La "Sostanza incerta" di Caravaggio e' in grado di dare vita all'immagine in cui il limite tra superficie e profondita', minuto secondo ed eternita' e' eliso. Lakomy realizza installazioni che si pongono in dialogo con l'architettura mettendo lo spazio in relazione con la scala del corpo umano.
Gianni Caravaggio
Uncertain substance
«Quanto più delicato è il taglio, tanto più grande la rivelazione».
Della Sostanza incerta di Gianni Caravaggio
Ogni volta che contempliamo una statua classica dinanzi alla bellezza dell’opera insieme alla meraviglia ci accompagna anche un senso di lontananza e di inaccessibilità. Da secoli, la perfezione formale non è più l’essenza della scultura. La pietra scolpita della statua classica possiede un senso solo in quanto ha una forma definita e misurata, in quanto è divenuta grazie al fare dell’artista. Possiamo comprendere che di per sé la pietra è concepita dal pensiero classico come qualcosa di informe, nient’altro che un frammento di materia né sensibile, né razionale, solo caos, pura indeterminatezza. L’arte dello scultore concede alla materia grezza la forma, solo grazie al suo gesto la pietra diventa ciò che è. Lo scultore libera una forma perché questa passi dalla sfera ineffabile e inconoscibile del caos, alla visibilità nel cosmo. Il cosmo è l’insieme ordinato e bello dei corpi che hanno preso forma, che sono venuti alla presenza e che pertanto vi abitano mediante il soma. Con il suo apparire, la statua mostra ciò che accade sulla Terra a ogni essere che non può sbocciare da sé: lo scultore è colui che disvela che cosa significa passare all’essere, incedere nel cosmo. Sotto questo aspetto l’essenza dell’arte classica è racchiusa nel pensiero di Anassimandro: dobbiamo pensare all’apeiron, all’indeterminatezza, come oscura origine di tutte le cose da cui tutte le forme traggono vita allontanandosene, negandolo, proprio come la statua può trarre vita solo liberandosi dalla gravità caotica della materia. La vita è una vicenda di forme, un prendere corpo di qualità visibili e tangibili che si aprono ai sensi e all’anima. L’arte è questo prendere luogo nella vita mediante la forma che è misura, bellezza e attraverso ciò trasfigurazione del movimento ciclico della vita, compreso tra l’uscita dall’indeterminato e il ritorno nell’indeterminato.
Ora davanti a miei occhi appare una scultura: un cielo notturno che avvolge un blocco di marmo nero. Un blocco di marmo inguainato da una fotografia: questa pelle fotografica è lacerata e dai tagli posso vedere il marmo scuro. Davanti a me vedo la Sostanza incerta di Gianni Caravaggio. Misuratezza, armonia, insieme ordinato di ciò che è, sono esperienze perdute. La statua greca come semplice visione della sostanza ha lasciato il posto appunto alla sostanza incerta. La statua greca e la Sostanza incerta aprono a due diversi mondi della visione a due universi della sostanza. Da un lato la misura e il cosmo, dall’altra l’incommensurabile e l’infinito. L’incommensurabile e l’indeterminatezza sono la nostra sostanza. L’opera di Gianni Caravaggio mette in scena il nostro rapporto con le cose, la nostra relazione con le immagini: Sostanza incerta. Noi vediamo Sostanza incerta. Noi stessi siamo Sostanza incerta. Lo scultore come nell’antichità continua a donare la visione, ma ciò che porta al nostro sguardo non è più la luminosa misura di ciò che è, bensì l’indeterminatezza della nostra sostanza. Senza alcuna nostalgia per il passato, Gianni Caravaggio getta lo sguardo in profondità dentro questa indeterminatezza che costituisce la nostra materia, il nostro agire, il nostro essere e proprio da questa indeterminatezza - che rimaneva invisibile e inconoscibile per la scultura e per il pensiero classico - nasce la Sostanza incerta.
Tutto è apeiron, tutto è indeterminatezza nella Sostanza incerta. Non la forma come salvifica emersione dall’indeterminato, ma l’oltrepassamento della forma, la messa in mostra della sua pluralità e indeterminatezza è l’immagine dell’infinito, della nostra sostanza. Per questo le lacerazioni, le ferite mi sembrano il punto focale dell’opera, il luogo in cui si annulla la differenza tra esteriorità e interiorità, tra involucro e contenuto, dove la forma si mostra proprio solo come indeterminata, infinita. Il taglio è punto di confine e di collisione è esso stesso luogo incerto, nel medesimo istante possibilità della superficie e sua negazione. La Sostanza incerta conduce lo sguardo nello sconfinato, appellandoci con un: questo tu sei.
