Scorci violati. Il lavoro di Mingozzi sceglie come fondamento concettuale il collezionismo fotografico, la raccolta paziente d'immagini, per lo piu' in bianco e nero, colte dall'universo borghese del secolo scorso al suo nascere. Corpi e volti di persone ormai scomparse, sguardi di una severita' puritana e neogotica.
Il rischio dell’abiezione, lo smarrimento nell’orrore, la discesa negli inferi dell’immaginazione sono sentieri frequentatissimi dalla figurazione contemporanea: si consuma in questa ossessiva fascinazione macabra il lento dissolvimento dell’antica integrità dello sguardo. Nico Mingozzi porta quest’agonia del fantastico sul-la superficie delle proprie dissacrazioni fotografiche.
Dei suoi passati esercizi d’artista non resta più traccia in questo linguaggio di tenebra che è del tutto un nuovo inizio; rimane solo non l’istinto al minimalismo narrativo, alla scelta di novelle minute ed epopee in frammenti che esaltano il senso angoscioso e claustrofobico dei suoi racconti funebri.
Il lavoro di Mingozzi sceglie come fondamento concettuale il collezionismo fotografico, la raccolta paziente d’immagini, per lo più in bianco e nero, colte dall’universo borghese del secolo scorso al suo nascere. So-no corpi e volti di persone ormai scomparse, sguardi di una severità puritana e neogotica come lo fu l’età che li vide protagonisti involontari di passioni contenute in una disciplina sociale fra le più esigenti. Ma il tono poetico di questa selezione è dominato dalla melanconia, dall’idea della morte e delle ansie ch’essa genera nei volti e nelle carni.
Su questo leit motiv, Mingozzi distende le sue deformazioni pittoriche, i suoi ricami da grottesca lugubre, le sue cancellazioni cimiteriali, memore della pittura sfibrante di Francis Bacon, dell’immaginario crudele, insieme ironico e terribile di Bosch.
Eppure portare all’estremo questa volontà di sfigurare ciò che di aggraziato o sentimentale permane nell’immaginario fotografico di un’epoca, quasi a voler comporre per tessere una cupissima apocalisse, è anche una sarcastica contemplazione del lessico deformato di molta arte contemporanea, è una collezio-ne, a sua volta, dei luoghi comuni che si trasmettono da una scelta estetica all’altra, nelle fiere d’arte, nelle gallerie, nelle mostre.
Le piccole fiabe crudeli di Mingozzi raccontano più che il nostro mondo, il cosmo delle fantasticherie rove-sciate delle arti, gli incubi collettivi di una generazione sperduta in una foresta di pensieri ciechi.
Alessandro Giovanardi.
Nico Mingozzi ha vinto il premio Arte 2011 per la pittura.
Inaugurazione 1 marzo ore 18-22
Weber & Weber
via S. Tommaso, 7 (Primo piano) - Torino
Da martedi a sabato 15,30 - 19,30
Ingresso libero