Protagonisti e precursori nell'arte del XX secolo.
protagonisti e precursori nell'arte del XX secolo
mostre antologiche
È stato presentato ieri in conferenza stampa ad Ancona il progetto delle mostre antologiche 'ATTILIO ALFIERI – EDGARDO MANNUCCI protagonisti e precursori nell'arte del XX secolo', che la Provincia di Ancona, sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica, e con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, dedica ai due artisti marchigiani a cento anni dalla loro nascita.
Il progetto scientifico, a cura di Armando Ginesi, prevede due mostre antologiche autonome, ma contigue, a cura rispettivamente dei critici d'arte Elena Pontiggia e Mariano Apa, che intendono essere l'occasione di un approfondimento e riposizionamento dei due artisti nella storia dell'arte del XX secolo, nella cui ricchezza espressiva entrambi si sono trovati ad operare da protagonisti e precursori.
Un pittore, Alfieri, e uno scultore, Mannucci, noti a livello nazionale (invitati più volte a prestigiose rassegne internazionali come la Biennale di Venezia e la Quadriennale di Roma) e stimati dalla critica più autorevole del tempo, ma ritrosi ed appartati rispetto soprattutto all'ambito del mercato, che pure rappresenta una parte rilevante nel sistema dell'arte.
Due personalità diverse, per formazione ed espressione, unite da un destino comune di anticipatori di stili e di grammatiche espressive.
Attilio Alfieri (Loreto 1904/Milano 1992), il cui carattere di precursore fu riconosciuto anche da Giulio Carlo Argan in una lettera all'artista, ha realizzato intuitivamente con un anticipo a volte anche di un ventennio soluzioni stilistiche di correnti come la Pop-Art di Rauschenberg, nella cartellonistica pubblicitaria fatta con stilemi facilmente decodificabili, ma accostamenti spesso rivoluzionari; l'Informale, sia segnico che gestuale, applicato però alla rappresentazione di nature morte tradizionali; la Optical Art, ecc.
Edgardo Mannucci (Fabriano 1904/Arcevia 1986), partito da ipotesi neo cubiste, trova per la sua scultura soluzioni informali prima segniche e poi materico-gestuali. Il suo studio di Roma nell'immediato dopoguerra era un centro frequentatissimo da giovani artisti come Gentilini, Fazzini, Marotta, Alberto Burri. È proprio il rapporto con questo artista, di undici anni più giovane, che, come sollecita anche Gino Marotta nella sua significativa testimonianza in catalogo, andrebbe meglio approfondita, raffrontando l'opera dello scultore marchigiano 'con gli stilemi e la morfologia del linguaggio di Burri, confrontando anche le datazioni'.
Attilio Alfieri (Loreto 1904/Milano 1992) si trasferisce giovane a Milano. È un artista ambivalente che oscilla tra la pittura di cavalletto e l'arte applicata alla pubblicità , trovando, paradossalmente, in quest'ultima una maggiore espressione di originalità .
Per la pittura tradizionale Alfieri è debitore alle correnti del Novecento, del Chiarismo e del paesaggismo lombardo. Svolge fin dagli anni '30 intense ricerche nell'ambito del paesaggio e della figura, attirando anche l'interesse della critica più autorevole del tempo (Persico, Giolli, Carrà ).
Ma è nella cartellonistica pubblicitaria che Alfieri sperimenta più arditamente, applicando nuove soluzioni compositive e le tecniche più avanzate. L'intuito lo porta a precorrere in modo non consapevole - con un anticipo a volte anche di un ventennio – correnti come la Pop-Art di Rauschenberg in cui collages ritagliati dalle riviste illustrate dell'epoca si mescolano ad interventi di natura pittorica; le forme astratto-organiche vagamente ameboidi di Arp, Mirò, Gorky, Matta, su una linea surrealista allora del tutto sconosciuta nel proprio ambiente culturale; l'Informale sia segnico che gestuale, applicato però alla rappresentazione di nature morte tradizionali; la Optical Art.
Ha partecipato alla Biennale di Venezia nel 1942 e '44, e alla Quadriennale di Roma nelle edizioni del '35, '39, '43, '56; numerose sono le partecipazioni a mostre personali e collettive in gallerie pubbliche e private in Italia e all'estero.
Edgardo Mannucci (Fabriano 1904/Arcevia 1986) può essere considerato uno dei più autorevoli esponenti dell'Informale plastico europeo, collocandosi all'interno di questa corrente tra l'indirizzo materico e quello gestuale. Visse e lavorò a Roma dove frequentò importanti artisti dell'epoca quali Afro, Balla, Bontempelli, Burri, Cagli, Capogrossi, Colla, Libero De Libero, Mirko e Prampolini, di alcuni dei quali, i più giovani, può essere considerato il maestro.
Dopo gli esordi figurativi sotto la guida di Quirino Ruggeri, un altro artista marchigiano vicino alle poetiche di Novecento, Mannucci viene attratto dalle possibilità della materia di esprimere emozioni profonde. Lo scultore, con azione demiurgica, libera il materiale grezzo e grumoso dalla sua gravità mediante il movimento, cosicché l'energia imprigionata nella materia si svincola trasformandosi in moto. Il tutto con grande potenza espressiva e con assoluta originalità lessicale, pur ricondotta nell'ambito di quell'informalismo materico-gestuale che vede in lui un antesignano.
Alla fine della sua vita Mannucci recupera un certo modello di classicità ed equilibrio e, dalle forme guizzanti nello spazio, in fuga lungo veloci vettori rettilinei o spiralici, sempre aperti, si converte alla forma chiusa della circolarità , archetipo della perfezione e della misura.
Ha partecipato alla Biennale di Venezia nelle edizioni XXVII, XXVIII, XXXI e XXXVI negli anni 1954, '56, '62 e '72; nelle ultime edizioni con una sala personale.
È stato presente alla Quadriennale d'Arte di Roma negli anni l931, '35, '39, '51, '55, '63, '67, '86, oltre ad aver partecipato a numerose mostre in gallerie pubbliche e private, in Italia e all'estero.
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Ancona, Mole Vanvitelliana