La Sostanza incerta è un’etica dell’infinito per immagine. Una bellezza nella sostanza sconfinata è possibile. La bellezza è un taglio. Forse ogni grande opera d’arte oggi non può che aspirare a essere questo. L’universo che si apre ai nostri occhi costituisce uno solo fra gli infiniti tagli possibili, ma ciascuno di essi è esso stesso infinito. La Sostanza incerta ci fa spalancare gli occhi dalla meraviglia, come quando si osservano fenomeni privi di misura come l’arcobaleno, il trascolorare dell’impercettibile superficie delle bolle di sapone, il piumaggio cangiante di certi uccelli. Dove inizia il cielo e dove finisce l’ondeggiare di una fata morgana? Il limite e la forma sono indecidibili, ma il senso dell’evento è limpido davanti a me. Noi sostiamo su questo limite etimologicamente immenso. Lo scultore può svelare la bellezza di ciò che non ha misura, mostrarci in immagine la nostra sostanza. Un filosofo insegnava che in nessun luogo il mondo è così variopinto come nelle pellicole più sottili. Questo ci permette di immaginare come la sua ricchezza stia in ciò che non ha né forma né misura. La Sostanza incerta è in grado di dare vita all’immagine in cui il limite tra superficie e profondità, minuto secondo ed eternità è eliso.
Maurizio Guerri
Gianni Caravaggio (Rocca San Giovanni, 1968) vive e lavora a Milano e a Sindelfingen (Germania). Si è laureato all’Accademia di Belle Arti di Brera nel 1994. Nel 2002 ha ricevuto il premio Fondo Speciale PS1 Italian Studio Program, nel 2005 il premio Castello di Rivoli e il premio Allinovi, nel 2013 il premio ACACIA. Le sue mostre personali si sono tenute a Milano, Torino, Amsterdam, Bruxelles, Duesseldorf, Tokyo. Nel 2006 la mostra personale al Castello di Rivoli per il premio Castello di Rivoli, nel 2008 la mostra Scenario alla collezione Maramotti, e le mostre personali Enfin seul - finalmente solo al Musée d’Art Moderne et Contemporain di Saint Etienne e al MAGA di Gallarate. Ha partecipato a esposizioni collettive a livello nazionale e internazionale tra le quali: Leggerezza alla Lenbachaus di Monaco di Baviera (2001), la Biennale di Mosca (2005) e la Triennale di Izmir (2010). Nel 2011, accanto al filosofo Federico Ferrari è coideatore della mostra Arte Essenziale tenutasi alla collezione Maramotti e alla Kunstverein di Francoforte.
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Piotr Łakomy
SpazioA ha il piacere di presentare sabato 31 ottobre, 2015, alle ore 18, la prima mostra in Italia dell’artista polacco Piotr Łakomy.
Piotr Łakomy crea installazioni che si pongono in dialogo con l’architettura, che reagiscono allo spazio presente mettendolo in relazione con la scala del corpo umano. Servendosi di queste proporzioni, crea una sorta di “paesaggio pittorico” in cui l’essere umano ha lasciato tracce della sua presenza.
Questo fattore antropometrico permette allo spettatore di “confrontarsi” con l’oggetto, in senso sia letterale che metaforico. Nel suo lavoro, un ruolo chiave è svolto dai materiali utilizzati, dalla loro origine e dalle loro caratteristiche fisiche.
Altrettanto importante è il contesto sociale in cui questi materiali agiscono nella vita quotidiana: la natura del rapporto che stabiliscono tra gli esseri umani e ciò che li circonda, l’ambiente, la terra e il cielo.
Nell’organizzare lo spazio, Łakomy spesso opera con la luce e le sue fonti, usandola e interpretandola in modi diversi: come vettore di energia, informazione sullo spazio e l’architettura, e anche come testimonianza del passare del tempo, che si esprime nella caducità delle tecnologie a nostra disposizione.
Immagine: Gianni Caravaggio
Inaugurazione 31 ottobre ore 18
SpazioA
via Amati, 9 Pistoia
mar-sab 11-14 e 15-19
ingresso libero