Le Veneri Violate. L'artista attraverso il sintomo e la parola cerca di indagare l'orrore e la bellezza, la violenza e la pacificazione, per risolvere il dolore in sostanza segnica.
A cura di Tommaso Evangelista
Qualcuno ha voluto interpretare la presenza degli occhi “vuoti” in molti ritratti di Modigliani come l’impossibilità del pittore di comunicare con le donne da lui incontrate o come il timore di non riuscire a costruire un rapporto d’amore completo. Più semplicemente, probabilmente, l’artista non riusciva a leggere nell’anima, simboleggiata dagli occhi, delle sue donne e suo malgrado lasciava quegli spazi vuoti e senza senso, ma ancor più espressivi perché densi e indagatori.
Un concetto tanto profondo quindi è stato rappresentato materialmente con un’assenza, una mancanza che testimonia la difficoltà di comprendere l’interno e quindi di conoscere. Una insufficienza di analisi che può essere prima un’accusa verso se stessi e poi verso il mondo. Le opere di Di Miceli presentano parimenti delle parti mancanti o celate che ci pongono di fronte al problema della scelta. Nascondere per condannare è un’operazione molto più intensa e mirata che svelare per mostrare, poiché l’assenza, in questo caso di forme (una bocca, un occhio, una porzione di viso), ci rimanda al motivo scatenante che è quello della violenza sulle donne come sintetizzato brillantemente dal titolo “Le veneri violate”. Nella separazione si rinvia alla condanna con lo stile volutamente pop che amplifica la percezione delle immagini, le quali hanno tutta l’evidenza delle rappresentazioni consumistiche legate alla pubblicità.
La comunicazione risulta immediata, le figure leggibili e per nulla ambigue nelle forme, ma il complesso d’insieme ci svela l’errore e la denuncia e pertanto il colpo d’occhio risulta di forte impatto emotivo appunto perché la mostra cerca, attraverso la forza del simbolo, di riscattare la violenza con la pittura. Una sottile sensazione di perturbante rimane come rumore di fondo, mantenendo vigile la nostra attenzione. Molto interessante altresì lo spazio dedicato alla parola e alla letteratura con una illuminante frase di Kafka che ci apre infiniti orizzonti di riflessione: «La nostra arte è un essere abbagliati dalla verità; vera è la luce sul volto che arretra con una smorfia, nient’altro». L’arte viene ricondotta a un’espressione fisionomica, a una smorfia, che ci fa comprendere come il senso sia da ricercare in un’origine dimenticata o un una trascendenza soprasensibile capace poi di sprigionare la forza della verità.
Diceva Goethe «Chi è nell’errore conferma con la violenza ciò che gli manca in verità e forza»: chi è nell’errore, chi compie il male con la brutalità della violazione, è lontano dalla verità e dalla bellezza, e a livello di coscienza forse solo l’artista può rispondergli con la condanna della propria arte. Secondo Baudrillard «la nostra società ha dato vita a una generale estetizzazione: tutte le forme culturali – comprese quelle della contro-cultura – sono soggette a meccanismi di promozione, e tutte le modalità [ad esse connesse] di rappresentazione o non-rappresentazione ne fanno parte». Il post-moderno, quindi, si giova anche della violenza intesa come oggetto mediatico e di consumo trasfigurato in immagine e segno dalla commercializzazione indifferenziata. Ma la violenza trattata dall’arte nel post-moderno non è catarsi o condanna, è semplicemente estetizzazione indifferenziata.
La riflessione di Di Miceli sulle forme di violenza, invece, cerca di superare l’idea dello “spettacolo” al quale sempre più spesso siamo abituati per mostrare, attraverso le assenze (assenza di forme, di colori, di espressioni, di sguardi) e le mancanze, e questo perenne tentativo di cercare il vero, le trasformazioni in immagini di impressioni, letture e vissuto personale nel tentativo di dar senso e luce ad un fenomeno tanto complesso. L’artista attraverso il sintomo e la parola cerca di indagare l’orrore e la bellezza, la violenza e la pacificazione, per risolvere il dolore in sostanza segnica. La complessità della violenza, trasfigurata dall’arte e dalla pittura, ci può allora anche parlare di noi stessi in rapporto col mondo e col prossimo. E questa possibilità che l’artista ci offre in mostra è forse il pregio più significativo della sua intuizione artistica.
Tommaso Evangelista
Inaugurazione: sabato 27 luglio 2013 ore 22.00
Officina Solare Gallery
via Marconi, 2 Termoli (CB)
Ingresso libero