tanti autori di livello e promosso un'affluenza già in partenza ben selezionata. E - commenta - a spiegarlo non basta il nome di Mario Giacomelli, cui il Premio si richiama. Dal canto mio, azzardo un'ipotesi: che quel nome abbia funzionato come catalizzatore di più o meno sotterranei fermenti che la fotografia oggi coltiva e che trovano tuttora nel realismo poetico di Giacomelli un forte punto di riferimento, uno sbocco autorevole e protettivo. Ho detto realismo e subito me ne pento: ogni definizione per categorie, in arte, suona approssimativa e talvolta restrittiva. D'altra parte, non se ne può fare a meno: ma serve più in negativo che in positivo, insomma serve a stabilire che cosa non sia un fenomeno figurativo piuttosto che a decidere che cosa sia. Ecco, gli autori di questa mostra non sono tante cose. Non sono formalisti, non sono iperrealisti, non sono astrattisti, soprattutto non sono concettualisti, una tendenza ancora molto in voga. Anche a una lettura superficiale delle loro immagini balza agli occhi che tutti, autoselezionandosi in modo davvero prodigioso, hanno per così dire steso tra l'uno e l'altro un filo conduttore comune, che poi è l'approccio diretto alla realtà, il disinteresse per il formalismo fine a se stesso, l'uso dell'obiettivo con scopi di assoluta oggettività, infine - ma non da ultimo- l'utilizzo della Strada come centro logistico e culturale delle loro ricerche. Quella Strada, si badi, che nel neorealismo cinematografico e letterario (questa volta la citazione non è fuori luogo perché individua un fenomeno storico) fu il veicolo della figura del Vagabondo, emblema a sua volta della ribellione al conformismo e, più tardi, tramite indiscusso tra cinema e fotografia. Dunque: Strada, allora e oggi, come luogo e mezzo della scoperta e Vagabondo come figura simbolo incarnata, prima in America e poi da noi, dallo scrittore o dal regista o dal fotografo e, nel contempo, dai personaggi che essi andavano scoprendo o creando o mettendo a fuoco. I fotografi di questa mostra sono vagabondi che cercano altri vagabondi e, insieme, rompono la trama di un nuovo conformismo dell'estetica, della morale, della politica.

Fu negli anni Settanta che, sulla scia delle esperienze della pittura soprattutto statunitense, fece irruzione nel mondo della fotografia l'arte concettuale. Si trattò di un'irruzione prepotente e a suo modo devastante. L'arte concettuale, nell'una e nell'altra disciplina, si definì ben presto, con l'ausilio dei soliti maitres à penser, come una drastica inversione di marcia che consisteva nel trasformare l'operatore da interprete del mondo in interprete della propria arte, secondo un gioco di andata e ritorno tutto interno al rapporto tra il creatore e il mezzo della creazione: la fotografia divenne concettuale quando l'attività dell'artista assunse come suo soggetto lo strumento stesso adottato per esprimersi, nel proposito sottinteso di fornire una definizione propria, personale di quest'arte tutto sommato giovane. Con ciò l'operatore si dava, più che la veste alta del creatore, quella minore dell'esegeta o del critico. Ogni trasmigrazione terminologica ( e dunque di sostanza) da un territorio all'altro delle arti è pericolosa, e tanto più lo è nel caso della fotografia. Se ci si ricorda delle immani lotte sostenute dalla fotografia mondiale per conquistarsi un'autonomia rispetto alle arti figurative tradizionali, in ispecie la pittura, non ci si può non meravigliare di fronte al fenomeno del concettualismo, che fu un ritorno al lontano passato, a quando cioè la fotografia imitava la pittura per legittimarsi come arte: adesso accadeva che il fotografo imitava il pittore in un'insistita ricerca sul mezzo espressivo adottato, trovando in ciò un incoraggiamento nelle contaminazioni operate dalle stesse pitture, che utilizzava la fotografia come proprio supporto espressivo. E pensare che ancora negli anni Trenta Cesare Pavese metteva in guardia contro la già emergente tentazione dell'arte, soprattutto in letteratura, di perdersi in un 'estenuante colloquio con se stessa'.

L'avvento del concettualismo, che tra l'altro indusse la fotografia a coniugarsi con elementi estranei alla sua più profonda natura (collage, manipolazioni, fotomontaggi, ecc.) non ha ancora esaurito la sua carica dirompente. Benchè mascherato talvolta sotto altre sigle, esso continua a sedurre e a illudere schiere di fotografi, soprattutto giovani, con il risultato di instaurare una nuova forma di conformismo, che sotto l'alibi di una pur improbabile scoperta d'avanguardia cela il perpetuarsi di un tranquillo ossequio alle convenienze mercantili, all'estetica dominate e dunque al disarmo, con ricadute negative sul piano culturale, etico e politico.
I fotografi di questa mostra sembrano ispirarsi a Michelangelo Antonioni quando scrisse agli esordi della sua carriera da regista: 'Continuando a capire il mondo attraverso l'immagine, capivo l'immagine, la sua forza, il suo mistero'. Un pensiero splendido, che potrebbe essere assunto come definizione della fotografia o, meglio, come la sua carta di identità. Benchè sia difficile catalogare in positivo i fotografi che qui espongono, si può senz'altro sostenere che essi sono (ecco il test di cui si diceva) un segnale non trascurabile che la fotografia, nella ricerca della sua identità perduta, sta riscoprendo il mondo per riscoprire se stessa.

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L'iniziativa e' realizzata con
il Patrocinio del Comune di Brescia
e il sostegno di AIF, Camera di Commercio e Unione Commercianti di Milano

La mostra e' accompagnata da un catalogo realizzato da AGORA 35 Idee e progetti per la microeditoria fotografica

Si ringraziano: Cosimo Petretti, Presidente del circolo fotografico Sannita, Nazareno Orlando, assessore alla cultura di Benevento, Maurizio Rebuzzini, Tita Beretta, Giulio Forti, curatori di Photofestival 2003, Roberto Mutti, Gianni Berengo Gardin, Arnaldo Calanca della Manfrotto trading, tutti i fotografi che hanno prestato le propie opere per la mostra. Un ringraziamento speciale va al prof. Paolo Corsini, sindaco di Brescia, e a Grazia Neri, che hanno sostenuto e promosso questa iniziativa.

PER INFO:
Paola Riccardi
EXHIBITIONS
AGENZIA GRAZIA NERI
Via Maroncelli, 14
20154 MIlano
Tel. 02 62527238
fax 02 6597839

Sedi:
Sala dei SS. Filippo e Giacomo
Via delle Battaglie 61 - Brescia

Galleria Grazia Neri
Via Maroncelli 14 - Milano

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