Albe parallele. L'artista e poeta ligure e' autore di una singolare e attenta linea di ricerca astratta imperniata sulla luce. In mostra le sue opere pittoriche recenti di grandi e medie dimensioni.
Testo critico di Massimo Giannotta
Michele De Luca porta per la prima volta a Bologna con una personale, la sua “pittura di luce”, presentando nella storica sede di Palazzo Bentivoglio “Albe parallele”.
L’artista e poeta ligure è autore di una singolare e attenta linea di ricerca astratta imperniata sulla luce. De Luca lavora infatti da anni sul binomio luce-ombra con un forte e personale slittamento di lunghezze d’onda giocato attraverso scialbature di colore su supporti diversi come tavole, metalli o tele che, attraverso trasparenze e velature, si rendono quasi immateriali, come fantasmi del tempo o ineffabili luoghi-luce.
“Dagli ultimi anni ottanta De Luca si è affermato, operando a Roma, fra le forze più autentiche della nuova generazione artistica italiana, impegnato in una dimensione propositiva caratterizzata da una straordinaria densità di motivazione esistenziale” (Enrico Crispolti).
Nello spazio di Palazzo Bentivoglio Michele De Luca installa le sue opere recenti e in parte inedite, di grandi e medie dimensioni, in un serrato dialogo di rimandi visivi in cui nuove gamme cromatiche verdi-giallastre affiancano gli oscuri spazi bluastri o violacei che costituiscono il cosmo concettuale ed esistenziale di De Luca e sul quale il pittore “scarica” pulsionali fendenti di ammaliante energia luminosa.
Nel testo che accompagna la mostra lo scrittore Massimo Giannotta definisce De Luca: “Artista della luce primordiale, non della sua mera rappresentazione ma della ricerca di una luce miracolosamente originaria che con lieve ma inflessibile perentorietà segna lo spazio.(…) L’artista interpreta la luce come concetto, come assenza che svela una presenza, come capacità di intravedere una dimensione ‘altra’ che trascende la pittura, ma che possiamo intuire solo attraverso di essa. Luce quindi come illuminazione.” Giannotta analizza inoltre la parallela ricerca di De Luca anche sul campo della poesia, che lo vede come impegnato indagatore di una ricerca letteraria che “si riconnette alle stimmate più autentiche della grande poesia novecentesca, al suo sottile disincanto, alla sua asciutta disperazione” (Stefano Giovanardi).
Michele De Luca è nato a Pitelli (la Spezia) nel 1954. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Firenze ed ha lavorato come scenografo in teatro e cinema. Vive in Liguria e a Roma, dove insegna all’Accademia di Belle Arti. Ha pubblicato poesie su riviste e antologie, edite da Quasar nel libro antologico “Altre realtà”, 2008. Ha esposto in rassegne in gallerie e musei a Roma, Milano, Venezia, Firenze, Napoli, Palermo, Tokyo, Parigi, Londra, Melbourne, Seoul e in Finlandia, Irlanda, Svizzera, Germania, Emirati Arabi Uniti. Fra le personali si ricordano: Università di Siena, 1991; Università di Genova, 1996; Accademia d’Ungheria, Roma, 1997, Galleria Immaginaria, Firenze, 2001; Galleria Giulia, Roma, 2001; Studio Ghiglione, Genova, 2002; Galleria Peccolo, Livorno, 2003; Studio Watts, San Gemini, 2003; SICAF, Seoul International Contermporary Art Fair, Seoul, Corea, 2004; Palazzo Chigi, Galleria Miralli, Viterbo, 2005; Tralevolte, Roma, 2005, CAMEC, Centro d’Arte Moderna e Contemporanea, La Spezia, 2008; Quasar, Roma, 2009; InsightSpaceGallery, Roma, 2010; Chiostro di San Nicola, Anacapri, NA, 2010; Museo Civico Casa Deriu, Bosa, OR, 2010-11; Chiostro della chiesa di San Francesco, Pienza, SI (con installazioni poetiche di Antonella Zagaroli), 2012-13. Contributi critici: Enrico Crispolti, Anna Imponente, Gabriella De Marco, Paolo Campiglio, Guglielmo Gigliotti, Manuela Crescentini, Luca Beatrice, Paolo Balmas, Enzo Cirone, Maurizio Sciaccaluga, Flaminio Gualdoni, Ettore Bonessio di Terzet, Laura Cherubini, Nicola Corradini, Paola Watts, Cesare Sarzini, Stefano Giovanardi, Giorgio Patrizi.
