Stasis. Stasi degli interni, con infiltrazioni cadenzate della luce che riposa, risveglia e interpreta persone e oggetti. Interni di atelier e spessori assorbenti del legno.
presentazione di Franco Patruno
Quando si afferma che la costante classica attraversa il tessuto delle forme d'arte, non s'intende certo condividere una concezione ciclica delle ricorrenze uniformi. Il classico, infatti, non è una riattualizzazione di ciò che è confermato in un periodo specifico dello spazio iconico e plastico, ma quell'esigenza d'equilibrio prossima allo spirito apollineo analizzato da Nietzsche per la tragedia greca. Che, oltre i confini della sua particolare visione del mondo, è indicativo di un ''sentire'' implicito all'intuizione poetica. Non si possono, per giustificare questa costante, rinnovare all'infinito post-avanguardie. Parid Teferiçi, artista e poeta di rara cultura, ha vissuto il suo dramma nel tentativo di esplicitare la polarità tra l'apparente non classicità mutuata dalla polivalenza del Novecento e l'altrettanto apparente ''ritorno all'ordine'', con un richiamo alla luce di Vermeer filtrata dalla silenziosa contemplazione della stasi del secondo Gianfranco Ferroni.
Stasi degli interni, con infiltrazioni cadenzate della luce che riposa, risveglia e interpreta persone e oggetti. Interni di atelier e spessori assorbenti del legno. La figura umana, soprattutto nelle tele di ampia dimensione, si presenta e s'afferma nella posa, accarezza il raccoglimento ed il calore del suo esserci ed interpretare una parte del proscenio che Paride scopre dipingendo. Anche le scene d'accesso allo studio sono introduzioni al silenzio della messa in scena o, se si vuole, della scena madre; quella nella quale, per secolare propensione d'officina, si realizza l'opera. In questa successione di luoghi, il tragitto sempre ci consegna la luce naturale, a tal punto vera da escludere ogni crepuscolare effetto. Parlo delle situazioni fisiche rappresentate, quelle che dominano il quadro e riallacciano dialoghi mai interrotti con il passato. Teferiçi non illude: è la sua realtà che viene percepita. Ad uno sguardo attento questa ''sua realtà '' riflette meditazioni da tempo vissute sulla pagina poetica, quella scritta e già confermata in più pubblicazioni. E' riscontrabile la componente etnica della sua Albania? Mi sembra che la domanda sia senza risposta o, per meglio dire, non necessita di una riflessione etnografica. L'intreccio degli stili, la cultura poliedrica che annoda, senza citazionismo, l'amore per l'ostensione filigranata fiamminga con la pittura inglese degli anni sessanta, fanno di Paride una metafora non della perdita di orizzonti geografici, ma del superamento di ogni forma di radicamento esplicito ad una cultura nazionale. Se penso, ed anche questo è racconto vero, a quando si presentò una decina d'anni fa per chiedermi come si fa a disegnare, questa presentazione non può non avere i contorni di uno stupore mal celato.
Galleria del Carbone
Via del Carbone, 18/A
Ferrara