Il Tempo ritrovato
Roma
lungotevere degli Altoviti, 4
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Ombre di luce
dal 1/10/2004 al 26/10/2004
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Segnalato da

Associazione culturale SOQQUADRO




 
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1/10/2004

Ombre di luce

Il Tempo ritrovato, Roma

Ariela Bohm e Rino Regoli, ciascuno nel proprio ambito di ricerca, cercano di trasformare in materia visiva l'impalpabile splendore della luce, fonte di energia vitale e di perenne stupore.


comunicato stampa

Opere di Ariela Bohm e Rino Regoli
Presentazione critica di Gabriele Simongini

Inaugurazione Sabato 2 ottobre 2004 alle ore 18.00

Oltre alle immagini fotografiche “classiche” di Rino Regoli e alcune sculture di Ariela Bohm, i due artisti presentano nuove opere che utilizzano una tecnica da loro inventata “ombra di luce” con la quale cercano di trasformare in materia visiva l’impalpabile splendore della luce, pur mantenendo ciascuno il proprio ambito di ricerca.

Ariela Böhm e Rino Regoli: i misteri delle “ombre di luce”
di Gabriele Simongini
In un magnifico racconto di Jorge Luis Borges intitolato “Le rovine circolari” il protagonista si impone un proposito soprannaturale: “voleva sognare un uomo: voleva sognarlo con minuziosa interezza e imporlo alla realtà”. Ma subito “comprese che l’impegno di modellare la materia incoerente e vertiginosa di cui si compongono i sogni è il più arduo che possa assumere un uomo, anche se penetri tutti gli enigmi dell’ordine superiore e dell’inferiore: molto più arduo che tessere una corda di sabbia o monetare il vento senza volto”. In fin dei conti, mutatis mutandis, anche Ariela Böhm e Rino Regoli, ciascuno nel proprio ambito di ricerca e insieme nella tecnica da loro inventata delle “ombre di luce”, inseguono un obiettivo difficile, certamente non soprannaturale ma comunque assai impegnativo. Cercano di trasformare in materia visiva l’impalpabile splendore della luce, fonte di energia vitale e di perenne stupore. E non solo: nelle sue opere Ariela vuole dare immagine creativa alla struttura del pensiero o alle radici del linguaggio, mentre Rino ci invita - da ammirevole rabdomante della luce quale è - ad andare al di là delle apparenze o, meglio, a scoprire il mistero e i mille significati che vi si celano. Entrambi gli artisti lavorano e riflettono sulle “connessioni” ( parola particolarmente cara ad Ariela) che danno senso alla vita umana: da quelle neuronali a quelle etniche e religiose, fino a quella rete di relazioni armoniche che pervade la natura, come ci dimostra Rino, armato di pazienza e di fiducia nella forza del visibile. Ogni cosa è in relazione con innumerevoli altre, sembrano dirci i due artisti, ben al di là di tutti i luoghi comuni e le banalità che purtroppo stanno sempre più diventando la sostanza della nostra vita quotidiana, bombardata costantemente da immagini vuote che stanno inaridendo la nostra capacità immaginativa. A dir la verità sia Ariela che Rino non partono mai dai sogni ma dalla realtà naturale e sociale.

Lì, superando l’indifferenza che spesso vela tragicamente la nostra capacità di guardare, si possono scoprire i fenomeni più stupefacenti e al tempo stesso semplici. Così, in Rino, una nuvola ci rivela il “Profilo di un dio triste”, oppure una gabbianella diventa cometa o, ancora, un’asettica rondella proietta l’ombra-luce di un fiore, non corrispondente per niente alla sua forma-madre e perciò sorprendente. In queste opere non c’è mai lo strapotere dell’ artificio elettronico ma solo l’attesa e la concentrazione di un artista che ha fede in ciò che può accadere quando ci si trova di fronte alla natura e alla vita, senza preconcetti e con una predisposizione sincera, umile e pura. Al contempo in Ariela la crescita del pensiero è visualizzata nell’evocazione di reti neuronali che però richiamano anche le macchie di Rorshach, oppure il concetto stesso di convivenza pacifica e pur difficile si esprime, senza troppe spiegazioni verbali, nella sorprendente relazione creata dall’artista tra edera e terracotta, diventate quasi, nelle sue mani, un unico organismo naturale. Ciò che distingue sia Ariela che Rino dalla scialba invasione di tanti pseudo-artisti oggi proliferanti è anche la capacità di far scaturire le proprie idee, con naturalezza, dalle stesse tecniche e materiali usati, così come l’acqua fuoriesce da una sorgente.

Per le loro “ombre di luce” volevano una tecnica leggera ma necessariamente fondata su una base materiale e così l’hanno trovata e l’hanno trasformata in fonte di immagini invisibili e visibili al tempo stesso, secondo l’incidenza e l’intensità della luce. Del resto tutta la vera arte è opaca e trasparente, contemporaneamente: è limpida per l’osservatore che sa guardare ma impenetrabile per la moltitudine che ha gli occhi velati dalla banalità. Ritmi naturali ed “ecologici” (dal punto di vista dell’ambiente ma anche da quello della purezza etica e spirituale) muovono i passi creativi di Rino ed Ariela, nelle cui opere si identificano quasi perfettamente, in una sola unità, pensiero, intuizione, immaginazione, memoria e prassi tecnica. E non a caso Ariela è esperta di Scienze Biologiche mentre Rino è un inesausto contemplatore della natura oltre che uno studioso dei fenomeni della visione e della percezione. Entrambi sono ammirevoli e mistici “scienziati” di un’arte fatta a misura d’uomo, quella in cui l’atto del vedere è anche fonte di conoscenza purificatoria e interiore. Così tanto Rino che Ariela potrebbero ben condividere quanto mirabilmente notava Rainer Maria Rilke: ” Io imparo a vedere. Non so perché tutto sembra in me più profondo e non rimane là dove, prima, sempre aveva fine e svaniva. Ho un luogo interno che non conoscevo. Ora tutto va a finire là. Non so che cosa vi accadrà”.

Galleria Il Tempo Ritrovato - Lungotevere degli Altoviti, 4 - 00186 Roma
Orario apertura: martedì – venerdì 16.30 – 19.30, sabato 17.00 – 20.00

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