Embryo. Linee ed espressioni che derivano dalle percezioni dell'artista, che non esita, non si strugge su analitici studi, ma esprime un'interiorita' che tenta di evadere dal corpo.
Binomi imprescindibili, rincorrono e lottano nell’arte di Sergio Angeli. Pensiero e anima, corpus et animam, vita e morte, bianco e nero. Le stesse opere di Sergio si legano indissolubili a parole, che compongono versi e poesie che tentano di dar voce alle linee e ai colori. Parole lente e profonde, recitate ad occhi chiusi, gli stessi occhi che vedono apparire davanti a loro figure spettrali e sospese, in neri abissali o bianchi onirici.
Linee ed espressioni che derivano direttamente dalle percezioni dell’artista, che non esita, non si strugge su analitici studi, ma esprime un’interiorità che tenta di evadere da un corpo - forma - forse troppo stretto. Tentare l’evasione, implica una lotta, che in realtà si rivela interminabile, poiché in quei binomi entrambe gli elementi esistono e, coesistono, l’uno in presenza dell’altro.
Qui, la vita è mera parvenza, dove l’individuo viene spogliato da se stesso per vestire l’abito spento della massa. La tecnologia, il progresso ha le sembianze di una titanica creatura dalle grandi fauci che risucchia l’essere, l’essenza nel baratro del suo stomaco.
L’artista tenta allora di fuggire dal triste destino, dal mero apparire, per tentare di sopraelevarsi e guardare ciò che palpita al di sotto di questi cupi corpi. Ardua è la ricerca dell’essenza, della verità dell’essere, complesso è cercare di possedere se stessi appieno. Con meticolosità, l’artista prosegue la sua ricerca, nel buio tenta di permanere. L’analisi lo conduce ad una conoscenza più profonda.
Le visioni interiori materializzano figure dalle sembianze umane, spettri dell’intimità che fluide si espandono, cadono a pezzi e palpitando si ricompongono. Creature grigiastre e vibranti, all’interno delle quali si muovono come fiamme anime rosse, che si svincolano dalle linee, dalle membra, ma a cui rimangono immancabilmente legate. Talune si inginocchiano, chiudendosi nell’urlo straziante, poggiando sulla sottile linea che divide il bianco dal nero, il bene dal male, la conoscenza dall’abisso dell’enigma.
Altre aleggiano come bagliori malsani, tra la luce e l’oscurità, in cerca di redenzione e riscatto. Lotta onnipresente, di sopravvivenza in una vita ingannatrice, dove ormai l’uomo ha perso la propria individualità, e finge di essere nei sordi frastuoni meccanici. Visioni inquiete le sue, frutto di ferite che non si cicatrizzano ma pulsano sotto la pelle, sotto il colore, è un martirio il suo. Vivere e sopravvivere nell’abisso, che tanto è profondo, quanto rassicurante.
Di Chiara Mastroianni
Inaugurazione 12 settembre ore 19
makemake
via del Boschetto, 121 Roma
lun-sab 16-21
ingresso libero