Affreschi rivelati. "La pittura Celibertiana e' mediazione, confronto, confessioni di sentimenti inquieti che risiedono nell'artista".
A cura di Maurizio Pradella
Estratto testo critico a cura di Gabriele Romeo (Storico e Critico d'Arte)
“....Gli abitanti (fruitori dell’opera d’arte) che incontrano e viaggiano per le Terre scoperte da Giorgio, chiedono di poter vivere in esse, di poter avere un piccolo spazio lì, ed ecco come quei segni, in bilico tra schemi informali e diagnostici, si rivelano come parallele e ordinate nelle quali poter viaggiare, senza perdere la bussola, e individuando nell’artista l’appiglio, il punto di riferimento che orienta gli amici, le creature (spesso configurabili in segni sparsi), dandone, ricorrentemente, conforto. E poi, dopo millenni di storia, accade che quelle Terre, mutino aspetto, geologicamente subiscono una traformazione etnopaesaggista e i colori che un tempo caretterizzavano il cielo sereno di una detterminata località, mutano, si rattristiscono, per esprimere dolore ad una terra che cede il passo, ad un nuovo abiatante, ogni volta che giunge un tramonto.
La pittura Celibertiana è mediazione, confronto, confessioni di sentimenti inquieti che risiedono nell’artista, sempre alla ricerca del bene e con una difficile accettazione del “male che risiede nel mondo”. Certo viene difficile comprendere, questo profilo dell’artista, se non si entra in contatto con lui, se le sue parole, non vengono ascoltate. Se lo si conosce, si ha la possibilità di esplorare una persona senbile, profonda, che ogni volta ha bisogno di comunicare con il proprio interlocutore, lasciando quest’ultimo meravigliato per gli insegnamenti che lascia per gli orizzonti inesplorati che ancora ri-cerca come se fosse un medium.
Strade, continue, sentieri infiniti nei quali perdersi per ascoltare il “silenzio” , la musicalità si trsforma in assoli, dove, ognuno di noi cerca di rifugiarsi, evadendo dal pianeta terra per cercare “rifugio”. Se chiediamo un tetto alla pittura di Celiberti, lui non ce lo negherà.
Ecco i magnifici segni alfanumerici, che prelevati prima da una tradizione Gutemberghiana, mutano la loro funzione, per creare non semplicente un codice linguistico che conosciamo, ma veniamo istruiti ad un nuovo codice, ad una nuova lingua, che non è certamente quella che abitualmente parliamo, ma è il Celibertiano.
E se la stele di Rosetta, tanto amata da Champollion, venne decodificata dallo stesso, dopo millenni che il geroglifico era diventata una lingua morta, Celiberti verosimilmente codifica il suo linguaggio di sentimenti, creando per appunto, uno stadio emotivo, nel quale possiamo giocare, senza paura di riceverne rimproveri.
Tornando ancora una volta al ruolo propedeutico, notiamo come la pittura e la scultura di Celiberti, riesca a leggerla anche un cieco: il suo codice alfanumerico è un braille, nel quale, le dita, le nostre, sfiorano i suoi tasti per creare musica d’anima; la sua arte è uno stiacciato tridimensionale........ E ancora il magnifico allestimento di 24 affreschi, curato da Maurizio Pradella nel prestigioso edificio di Casa dei Carraresi a Treviso, rende giustizia ed omaggio ad uno dei più significativi interpreti dell'anima senzibile, che hanno valicato questo nuovo millennio, definibile post-contemporaneo...”
Intervento critico e presentazione a cura di Gabriele Romeo
intervengono: Giorgio Celiberti, Eliana Bevilacqua, Alessio Alessandrini, Piero Bravin, Vincenzo Ciccarello
inaugurazione 25 febbraio ore 17
Casa dei Carraresi
Via Palestro, 33 - Treviso
lun-sabato ore 9,00-20,00