si inaugura la mostra bi-personale di carte e sculture di Beppe Dellepiane: 'Noi siamo fatti di cielo' e di dipinti di Claudio Spoletini: 'Space and the city', (quest'ultima realizzata in collaborazione con la Galleria Romberg, Latina).
Mostra bi-personale di carte, sculture e dipinti
Mostra BEPPE DELLEPIANE: "Noi siamo fatti di cielo" CLAUDIO SPOLETINI: "Space and the city"
Venerdì 16 aprile 2004, dalle 19 alle 23, presso la Fusion Art Gallery di Piazza Peyron 9 G, a Torino, si inaugura la mostra bi-personale di carte e sculture di BEPPE DELLEPIANE: "Noi siamo fatti di cielo" e di dipinti di CLAUDIO SPOLETINI: "Space and the city", (quest'ultima realizzata in collaborazione con la Galleria Romberg, Latina), a cura di Fabrizio Boggiano e Edoardo Di Mauro, allestimento di Walter Vallini.
BEPPE DELLEPIANE è nato a Genova nel 1937. Dal 1962 espone in Italia e all'estero in spazi pubblici e in gallerie private. Negli anni Settanta pur privilegiando le performances quale modalità espressiva, allestite, anche nella città natale nelle Gallerie Unimedia ed a Il Vicolo, continua ad assemblare oggetti e materiali diversi in maniera particolare e li espone, per esempio, nel 1974 al Festival di Spoleto. Tra gli anni Settanta e Ottanta realizza installazioni assemblando oggetti quali sedie, ombrelli, bottiglie, stracci, calze di nylon, bastoni, maschere, ma anche uccelli e topi impagliati, dapprima coperti da uno spesso strato di vernice bianca, in seguito sostituita dal colore nero. Tra le ultime mostre sono da ricordare le personali del 1998 a Genova, al Museo d'arte contemporanea di Villa Croce e presso l'Archivio Caterina Gualco e le collettive nel 2000: Via crucis 2000 al Museo di Sant'Agostino e 1950-2000. Arte contemporanea genovese e ligure dalle collezioni del Museo d'arte contemporanea di Villa Croce, sempre a Genova, e Materiale@Spirituale al Centro di Cultura italiana a Zurigo.
Fabrizio Boggiano così scrive di Beppe Dellepiane: "Il bianco e il nero. Due realtà cromatiche che interagiscono con la luce respingendola oppure facendola propria. Due presenze nette, icastiche, che delimitano ogni fantasia esistenziale. Allo stesso modo rappresentano il tutto e il nulla, il sole e le tenebre e proprio da queste emozioni nasce il lavoro di Beppe Dellepiane. Artista profondo, riflessivo, dotato di una poetica in grado di travolgere e stravolgere la vita di chi lo segue e lo ama, egli concepisce l'arte come dannazione dell'anima, alla stregua di un magma in continuo fermento, incontrollabile e inarrestabile. Grazie a questa potenza interiore le sue opere si caricano di una significanza tale da travalicare l'iniziale impatto visivo il quale, comunque, viene colpito già nel profondo. Esse non sono mai statiche, anzi si agitano costantemente dialogando con i nostri sentimenti in una dialettica emozionale raramente riscontrabile altrove. L'artista non regala immagini né spaccati di vita quotidiana, ma si impossessa d'ogni principio vitale inserendolo all'interno dei lavori stessi creando, in questo modo, un cortocircuito delle sensazioni profonde che amalgama il tutto. Anche la razionalità viene compromessa in quanto si trova a confronto con un sentito misticismo e una profonda religiosità che spostano i piani della riflessione in un ambito più intimo. Anacoreta contemporaneo, Dellepiane non ha formule magiche capaci di spiegare l'esistenza e neppure gli interessa trovarle. Egli si limita a osservare, talvolta a subire il corso del destino, rispondendo con veementi scatti emozionali che si tramutano in materia nelle sue opere. In lui è ben chiaro il concetto che la vita si dibatte fra l'inquietudine e la pace e pertanto l'affronta con rigore e con coscienza. Il suo cammino inizia da molto lontano ed è consapevole che la quiete e la felicità non risiedono nell'immediato bensì nel totale inveramento dell'uomo e per questo è conscio che il cammino sarà ancora lungo. Nasce così una lotta spirituale, un combattimento interiore che l'artista affronta quotidianamente con tutte le forze a disposizione e che lo conducono, nel lungo percorso artistico ed esistenziale, a connotare di profondi significati ogni azione."
