Hanna Bodner
Katya Etush
Roberta Gorni
Anastasia Kaplina
Usama Al Kindi
Roman Mokrov
Daria Neretina
Masha Obukhova
Daria Polyakova
Simona Da Pozzo
Alessandro Quaranta
Tima Radya
Yasmin Sharabi
Frances Stafford
Rostan Tavasiev
Carlo Alberto Treccani
Olga Zaharjeva
Marina Loshchakova
Roots, borders, memories. Gli artisti raccontano le loro case, le abbandonano, entrano in casa d'altri o cercano di rendere familiare lo spazio pubblico.
a cura di Marina Loshchakova
La mostra "AT HOME. Roots, borders, memories", dopo una prima tappa al Metriquadri
di Venezia (18 marzo), approda al luogo per cui è stata pensata: Vegapunk.
Eccoci dunque arrivati all'ultima mostra dei questa stagione "Artist Hosting
Artists", che sarà visibile, come al solito, solo per una serata: il 25 marzo 2015.
Affidiamo questo settimo appuntamento alle mani di una giovane curatrice russa:
Marina Loshchakova fresca dell'esperienza di CAMPO, il corso per curatori della
Sandretto Re Baudengo di Torino.
Che cosa significa “sentirsi a casa”? Il sociologo Paolo Jedlowski, nel testo “Il
racconto come dimora. ‘Heimat’ e le memorie d'Europa”, analizza due concetti: quello
di Heimweh, ossia la nostalgia di casa e quello di Fernweh, nostalgia dell’Altrove.
Parole che, nel loro rapporto dialettico, rappresentano una prima chiave di lettura
della mostra At home. Borders, roots memories.
Scrive infatti Jedlowski: “Per
arrivare a casa bisogna prima essere altrove”. Anche a noi capita più facilmente di
interrogarci sul concetto di casa e di spazio familiare proprio quando ne siamo
lontani, nel momento in cui ci sentiamo privi di qualcosa di così rassicurante e
conosciuto. La casa è l’immagine di uno spazio privato, caldo e fatto di ricordi,
dove esistono percorsi definiti, abitudini e leggi non scritte. Ci si sente a casa
quando, nell’aprire la porta dopo un lungo viaggio, ci si riconosce nei profumi e
nei suoni percepiti. La casa è il ritratto di ciò che siamo, un microcosmo di cui
conosciamo equilibri e coordinate. Il filosofo ed etimologo Gaston Bachelard, nella
sua Poetica dello spazio, parla della casa in termini di spazio della felicità, di
un luogo protetto, amato e vissuto, di topofilìa (dal greco filìa “amore, affinità”
e topos, “luogo”, inteso come spazio caratterizzato da precise proprietà
qualitative).
In questa mostra artisti internazionali contemporanei raccontano le loro case, le
abbandonano, entrano in casa d’altri o cercano di rendere familiare lo spazio
pubblico. L’esposizione non si sviluppa secondo un percorso prestabilito, ma propone
dei nuclei tematici sviluppati dagli artisti. La memoria, la famiglia e la
dimensione del quotidiano, le radici e i confini che determinano il noto e l’ignoto,
nonché il viaggio, sono luoghi della mente fondamentali per comprendere il concetto
di casa e la difficoltà nel definirne i limiti. La memoria della casa è quella della
famiglia che ci ha vissuto per generazioni. Gli artisti Rostan Tavasiev e Masha
Obukhova nelle opere passano la parola alle loro nonne, portatrici di un sapere
sedimentato e condiviso nel tempo. Carlo Alberto Treccani comprime e sintetizza la
storia fotografica della sua famiglia in un cubo di cinque centimetri, con un
tentativo di comprenderla nella sua totalità. Olga Zakharjeva, aprendo dopo tanto
tempo la porta della soffitta, attraverso gli oggetti che trova, ricostruisce la
propria storia nei ricordi di un’altra epoca, quella della Russia sovietica.
Quanto la casa, e il senso di appartenenza, sono legati ad una specifica
collocazione geografica? Forse non è che una percezione, un’idea che non ha in
realtà pareti e confini da rispettare. Simona da Pozzo e Tima Radya portano con loro
la sensazione di trovarsi a casa attraversando i confini dello spazio domestico e
aprendosi al mondo. Yasmin Sharabi attraversa le frontiere di Stati diversi per
trovare una nuova casa, “occupando” un nuovo territorio e incontrandosi con un
Altrove con cui familiarizzare. Le artiste Katya Etush, Frances Staford e Anastasia
Kaplina svolgono una ricerca sulla routine, sulle abitudini e gli oggetti che
definiscono lo spazio domestico. La quotidianità viene indagata nelle sue sfumature di senso e ogni opera racconta delle personalissime microstorie.
La tematica dell’ospitalità e della tradizione viene affrontata da Alessandro
Quaranta, Usama Al Kindi e Hanna Brittney. Il semplice gesto di offrire un caffè o
di presentarsi abbigliati in un certo modo diventa lo specchio dell’inclinazione
mentale ed affettiva con cui accogliamo nel luogo-casa la persona che ci troviamo di
fronte. L’idea della casa si sperimenta coinvolgendo tutti i sensi. Daria Polyakova
evidenzia quanto i suoni e rumori influenzano la nostra percezione dello spazio che
abitiamo. La casa viene vissuta attraverso il profumo della ricetta della torta
preferita, come nel caso dell’opera di Roberta Gorni, o il ricordo del sapore di una
pietanza caratteristica del proprio paese (Darya Naretina). Com’è la casa dove
viviamo oggi? La sempre più consistente condivisione di spazi ed esperienze
ridefinisce costantemente la nostra percezione del familiare. Ai nostri giorni le
nuove dinamiche di sharing, come il couchsurfing e airbnb, entrano nell’esperienza
quotidiana, e la rapidità con cui le nostre esistenze vengono modificate e si
evolvono ci porta altrettanto velocemente a cercare persone, luoghi ed oggetti che
ci facciano sentire in famiglia, a casa.
Mercoledì 25 marzo dalle 18 alle 21:30
Vegapunk
Via L. Palazzi 9 - Milano
ingresso libero