Nella sua ricerca per la costruzione di aeroplani, veicoli e navicelle spaziali, Panamarenko e', fin dagli anni ‘60, affascinato dalle leggi della natura, dai movimenti di insetti ed animali, dagli elementi naturali e dalle fonti di energia. In mostra, alcune piccole opere dalla collezione dello S.M.A.K. e della Comunita' fiamminga del Belgio.
Nella sua ricerca per la costruzione di aeroplani, veicoli e navicelle spaziali, Panamarenko (1940, Anversa) è, fin dagli anni ‘60, affascinato dalle leggi della natura, dai movimenti di insetti ed animali, dagli elementi naturali e dalle fonti di energia.
Con ciò egli sviluppa un linguaggio delle forme, fondandosi sulla scienza, ma assumendo chiaramente una propria posizione personale.
L’artista parte dal presupposto che non ci sia niente di scontato e così egli esamina e pondera tutto nuovamente. Egli stesso è come un creatore-ingegnere che sogna di far muovere l’uomo nello spazio con le sue proprie forze. Dalla scienza egli trae le sue interpretazioni,teorie e creazioni, in cui è centrale l’armonia tra materialità e funzionalità .
All’Academia Belgica sono esposte alcune piccole opere dalla collezione dello S.M.A.K. e della Comunità fiamminga del Belgio. Una delle prime opere, Meikever (1975), prende la natura come punto di partenza ed interpreta l’insetto meccanicamente. I disegni Aluminaut (1970) e Paradox II-schip (1975) dimostrano come Panamarenko attinga elementi dalla scienza e li elabori in maniera estetica.
I disegni sono studi per posteriori macchine volanti e possegono allo stesso tempo notevoli qualità poetiche, il che li pone tra arte e scienza.
Immagine: Panamarenko, Raven's Variable Matrix, 2000 (foto di Cathy Carver)
Academia Belgica
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