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CLAUDIO SPOLETINI è nato a Roma, città dove vive e lavora. Ha compiuto studi classici e letterari. Negli anni '80 ha partecipato al dibattito culturale sulla fotografia, frequentando la Galleria Rondanini di Roma e i seminari di L. Ghirri e F. Fontana. Sono di quegli anni i lavori fotografici, prodotti con S. Messina, in cui venivano rilette in chiave creativa, e quindi non documentaristica, le istanze politiche degli anni della contestazione ("C'eravamo immaginati" e "Immaginando Pasolini"), esposti tra l'altro nell'Aula Magna dell'Università La Sapienza e nel Palazzo della Civiltà Italiana. Nel 1990, con altri artisti e scrittori, ha fondato la rivista di testi e immagini KR 991 (Datanews Ed.), cessata nel '94. A partire dalla fine degli anni '80 si è rivolto principalmente alla pittura, tenendo mostre personali e collettive in gallerie private e spazi pubblici. Oltre a ciò attualmente collabora con scritti e racconti alla rivista in rete eadessovediamo.org. Ha viaggiato per quasi tutta Europa, in Medio Oriente, in Nord Africa, e in parte del Sud America.
Edoardo Di Mauro scrive a proposito di Claudio Spoletini e del suo lavoro: "Se vogliamo inquadrare il lavoro di Claudio Spoletini in un contesto storico e generazionale il riferimento è senz'altro verso quell'ultimo scorcio dell'arte italiana che, a partire dalla seconda metà degli anni '80, ha intrapreso un lento e non ancora concluso percorso di rinnovamento iconologico e contenutistico, inserendo la citazione all'interno di un confronto con la realtà sempre più invasiva della tecnologia e dei nuovi "media", alla ricerca dell'elaborazione di un linguaggio che permettesse all'arte di affrontare le sfide insidiose di un esterno tendente ad inglobarla a sé neutralizzandone la carica vitale di eversione linguistica che le è propria, parificandola all'incessante sequela di simulacri patinati di ogni sorta che da tempo caratterizza gli scenari metropolitani. Nell'ambito dell'eclettismo stilistico e della multidisciplinarietà che caratterizza la scena dell'arte da un buon ventennio Spoletini, tra le molte possibilità , ha optato per la scelta non facile di uno strumento come la pittura, dato ormai per superato dagli affannati esegeti di un progresso che non è mai tale se non è in grado di compiere al pari decise fughe in avanti e repentini balzi all'indietro, se non fonda lo statuto che gli è proprio sul perenne interrogarsi soprattutto sul suo fine, e non tanto sul suo mezzo, elemento ormai secondario dopo che, con il Concettuale, il tabù della bidimensionalità "moderna" è ormai stato definitivamente superato. Se la prima fase del "ritorno alla pittura" aveva posto l'accento della citazione, aspetto ormai ineludibile dell'arte quantomeno dal Manierismo in poi in termini di analisi mentale preliminare all'esecuzione tecnica, sul ritorno di valori di visceralità espressionista e colto e smaliziato collage linguistico, la successiva ondata generazionale ha intrapreso un netto spostamento del linguaggio della pittura nei territori della contaminazione con altre discipline creative, fotografia, fumetto, pubblicità , illustrazione, ricorrendo di pari all'immenso giacimento di stereotipi formali custodito negli archivi della storia dell'arte, al fine di elaborare nuove narrazioni in grado di simboleggiare la sensibilità mutata dell'uomo post moderno. Claudio Spoletini si colloca a pieno diritto in questa cerchia di autori. Le sue tele, spesso di imponenti dimensioni, non solo tali da lasciare indifferente, ad un primo sguardo, anche il più professionale dei fruitori, spesso abituato a visitare le mostre, specie le collettive, con rapido incedere, per poi soffermarsi su quanto ha sollecitato l'interesse percettivo. Non può non colpire la lucentezza delle tinte e l'incastro preciso, quasi escheriano, delle