Lemay propone una selezione di opere multidisciplinari ed installazioni di grande formato che indagano il concetto di dialogo. Giuseppe Ducrot espone modelli di sculture in resina, bozzetti in ceramica e terracotte invetriate dalle forme neobarocche.
Eugene Lemay
Dimensions of dialogue
a cura di Micol Di Veroli
Dal 20 febbraio al 10 maggio 2015 il MACRO Testaccio, in collaborazione con il Mana Contemporary di Jersey City, presenta Dimensions of dialogue, la prima mostra in un’istituzione museale italiana di EUGENE LEMAY.
L’evento, promosso da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura e Turismo – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e realizzato con il patrocinio dell’Ambasciata d’Israele in Italia – Ufficio Culturale e della Fondazione Italia-Israele per la Cultura e le Arti, segna l’inizio di una collaborazione tra MANA Contemporary e MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma, con l’intento di instaurare un proficuo scambio culturale ed attivare una piattaforma di confronto tra diverse realtà creative.
La mostra espone una selezione di opere multidisciplinari e di installazioni di grande formato che indagano il concetto di dialogo, concetto che Lemay ripropone in una dimensione nuova.
La sua esperienza all’interno dell’esercito israeliano lo ha avvicinato alla paura, alla morte, al buio, condizioni estreme che riemergono all’interno delle sue gigantesche opere che sembrano enormi carte geografiche della psiche, composte da frammenti linguistico-visivi. Gli elementi presenti in ogni opera sono stati prelevati dal loro contesto originale per essere inseriti in una nuova dimensione spaziale, dove danno vita a nuove realtà tematiche e formali, rotture temporali e molteplici significati. Tale realtà relazionale utilizza l’opera d’arte come centro ideale di due interlocutori, una sorta di tramite che amplifica ogni forma di comunicazione. Grazie a questo delicato sistema, il verbo muta in una materia da disintegrare e ricomporre, un simbolo del linguaggio che diviene sostanza di tutte le cose. Ogni opera si compone infatti di una fitta trama di sentimenti e sensazioni che l’artista estrae dal suo vissuto personale per poi consegnare al fruitore, il quale a sua volta è libero di architettare un nuovo pensiero ed una nuova forma di comunicazione.
Se i tempi odierni hanno creato una sorta di globalizzazione delle identità e del linguaggio, alimentando così una forma di comunicazione prettamente retorica e priva di emozioni, le opere di Eugene Lemay riescono a ricostituire e rafforzare un’immagine totale di dialogo, relazionandosi con la sfera spirituale, con l’uomo e con ciò che lo circonda. In questa perfetta dimensione possiamo riscoprire immagini e forme perfette, senza inizio né fine, simboli e segni del dialogo capaci di estendersi su un percorso circolare, approdando ad uno scambio reale che non si conclude con la produzione dell’opera, ma prosegue verso l’attivazione della stessa tramite la presenza essenziale dello spettatore.
Eugene Lemay è celebre per le sue serie Strata, Letters e Navigator opere di grande formato che esplorano le radici del linguaggio. Nel 2013 è stato segnalato all’interno della Power 100 list del prestigioso magazine Art & Auction. Nel corso della sua carriera ha esposto alla 51ma Biennale di Venezia ed ha tenuto mostre personali alla Mike Weiss Gallery di Chelsea, alla Total Arts Gallery di Dubai ed alla Galeria De Art di Buenos Aires; ha inoltre partecipato a mostre collettive alla Art Affairs Gallery di Amsterdam ed in altre importanti istituzioni internazionali.
Mana Contemporary è stato inaugurato nel 2011 a Jersey City ed è una delle più grandi e innovative piattaforme per l’arte contemporanea degli Stati Uniti. Il Mana Contemporary fornisce infatti spazi e programmi per artisti, collezionisti, curatori, performers, studenti e per l’intera comunità. Il tutto all’interno di una singola location che si estende come un grande alveare all’interno del quale si sviluppa un continuo scambio di idee ed energie tra artisti e addetti ai lavori del mondo dell’arte contemporanea internazionale. Nel corso degli anni lo spazio ha ospitato mostre curate da grandi nomi dell’artworld mondiale come Jeffrey Deitch, oltre che opere di figure chiave del contemporaneo come Ai Weiwei, Nobuyoshi Araki, Jeff Koons, David Salle, Keith Haring, Rita Ackermann, Francesco Clemente e Julian Schnabel.
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Giuseppe Ducrot scultore
a cura di Achille Bonito Oliva
Il 19 febbraio si inaugura negli spazi espositivi di MACRO Testaccio la grande mostra di Giuseppe Ducrot, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura e Turismo - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e curata da Achille Bonito Oliva. Una straordinaria galleria di sculture, dai grandi modelli in resina ai bozzetti in ceramica, dalle straordinarie invenzioni in terracotta invetriata alle scenografiche forme neobarocche, che si snoda in un percorso di inattese contaminazioni tematiche e materiche.
