Luciano Fabro
David Maljkovic
Giacinto di Pietrantonio
Silvia Fabro
Alessandro Rabottini
Andrea Viliani
"Disegno In-Opera" accoglie un ricco nucleo di disegni di Fabro: 100 fogli realizzati in piu' di 40 anni preliminari alla realizzazione di opere o intesi come pratica che conduce all'idea. David Maljkovic nei collages di "Sources in the Air" indaga l'eredita' culturale, sociale e politica croata attraverso il confronto tra passato, presente e futuro, interpretati come dimensioni ipotetiche e interconnesse della realta'.
David Maljkovic: Sources in the Air
A cura di Alessandro Rabottini e Andrea Viliani
Una collaborazione tra
Van Abbemuseum, Eindhoven
BALTIC Centre for Contemporary Art, Gateshead
GAMeC - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Bergamo
La GAMeC - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo presenta la prima mostra personale dedicata al lavoro dell’artista croato David Maljkovic in un’istituzione pubblica italiana.
La mostra alla GAMeC - a cura di Alessandro Rabottini e di Andrea Viliani (invitato nel 2012 in qualità di co-curatore ospite) è la terza e ultima tappa di un progetto che ha visto la collaborazione tra la GAMeC e altre due importanti istituzioni internazionali: il Van Abbemuseum di Eindhoven (Paesi Bassi) - dove Sources in the Air è stata presentata nell’autunno 2012 - e il BALTIC Centre for Contemporary Art di Gateshead (Gran Bretagna) - che l’ha ospitata nella primavera 2013.
Sources in the Air raccoglie un’ampia selezione di opere realizzate nel corso dell’ultimo decennio e, di volta in volta, interagisce con le condizioni specifiche dello spazio espositivo, mutando radicalmente assetto e selezione delle opere, in un dialogo sempre diverso tra opere esistenti, nuove produzioni site-specific e architettura di ciascun museo.
David Maljkovic si è affermato negli ultimi anni come uno degli artisti di maggior rilievo del panorama internazionale grazie a un corpus di opere con cui egli indaga l’eredità culturale, sociale e politica del suo Paese attraverso il confronto continuo tra passato, presente e futuro, interpretati come dimensioni ipotetiche e interconnesse della realtà.
Una materia che Maljkovic riordina liberamente per mettere in luce la tensione tra le utopie avanguardistiche della Jugoslavia di Tito e le potenzialità di rinnovamento disattese dalla recente storia nazionale, sospesa tra un’identità collettiva “di Stato” e un futuro dalla memoria culturale incerta.
Per quanto tali radici culturali costituiscano il cuore della ricerca di Maljkovic, la pratica dell’artista si distingue per la libertà del linguaggio con cui egli conduce una riflessione dal carattere universale sui meccanismi della memoria collettiva, e per l’attenzione scrupolosa alle strategie e ai meccanismi espositivi.
Accanto a lavori come Monochromes (2013), Lost Pavillion (2008) e la serie Temporary Projections (2011), la vocazione retrospettiva della personale alla GAMeC è affidata a una serie di collage fotografici che l’artista ha creato per la mostra a Bergamo, nella quale immagini di lavori realizzati da Maljkovic nel corso della sua carriera sono sovrapposte, quasi condensate, per costruire una mappatura visiva e concettuale della sua pratica artistica. In questo modo l’idea di “mostra itinerante” viene rielaborata criticamente. Le opere non sono semplicemente trasportate da un luogo all’altro: diventano invece dispositivi capaci di reagire sia allo spazio che al tempo.
La capacità dell’artista di riflettere sui meccanismi della visione, della riproduzione e della trasmissione delle immagini sovverte il concetto stesso di “retrospettiva”, ovvero la sua supposta rigidità e immodificabilità.
Il tema della rimozione collettiva - spesso presente nella produzione di Maljkovic, che comprende video, fotografie e installazioni - è sviluppato nella serie Temporary Projections e nel lavoro Monochromes, in cui gli strumenti atti alla registrazione, alla riproduzione e alla conservazione della memoria - come proiettori di film e diapositive, apparecchiature fotografiche e cancelleria da archivio - sono presentati come strumenti muti, spesso utilizzati “contro se stessi” e in contraddizione con la loro funzione.
