Non e'. Effimero/virtuale. Da sempre interessato alla ricerca sulla percezione visiva, l'artista croato si propone di creare situazioni critiche e sovversive attraverso interventi semplici sul luogo espositivo, realizzati con materiali umili come polvere, inchiostro, nastro.
A cura di Federico Luger
Biffi Arte apre con fierezza i propri ampi spazi alla contemporaneità e propone,
dal 21 aprile al 26 maggio 2012, Non è. effimero/virtuale, prima mostra nella
galleria piacentina dell’artista croato Igor Eškinja.
In che senso, contemporaneità? Sicuramente nell’accezione più sfuggente della
parola: se fin dall’antichità greca i filosofi si interrogarono a lungo e caparbiamente
sul non essere, l’arte di oggi, forse perché le società occidentali sperimentano
un’enorme incertezza sul proprio destino, è tornata a confrontarsi senza paure
con l’illusione, con l’assenza di sostanza dietro a immagini che sulle prime parrebbero
comunicare all’occhio entità precise.
In tempi come i nostri, nei quali ciò che è delude o lascia comunque insoddisfatta
la coscienza anche quando i sensi sono stati brevemente soddisfatti, l’uomo ha
fame di esperienze nelle quali non vi sia verità - o pretesa di verità - e tutto si
risolva giocosamente in un effimero trapasso di immagini, che rendono virtualmente
conto di un mondo che resta invece, nella sua realtà, inappropriabile, intangibile,
incomprensibile.
Igor Eškinja, nato a Rijeca nel 1975, si diploma all’Accademia di Belle Arti di Venezia
nel 2002. Il suo lavoro sta ottenendo da alcuni anni sempre più consensi sulla scena
internazionale, come testimonia la sua installazione attualmente in mostra al
Museum of Arts and Design di New York.
Da sempre interessato alla ricerca sulla percezione visiva, l’artista croato si propone
di creare situazioni critiche e sovversive attraverso interventi semplici sul luogo
espositivo: interventi che superano le implicazioni puramente politiche della
smaterializzazione dell’oggetto d’arte, trattenendo l’osservatore sulla soglia fra
realtà oggettiva e illusione, il punto limite in cui vien posto l’oggetto è ridotto al
minimo e sospeso tra queste due dimensioni.
L’uso che egli fa di materiali umili - polvere, inchiostro, nastro - e della prospettiva
a tre punti di fuga, crea divertenti ma puntuali critiche al potere dell’immagine
e trova la sua iterazione più semplice, ma anche più efficace nella serie di opere
Made In:side del 2007. Nel puntualizzare la complicità della fotocamera nel
fabbricare la realtà, la serie sottolinea la fallacia insita nell’equiparare la
rappresentazione e l’osservazione delle cose. Made In:side è composta da una
serie di fotografie che apparentemente documentano rappresentazioni grafiche
di sculture composte da imballaggi di cartone, di varia configurazione e misura,
montati su uno spazio interno.
Siano essi capovolti, parzialmente smantellati o sovrapposti, questi assemblaggi
di scatole manifestano le caratteristiche di ripetizione e minima differenza proprie
del Minimalismo classico, spostandole tuttavia quasi impercettibilmente in una
diversa estetica.
Eškinja manipola lo spazio realizzando ambienti capaci di indirizzare lo sguardo
verso qualcosa di indicibile. Questo è piu’ che evidente in opere come Reanimated
Original (2010), 34% Green on White (2010), e 31% Red on White (2010). L’effetto
che ottiene sul visitatore è di spaesamento, non potendo egli avere una visione
diretta dell’installazione, ma nemmeno della sua performance. Tutto è già accaduto
in uno scarto di spazio e tempo nel quale ci troviamo immersi, tra il prima e il dopo,
quello di una visione non più disponibile, restituitaci solo attraverso la fotografia.
Eškinja ricerca una relazione fisica e mentale fra cose che risultano vicine pur
trovandosi a distanze differenti, e che nel contempo vanno a costituire un paesaggio.
Questo si può fare soltanto attraverso lo sguardo cristallino della macchina
fotografica.
Nella serie di opere Surface (2011), per esempio, ha realizzato dei set fotografici
in situ, sovrapponendo alle consuete geometrie del luogo delle vere e proprie
finestre, dei ritagli visivi in cui l’occhio della fotocamera fosse ingannato, permettendo
a chi guarda di vedere gli spazi possibili oltre la siepe. L’artista ha avvertito infatti
l’esigenza di costruire dei nuovi contesti per ambientare le proprie rappresentazioni,
in maniera tale che l’opera - la fotografia - possa essere il prodotto finale di
un’operazione scultorea e tridimensionale: in questo modo realtà e spazio di visione
coesiston ambiguamente, l’uno all’altra indissolubilmente legati.
Nel lavoro di Eškinja la manipolazione dell’architettura e delle sue geometrie (in
forma non invasiva né irreversibile: successivamente alla realizzazione dello scatto,
gli ambienti vengono difatti riportati alla situazione iniziale) è l’artificio su cui si
regge il suo metateatro. La finzione artistica diventa così rappresentazione del
corto circuito tra tutte le possibili prospettive. Ecco allora l’autore entrare in
completa simbiosi con il visitatore, protagonista fondamentale dei suoi lavori, e
portarlo a interagire sulla base del gioco che s’instaura tra realtà e finzione, messo
in moto dai naturali processi di percezione.
Come ha dichiarato l’artista stesso: Sono interessato a realizzare una situazione
nella quale lo spettatore trova il suo equilibrio al limite dello spazio, creando una
relazione mentale fra se stesso e il luogo in cui si trova.
In mostra sarà inoltre esposta una nuova installazione di Eškinja, in tre elementi,
realizzati in multistrato di betulla, plexiglass e resina. L’opera è prodotta
specificamente per l’occasione da Biffi Arte.
Inaugurazione sabato 21 aprile
Biffi Arte c/o Palazzo Marazzani Visconti
via Chiapponi, 39 - Piacenza
mart-sab 10,30 - 12,30, dom 16 - 19,30
Ingresso libero