Collettiva di arte contemporanea. Esposizione di opere di artisti noti (Berti, Guarneri, Vedova, Sironi) accanto a quelle di artisti emergenti (D'Angelo, Filippetti, Pochetti, Travagli). Mostra curata da Alessio Fransoni.
Collettiva di arte contemporanea
L’esposizione di opere di artisti storicizzati (Berti, Guarneri, Vedova, Sironi) accanto a quelle di artisti emergenti (D’Angelo, Filippetti, Pochetti, Travagli) non istituisce affatto una serie di dialoghi, se si intende “dialogo†nel senso comune del termine di “colloquio†o “confrontoâ€. Anche in presenza di dichiarati rapporti di influenza formale, leggere un accostamento come dialogo non è che una simulazione. Per di più una simile impostazione metodologica non consente alle opere in questione di illuminarsi a vicenda come si vorrebbe. Nell’analisi storico-critica un’opera può essere sì considerata come la risposta a una sollecitazione proveniente da un’altra opera, tuttavia risposta in questo caso non può significare semplicemente commento o illustrazione.
Per come si concepisce l’azione delle opere in questa mostra si deve scrivere piuttosto “dia-logicaâ€, per recuperare attraverso la scomposizione il senso etimologico del prefisso “dia-“, indice di diversione, e quello di “logico†come “appartenente all’ordine del discorsoâ€. Dia-logica 4x4 – e l’indicazione numerale ne è un rafforzativo – sarà intesa come accostamento di ricerche formali (dell’artista storicizzato e dell’emergente) che esemplate nelle opere esposte presentano non punti in comune, semmai una zona di tangenza o massima vicinanza, corrispondente a un aspetto specifico del lavoro. Dalla zona di massima vicinanza le direttrici di ricerca si di-partono, appunto divergendo, come assi dello spazio: delimitano un’area. In questa area (dia-logica) si dispone e si esercita l’ordine del discorso critico.
Per l’accoppiamento Vinicio Berti / Andrea Pochetti (Roma 1967) un punto di massima vicinanza è costituito dall’idea di una pittura totale che trascriva brani di un paesaggio che è insieme reale e mediale, nella dimostrazione che non si ridefinisce l’uno se non sempre rispetto e insieme all’altro. Per Riccardo Guarneri e Patrizio Travagli (Firenze 1972) il punto di di-partenza è individuato nella possibilità costruttiva e prospettica della luce in rapporto allo spazio del fruitore. Avvicinando Mario Sironi e Marco Filippetti (Roma 1965), invece, ad emergere immediatamente è una particolare qualità monumentale della massa plastica ricavata per accostamenti tonali di colori opachi. Tale qualità risale su un piano decisamente mentale: l’opacità è quella della pittura stessa come persistenza e memoria. Infine la ricerca di Guido D’Angelo (Roma 1971) risulta, nell’episodio considerato, tangente a quella di Emilio Vedova per le peculiarità di un certo tipo di gesto, che conferisce al segno la doppia valenza di tracciato e cancellazione.
Pinacoteca Comunale d’Arte Contemporanea
Palagio Fiorentino, Stia (AR)