Michele De Luca - Albe parallele
Non è un caso che Michele De Luca presenti a Palazzo Bentivoglio a Bologna, tra le molte iniziative del suo ricco itinerario artistico, un’istallazione dal titolo Albe parallele.
Artista della luce primordiale, non della sua mera rappresentazione ma della ricerca di una luce miracolosamente originaria che con lieve ma inflessibile perentorietà segna lo spazio.
Alcuni critici hanno parlato, riguardo alla luce di De Luca, di un ‘vedere il vedere’ (Gigliotti), mettendo l’accento anche su una sorta di paradossale invedibilità, ovvero sulla natura sfuggente (astratta, direi quasi di pensiero) di essa. Ciò appare convincente se si considera che l’artista interpreta la luce come concetto, come assenza che svela una presenza, come capacità di intravedere una dimensione ‘altra’ che trascende la pittura, ma che possiamo intuire solo attraverso di essa. Luce quindi come illuminazione.
Sulla conflittualità e materialità, o meglio matericità: luce e materia, come osserva Crispolti, in una tensione dialettica tra le fredde inchiodate superfici metalliche e la luce, immaginata desiderata, perfino sognata, in un percorso di astrazione che mostra un forte e fecondo, se pur doloroso conflitto.
C’è da osservare come, nella maggior parte delle suo opere pittoriche di questo ultimo importante filone, la luce appare rifratta, mentre spesso mostrava, in opere precedenti, una preferenza a percorrere vertiginose fughe rettilinee o quasi rettilinee all’infinito. Qui la luce percorre o meglio disegna aspre spezzate, come in una ricerca di spazialità più prossime, che interpretano con minor rigidezza la corsa all’estremo limite, ma che si articolano in fratture più percepibili e apparentemente meno difficili da inseguire.
Quindi anche la luce come riflesso, la luce come ‘riflettere’, da una fuga spaziale a una costruzione meno inafferrabile. Ma pur sempre inafferrabile. Materia dunque più vicina alla scrittura che mal sopporta l’algida astrazione di fughe spaziali, ancorata alla petrosità semantica della parola, assorta nella ricerca del macrocosmo nel microcosmo della lingua, pur proponendo altre fughe.
Albe parallele in una produzione artistica che interessa la pittura come la scrittura nell’ispirazione nel gesto nativo, ma che inevitabilmente si sviluppa lungo strade diverse.
Nella scrittura, i testi poetici di De Luca hanno come tipiche caratteristiche, il nascondimento, l’accumulo e l’attenzione alla musicalità come insostituibile elemento asemantico. Nascondimento, come se l’autore con un’operazione d’accumulo di materiali volesse celare il filo di una riflessione o comunque renderlo meno rintracciabile, o meglio come se volesse riunire diversi fili di pensiero senza intrecciarli, affidandone l’amalgama alla ‘maledetta perifrasi del suono’, che è definita come circonlocuzione del senso, circumnavigata e mai attraversata, quasi come dimensione sostanzialmente proibita.
Dunque, ancora una volta, si nota una tensione dialettica tra grandezze incommensurabili, questa volta tra il semantico e l’asemantico, tra la materialità del significato e l’astrattezza sonora della parola, parallela al contrasto tra le superfici metalliche e l’aspirazione alla luce.
Albe parallele, si dimostra dunque momento significativo, nel registrare l’analisi di queste tensioni, lo studio di questi paradossi, in cui si sviluppa l’originale ricerca di De Luca, anzi, direi di più, la dichiarazione di un momento dialettico, che è insieme negazione, costruzione e conferma. Una specie di cambio di prospettiva, dall’infinto al finito e poi di nuovo, come dopo averne dato una ragione, una spiegazione, all’infinito di nuovo.
Feudo iniquo, 2010, cm. 220 x 170
Inaugurazione venerdì 25 gennaio dalle ore 18
Palazzo Bentivoglio
via Belle Arti 8, Bologna
dal martedì al sabato ore 17- 20 o per appuntamento