Galleria Wunderkammer
Torino
Via Bava, 6/F
339 3651849
WEB
Mario Russo
dal 12/4/2004 al 30/4/2004

Segnalato da

Elisabetta Tolosano



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Maro Russo



 
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12/4/2004

Mario Russo

Galleria Wunderkammer, Torino

Movimento, energia, dinamismo, vitalismo cosmico, rapporto tra esistenza e nulla, tra vita e morte sono temi su cui l'artista ha sempre riflettuto. L'artista afferma che nella sua carriera ha 'cercato di scavare fino all'impossibile, di andare all'origine, ai primordi'. (Elisabetta Tolosano).


comunicato stampa

Arte come Arte

Mario Russo è stato allievo di Felice Casorati all’Accademia Albertina di Torino. Non è mai stato, però, un epigono del grande maestro che tanto ha inciso nella cultura figurativa torinese tra le due guerre. Quando Mario Russo intraprende la sua carriera artistica non s’ispira al severo controllo classicistico della forma casoratinia. Predilige, invece, le innovazioni spazialistiche di Lucio Fontana di cui diviene amico.

Nella sua lunga carriera, Mario Russo ha attraversato diverse fasi in coerenza con il contesto storico culturale dei diversi periodi. Esordisce a Torino nel 1945, realizza varie personali negli anni in cui ferve il dibattito tra figurazione e astrazione. A Milano nel 1954 apre uno studio che sarà frequentato da Piero Manzoni, Vincenzo Agnetti e Lucio Fontana. La Galleria Apollinaire di Milano gli dedica una personale. Le riviste “Tendenza” e i “Quattro Soli”, intanto, si occupano del suo lavoro.
Seguono gli anni dell’informale e della pittura materica.
La svolta concettuale avviene alle soglie degli anni Settanta, come testimonia la mostra i “Cosmocorpi” che Franz Paludetto allestì a Torino nella galleria di via Susa nel 1970, dove compaiono per la prima volta le “Tridacne”, forme vagamente antropomorfe create dall’aria. In realtà sono congegni meccanici che gonfiano sottilissime membrane di polietilene trasparente fino alla soglia della rottura. Metafora dell’energia vitale che si espande sono queste opere processuali che richiamano l’embrione, la sacca placentare e il ciclo crescita-morte-rigenerazione.

Il ritorno alla pittura avverrà negli anni ottanta, sarà una pittura astratta, geometrica, optical, con gradevoli intersezioni di forme circolari colorate. Si alternano dipinti sperimentali ad altri più decorativi. Gi ultimi lavori, quelli dal Novanta ad oggi, sono tutti figurativi, una figurazione, però, non mimetica o realistica ma vagamente espressionista. Una costante con il lavoro precedente comunque resta: è il tema del corpo, dell’energia vitale, della metamorfosi, del mutamento, del principio maschile e femminile. In questi corpi Mario Russo vuole rappresentare la forma dinamica espressa dal gesto e dal colore. La figura umana sembra proiettarsi nel cosmo, danzare nello spazio, fendere l’atmosfera. Talvolta i suoi nudi fanno trapelare la lezione classica della tradizione pittorica italiana, ma subito rifuggono qualsiasi indulgenza legata alla bellezza ideale. Gli ignudi di Mario Russo sono antigraziosi, sono forme di massa e colore, talvolta ricordano le bagnanti cézanniane o le danzatrici di Matisse, altre volte evocano le forme plastiche di matrice futurista. Non manca una coppia di nudi che riprende nel colore la malinconica atmosfera di Picasso del periodo blu.

Movimento, energia, dinamismo, vitalismo cosmico, rapporto tra esistenza e nulla, tra vita e morte sono temi su cui Mario Russo ha sempre riflettuto. L’artista
afferma che nella sua carriera ha “cercato di scavare fino all’impossibile, di andare all’origine, ai primordi”. Ha lavorato con diversi materiali dal vetro alla lamiera d’acciaio, dalla fotografia alla pittura ad olio o acrilica, per creare forme e forgiarle nella materia. Affascinato dall’imprevedibilità e dalla casualità della natura, ne ha ammirato i suoi molteplici aspetti con la curiosità introspettiva di conoscere meglio se stesso.
Elisabetta Tolosano


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