La mostra, aperta al pubblico dal 20 febbraio al 10 maggio 2015, riflette la libertà compositiva di Giuseppe Ducrot, derivata da una combinazione e contaminazione di stili e di riferimenti all’antico, riletti con una sensibilità moderna, un binomio scaturito da una riflessione concettuale approfondita su di una estetica dello scolpire, condotta in solitaria autonomia. Una tenace manualità che rappresenta l’anello di congiunzione fra antico e contemporaneo, raggiunta con una raffinatissima tecnica della lavorazione dei materiali.
Alla dissoluzione della scultura, condannata come “lingua morta” già da Arturo Martini, Ducrot contrappone una centralità di un tempo etico proprio dell’artista, nel quale convivono ideazione, gestazione e realizzazione del manufatto, lontano sideralmente dalla smaterializzazione dell’arte contemporanea, dal primato dell’idea sulla materia. Scrive, al riguardo, Bonito Oliva: “E' così che nella materia stessa della sua opera, che sia marmo o oro, terracotta o bronzo risuona l'interrogante elaborarsi della forma. Un corpo a corpo sensibile, ma non emotivo, perché ordito da un vigile sistema combinatorio, virtù del compimento e passione del dettaglio.”
Il suo instancabile procedere sulle traiettorie parallele della citazione e dell’invenzione, della costruzione e della dissoluzione della forma, viene presentato negli spazi di MACRO Testaccio, in un percorso espositivo articolato in quattro sezioni - Genius loci, Committenza, Materia, Vanitas - dedicate al processo creativo dello scultore romano.
Il genius loci si concretizza nel rapporto indissolubile che Ducrot ha maturato negli anni con la Città Eterna, la committenza pubblica ha rivestito un ruolo fondamentale nella produzione artistica dello scultore. Le opere realizzate per S. Maria degli Angeli, la Basilica di San Pietro, la cattedrale di Noto, tutte documentate nei vari modelli e bozzetti presentati in mostra, testimoniano un legame indissolubile con l’arte sacra, in un continuo reinventare forme e canoni scultorei che, pur guardando al classico, si contraddistinguono per una modernissima autonomia compositiva.
Mentre la materia costituisce una solidissima cartina di tornasole dell’abilità dimostrata negli anni da Ducrot di lavorare sulle gerarchie dei volumi, sui rapporti di pieno e di vuoto, sui raccordi e le soluzioni formali tra massa e superficie. Scolpisce il marmo, modella l’argilla e la ceramica invetriata, mentre con la tecnica della fusione a cera persa esegue nel corso degli anni bronzi di straordinaria fattura.
Infine, il tema della vanitas, posta al centro della riflessione condotta da Ducrot sulla caducità della materia e sulla finitudine dell’esistenza, viene incarnata dalla serie di teschi, presentati in mostra, che rimandano al continuo rifarsi di Ducrot alla grande arte barocca del passato, ridando vita ad una riflessione sul senso del limite, arricchita dalle inquietudini dell’uomo contemporaneo.
Il catalogo, edito da Quodlibet e curato da Achille Bonito Oliva e Benedetta Carpi de Resmini, contiene, oltre al saggio di Achille Bonito Oliva, testi di Sandro Barbagallo, Michele Brescia, Patrizia Cavalli e Niccolò Ammaniti e un ricco dossier di immagini contenente le opere esposte, corredato da una esaustiva bio-bibliografia dell’artista.
In mostra sarà proiettato un corto documentario di Chiara Nano (durata: 26'05”), dal titolo "L'Ultima Nicchia”, dedicato alle fasi di lavorazione del S. Annibale Maria di Francia, statua monumentale in marmo di Carrara collocata in una nicchia esterna della Basilica di San Pietro in Vaticano, la cui lavorazione ha richiesto 4 anni, tra Roma e Pietrasanta.
Immagine: Giuseppe Ducrot, Vanitas, 2013
Ufficio Stampa Zètema Progetto Cultura
Patrizia Morici +39 06 82077371; p.morici@zetema.it
Chiara Sanginiti +39 06 82077386; c.sanginiti@zetema.it
Inaugurazione 19 febbraio ore 18
MACRO Testaccio
piazza Orazio Giustiniani 4, Roma
Orario: da martedì a domenica, ore 16.00-22.00 (la biglietteria chiude 30 minuti prima)
intero: 8,50 €, residenti 7,50 €.
ridotto: 7,50 €, residenti 6,50 €