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Gianni Caravaggio
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15/9/2013

Gianni Caravaggio

Kaufmann Repetto, Milano

Cinque proposizioni per un mondo nuovo. "Iniziare un tempo. Il tempo dell'apparizione di una figura contraddistingue e separa cio' che c'era prima del suo svelarsi".


comunicato stampa

Ogni opera d’arte nella sua essenza (quando ne ha una) è una proposizione per un mondo nuovo. Questa proposizione è sostanzialmente l’atto artistico che essa dona all ’osservatore. In realtà, quell’atto appartiene già all’osservatore. Come se, nel momento di tale dono, l’osservatore si ricordasse, inconsapevolmente, di esso. In questo caso l’osservatore non fruisce l’opera nel senso comune, non la legge, non la consuma, ma compie un atto demiurgico nell’iniziarla.

“L’immagine è quella che si lascia iniziare, tutto il resto è perso per la nostra immaginazione”, così sosteneva Jean Baudrillard nelle sue ultime lezioni, superando la propria visione apocalittica del mondo me diatico e mediale postmoderno. L’esperienza fisica e l’evocazione immaginativa sono il principio dell’immagine, intesa come iniziazione immaginativa. Ho definito come atto demiurgico tale iniziazione immaginativa, e con questo intendo un’immagine essenzia lmente performativa. Quello che potrebbe sembrare strano è che tale immagine predisponga a un senso morale. Questo “Iniziare” si presenta con una concretezza schiacciante ed inequivocabile, a tal punto da indurmi a intenderlo come “verità”. La questione d ella “verità” porta con sé un valore morale, di responsabilità: è l’inizio di una morale immanente. Ed è l’immagine inaugurale che porta con la sua verità un senso morale. Le cinque proposizioni per un mondo nuovo (che alludono, con gratitudine, alle Lez ioni americane di Italo Calvino) cristallizzano ognuna in un modo differente un’immagine che si lascia iniziare ed è proprio questo “lasciarsi iniziare” ciò che distingue il mondo nuovo da quello vecchio. Sotto la superficie, la verità della concretezza . Per andare sotto la superficie è necessario tanto il gesto dirompente (della visione, del pensiero) che va in profondità, quanto la superficie o il superficiale che vela tale profondità. All'interno di questo paradosso tra superficie/apparenza e profondità /concretezza s’istaura la nuda esperienza. Tale dicotomia costituisce un atto poetico. Presi separatamente, l’una, la superficie, diventa una chimera e l’altra, la concretezza, si riduce a un mero gusto estetico. Di contro, la sintesi di questi due poli ci indica che profanare la percezione mediatica dà inizio all’esperienza. Ed eccolo: un cuneo di marmo bardiglio nuvolato che strappa una stampa a getto d’inchiostro di un cielo che ho fotografato qualche tempo fa attraversando le alpi. Alpha e Omega .

Libe rando la questione del lavoro dall’essere un atto puramente funzionale, esso diviene un simbolo concreto del tempo. Il tempo dell’inizio e il tempo della fine si presentano come un’unica entità, ma scissa dal divenire. Il divenire è il lavoro compiuto e ch e fa della stessa entità due corpi diversi, con due sensibilità diverse, due luci diverse. Il taglio grezzo di un pezzo di faggio evaporato per definire la forma triangolare della A di Alpha, e il gesto di aver “cartavetrato" e lucidato la superficie tonda del cilindro dello stesso faggio evaporato che forma la O di Omega, incarnano inizio e fine. Alpha e Omega sono distinti e al contempo legati dal percorso che impreziosisce – il lavoro. Piegarsi per il proprio peso . Stupirsi delle cose non solo per i l oro effetti ma sentirli fisicamente significa costituirsi come loro cause e investirsi di una vera responsabilità. Sentire il piegarsi di un foglio di carta come se fosse il proprio corpo non è solo indicare un effetto ma anche inaugurare una causa, un att o artistico, anzi in questo caso, un “salto artistico” come causa del piegarsi del foglio. E’ il corpo slanciato dell’artista, incarnato da un disegno a graffite, che grava sul foglio, creando così la forza gravitazionale. Tale sintesi immaginativa tra cau sa ed effetto diventa un’allegoria concreta dell’atto artistico e al contempo, per dirla con Kierkegaard, “un salto che supera l’incertezza”. Il mistero nascosto da una nuvola . L’essere velato ha sempre contraddistinto il mistero, ovvero qualcosa che viv e nella parte abissale della nostra immaginazione, così da non essere mai completamente compresa. La visione del mistero si manifesta incomprensibilmente aperta e, per questo, continuamente vitale. Dall’altro canto è proprio nell’atto di velarsi, come si v ela una torta al cioccolato con lo zucchero a velo, che il mistero s’incarna e si manifesta. Si manifesta sempre concretamente, come un paesaggio in cui la punta di una montagna affonda in una nuvola, o in un viso nascosto da un velo. La natura ama nascond ersi ri velarsi appunto ed è proprio nel nascondersi che si manifesta come immagine un paradosso logico, ma in questo manifestarsi ho la sensazione che la natura ci chieda non comprensione ma accoglienza, una rilassatezza in cui ci lasciamo iniziare da ciò che appare come mistero.

Iniziare un tempo. Il tempo dell’apparizione di una figura contraddistingue e separa ciò che c’era prima del suo svelarsi. Apparendo, la figura inizia un tempo proprio, come la stella cometa ha dato inizio al tempo occiden tale. Il mio lavoro Cause (2004) è l'origine di questo lavoro, in cui ora ho mantenuto i canali della fusione e parte della terra che copriva la fusione stessa, abbastanza perché una figura si sveli e si enunci. Mi è sembrato strano il modo in cui tale ico na, radicata nella nostra memoria, si solidificasse nella materia come da un nostro abisso inconscio. Mentre il mistero si vela e sfugge ad una presa stretta, guardandoci sempre dalla distanza del nostro abisso inconscio, la figura, svelandosi, ogni volta si dà un volto deciso. Questo volto deciso dall'essere fuori dal tempo, dall'eternità, dal nostro abisso, entra nel nostro spazio familiare e inizia un tempo nuovo, proprio come fanno le comete.

Alla fine, in cosa consiste questa morale? Lo saprai quan do nascerà in te, com’è nata in me.

Gianni Caravaggio, giugno 2013

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