In occasione della mostra alla GAMeC, David Maljkovic ha concepito un’installazione per la presentazione di queste opere che, dominando le stanze dello Spazio Zero, ne modifica la percezione: un palcoscenico e una serie di strutture costituiranno la scenografia attraverso la quale i visitatori possono interpretare il percorso retrospettivo della mostra, intesa come una vera e propria messa in scena.
Display for Massimo Minini è uno dei più recenti lavori realizzati dell’artista: mai esposta in Italia, l’opera presenta un carattere di riflessione retrospettiva attraverso l’allestimento di tutti gli inviti prodotti in quarant’anni di attività dalla Galleria Massimo Minini di Brescia, che attualmente rappresenta l’artista in Italia. In questo modo Maljkovic non rende soltanto omaggio a un protagonista estremamente significativo della storia dell’arte contemporanea in Italia, ma crea un cortocircuito tra la storia passata di una galleria privata e il presente della sua mostra personale al museo, tra lo spazio pubblico dell’istituzione e lo spazio privato della galleria, tra la memoria individuale e la sua trasmissione nella sfera sociale.
Un catalogo - pubblicato da JRP I Ringier e prodotto da Van Abbemuseum, BALTIC e GAMeC - accompagna e documenta il progetto Sources in the Air.
La pubblicazione, edita da Nick Aikens (Van Abbemuseum), include la documentazione delle opere realizzate da David Maljkovic negli ultimi dieci anni e costituisce la monografia più completa sulla pratica dell’artista mai realizzata finora. Contiene un testo di Anselm Franke e contributi critici di Charles Esche, Annie Fletcher, Alessandro Rabottini, Andrea Viliani e Alessandro Vincentelli.
La mostra è parte di una serie in onore di Arturo Toffetti.
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Luciano Fabro. Disegno In-Opera
A cura di Giacinto di Pietrantonio
In collaborazione con Silvia Fabro
Dal 4 ottobre 2013 al 6 gennaio 2014 la GAMeC - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo è lieta di ospitare la mostra Luciano Fabro. Disegno In-Opera, che intende restituire la varietà della produzione di disegni di Luciano Fabro.
Realizzata in collaborazione con il Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno, che la ospiterà dal 15 febbraio al 13 aprile 2014, l’esposizione accoglie per la prima volta in Italia un ricco nucleo di disegni dell’artista, tra i massimi esponenti del movimento Arte Povera: lavori che godono di un’autonomia e di un grado di libertà particolari anche rispetto la stessa disciplina e che si confermano parte integrante e irrinunciabile del corpus dell’opera di Fabro.
La mostra rappresenta infatti un’occasione inedita per scoprire un aspetto poco noto del lavoro di un artista fondamentale per la storia dell’arte e della cultura a cavallo tra fine Novecento e inizio millennio.
Il percorso espositivo accoglie oltre 100 disegni che, come suggerisce il titolo della mostra, presentano tipologie e funzioni differenti: essi, infatti, non sono strettamente “progettuali, ovvero preliminari alla realizzazione di opere, bensì disegni intesi come pratica alla base del processo creativo che conduce alla genesi di un’idea o come mezzo per trasmettere messaggi; disegni in cui è esplicito il riferimento alla scultura e disegni come campo di indagine e di sperimentazione. E ancora disegni come forme - aperture, buchi e fori - grazie alle quali Fabro indaga e attraversa lo spazio aperto da Lucio Fontana, che in quegli anni era punto di riferimento per gran parte dei giovani artisti.
Lavori realizzati in più di quarant’anni che presentano segni autonomi, esercizi di segni che Fabro realizzava e regalava ad amici e parenti. E infatti è proprio la generosità di Fabro a fornire una delle chiavi di lettura dei disegni in mostra, che in alcuni casi appartengono a privati che li hanno ricevuti in dono dall’artista - come Cantare cantando (1994) e Concetto Spaziale (Descrizione) (1967), che riporta sul retro “buon ‘68. Luciano”: un dono augurale per l’anno nuovo. Sono opere che parlano di rapporti umani, di amicizia, di etica, di noi e dell’altro, perché - come afferma Giacinto Di Pietrantonio nel catalogo della mostra - ‘in Fabro anche il privato appartiene alla sfera pubblica’.