forme. Proprio il livello estremamente patinato della confezione può a quel punto indurre, sempre d'istinto, ad una seconda reazione, quella di considerare il prodotto interessante, ma troppo confinante con il territorio dell'illustrazione. A questo punto è necessario, ed è quanto è valso per me, un terzo livello di attenzione, che permette di penetrare davvero all'interno del significato di questa originale poetica. La pittura e, più in generale, l'immagine artistica possono, in questa fase, optare per due differenti soluzioni, nei confronti della realtà esterna: porsi in una posizione di consapevole distanza per ripiegare nell'enclave della sensibilità interiore e del simbolo, oppure ingaggiare un autentico corpo a corpo per riguadagnare il terreno perduto in decenni di incessanti, lente ma inesorabili annessioni. Spoletini ha evidentemente optato per questa strategia. Egli adotta, in particolar modo per le composizioni degli ultimi anni, che riguardano costantemente immaginifici scenari urbani, un metodo che consiste nel calare iconografie colte e ricche di citazioni provenienti da svariati ambiti nei panni traslucidi della più luccicante medialità . Sottraendo ai linguaggi di confine quelle prerogative di immediatezza comunicativa che permettono una più agevole ed immediata percezione del messaggio. Che, di suo, non è affatto banale. Spoletini getta il suo sguardo di osservatore partecipe e sensibile sullo scenario metropolitano, elemento più di ogni altra cosa destinato a stimolare l'immaginario dell'arte alla creazione di situazioni di vibrante e suggestiva poesia. Le città sono il contenitore dei sogni, delle tensioni e delle utopie di ognuno di noi in relazione al rapporto che riusciamo a stabilire con gli altri, alla nostra empatia con il prossimo, che poi, negli scenari attuali, è la capacità di armonizzare la nostra solitudine con quella altrui. Le città di Spoletini non prevedono la presenza di figure umane, rappresentano la proiezioni dei sogni e dell'umore dell'artista, che le reinventa, ne fornisce una versione ideale, in cui la tensione verso l'utopia si concretizza in architetture ardite, dove realtà e fantasia si fondono in uno scenario di pari proiettato verso gli archetipi del passato, in taluni casi addirittura della premodernità , e teso verso un futuro prossimo venturo. All'interno di uno stile personalissimo ed assolutamente riconoscibile Spoletini riesce a miscelare gli ingredienti di un calibrato cocktail culturale: Baudelaire, Marinetti, Boccioni, Sant'Elia, Benjamin, Augè si mescolano alla fantascienza di Blade Runner, per passare ai fumetti di Superman e della Marvel Comics e sfiorare l'architettura post moderna e neo moderna e giungere infine alla Metafisica Dechirichiana del primo Novecento per concludersi con quella di Salvo nella seconda parte del secolo, ed ho citato solo alcuni degli spunti e delle suggestioni possibili. Spoletini guarda alle sfide non facili che attendono l'umanità del nuovo millennio con la sensibilità e la capacità di focalizzare e sublimare i problemi che solo l'arte è davvero capace di fare."
Nell'immagine un'opera di Beppe Dellepiane
Sede Fusion Art Gallery - Torino, Piazza Peyron 9 G
Inaugurazione Venerdì 16 aprile 2004 ore 19.00 - 23.00
Periodo 16 aprile - 12 maggio 2004
Orario Martedì, giovedì e venerdì ore 16.30 - 19.30
Altri giorni su appuntamento
Curatori e testi Fabrizio Boggiano, Edoardo Di Mauro
Allestimento Walter Vallini
In collaborazione con Galleria Romberg, Latina (per Claudio Spoletini)
Patrocinio Regione Piemonte Assessorato alla Cultura
Sponsor Acqua minerale naturale Lauretana (Biella) Cantina Sociale Fontanile (Asti)
Responsabile Comunicazione Marcella Germano
Catalogo disponibile in galleria pieghevole corredato di fotografie con testi di Fabrizio Boggiano e Edoardo Di Mauro
Fusion Art Gallery
Torino - Piazza Peyron 9 G