Disegnare è, per Fabro, un termine che spazia dalla parola all’immagine, al pensiero; è l’iconografia e il percorso che egli traccia sempre nel suo operare. Molti dei disegni in mostra sono eseguiti su supporti eterogenei (dai cartoncini delle schede di catalogazione utilizzate in biblioteca ai fogli di carta millimetrata; dalla carta Fabriano alla carta paglia) e realizzati con tecniche e materiali diversi: disegni di solo testo, a sfondo etico, con frasi riportate in poesia accompagnate da una dedica o da poesie-filastrocca; disegni-collage come Autoritratto (1967), realizzato su carta caratterizzata da una fitta griglia al cui centro Fabro ha incollato una piccolissima foto del suo volto. Un viso per tre quarti in luce e per un quarto in ombra che ci guarda, un volto il cui occhio sinistro ci scruta, un’iconografia interrogante.
Disegni che richiamano anche un certo cinetismo senza però presentare le caratteristiche di rapporto geometrico-matematico tipiche dell’Arte Programmata; disegni composti sia da pieni sia da vuoti, da peso e da leggerezza, da positivo e da negativo, da spazio e da non spazio, e, perciò, ambivalenti.
Nella ricerca di Fabro la dimensione ambientale riveste un’importanza fondamentale: lo spazio è infatti concepito come campo d’azione vivo, fatto di relazioni e necessarie conseguenze tra gli elementi presenti. Per questo, accanto ai disegni, sarà presente in mostra una selezione di grandi opere - tra cui sculture e habitat - che dialogano con lo spazio, investigando l’ambiente e intervenendo sulla percezione. Opere come Struttura ortogonale (1964), costituita da una griglia tubolare in ottone in cui le barre trasversali sono tagliate a metà al centro, o Passi. I miei passi hanno bucato il cielo. I miei passi hanno bucato la terra. Io sono zoppo (1994), uno striscione di 12 metri che riporta il titolo dell’opera in ideogrammi giapponesi, definito dall’artista ‘[…] un ritratto delle ambizioni dell’uomo contemporaneo e dei suoi risultati. In qualsiasi direzione abbia avanzato ha fatto delle buche, ha “toppato”, il suo avanzare civile è molto zoppicante. […]’
E ancora Svizzera Portafogli (2007) e i lavori della serie Computer che - seppur realizzati con materiali pesanti (ferro, acciaio, montanti per scaffalature metalliche, catene di ottone e alluminio) - trasmettono un forte senso di leggerezza. Sospensione e movimento sono infatti temi centrali per Fabro, che ritroviamo anche nei suoi disegni: dai punti d’incrocio delle griglie di Habitat 1962, infatti, dipartono altrettanti peduncoli di ottone che richiamano i disegni Dindolo, dondolo (1995) presenti in mostra, nei quali l’artista intende porre in relazione la linea retta e la linea curva con il suo sviluppo nello spazio alla ricerca di un segno che vi fluttui.
Il catalogo della mostra - edito da Silvana Editoriale - include testi critici di curatori, storici dell’arte e artisti che hanno avuto la fortuna di conoscere e lavorare con Luciano Fabro e le quattro lezioni sul disegno che l’artista tenne durante gli anni di insegnamento presso l’Accademia di Brera, che forniscono una chiave di lettura preziosa dei disegni e della sua opera in generale.
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Immagine: Luciano Fabro
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Inaugurazione: 3 ottobre 2013, ore 18:30
GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo
Via San Tomaso, 53 – Bergamo
Orario di apertura
martedì – domenica: 10.00-19.00
giovedì: 10.00-22.00
lunedì chiuso
Biglietti: intero 5, ridotto 4, Il biglietto consente di visitare tutte le mostre in corso