Mostra personale. In mostra oli in cui allungate silhouettes femminili si dispongono a coprire quasi per intero lo spazio della tela sullo sfondo di decorazioni arabescate ed orientaleggianti oppure fitomorfe.
Mostra personale
Data troppo affrettatamente per inadeguata ai tempi e tuttora vittima di superficiali interpretazioni critiche, assillate da una affannosa rincorsa ai parametri di un gusto artistico che più ci si sforza di definire e delimitare più sfugge in mille direzioni, la pittura mantiene una invidiabile vitalità che le consente di calcare egregiamente la scena, adeguandosi con armonia alle mutazioni di una società in rapida e frenetica evoluzione.
La pittura è da sempre simbolo ed emblema di quella “technè†intesa nell’accezione etimologica di pratica manuale implicita al concetto originario di arte. Un concetto dove il procedimento mentale, l’ambito elevato relativo al mondo delle idee, per concretizzarsi in una rappresentazione oggettivamente fruibile deve essere in grado di gettare luce sull’esterno per mostrarci le cose della vita nella loro esatta dimensione, nella loro essenza intelligibile, illuminandoci sulla bellezza od anche la negatività di quanto di circonda con quella capacità rivelatoria propria del talento artistico. La pittura è da sempre la casa di tutte le tecniche e di tutti i progetti, luogo eletto da cui traggono origine le manifestazioni sensibili dell’arte, ed è per questa sua inarrivabile natura che ha saputo attraversare le epoche della storia mantenendo sempre, nei casi migliori, la sua carica di espressività .
Chi scrive ha sempre guardato con occhio il più possibile attento l’evoluzione fenomenologica delle arti, arrivando alla convinzione che il progresso della tecnologia gioca da sempre un ruolo centrale in quello che è l’adeguarsi del linguaggio a nuove impostazioni formali. Così come la modernità venne contrassegnata in origine dall’elaborazione della prospettiva come metodo di inquadramento spaziale, dove l’opera veniva delimitata nel recinto bidimensionale della tela, all’interno della quale l’artista dava sfogo alla sua inventiva in relazione al rapporto intercorrente tra figura ed ambiente circostante, che troverà piena applicazione con l’atmosferismo ed il gioco di luci ed ombre tipico dell’arte barocca, di pari la contemporaneità non può essere interpretabile od addirittura concepibile senza tenere presente la rivoluzione scatenata dall’avvento delle tecnologie fondate sull’elettromagnetismo. Dopo l’ultima grande invenzione moderna, la fotografia, che libera l’artista dall’onere di essere l’unico possibile riproduttore della realtà , dando il via alla fase dell’espressionismo e dell’astrazione, la stagione della contemporaneità tende all’ambizione di far fuoriuscire l’arte dal suo classico confine, fosse esso lo spazio pittorico, od il classico monumentalismo, per invadere lo spazio circostante, esaltando il procedimento mentale e scapito di quello manuale, con l’arte vista come evento cerebrale ed immateriale e l’artista come lo sciamano in grado di “virgolettare†artisticamente l’universo mondo.
La non rinviabile necessità di violare tutti i dogmi e tutti i tabù, che troverà il suo culmine con la stagione del Concettuale degli anni ’60 e ’70, dove si arriverà al “grado zero†dell’espressione artistica e dove la manualità , e quindi la pittura, verranno messe ignominiosamente al bando, porterà ad una fase successiva di grande libertà formale dove questi valori, affiancati da altri, torneranno decisamente in auge, Quindi un’opera così fortemente caratterizzata dall’uso dello strumento pittorico come quella di Valentina De Martini trova il suo esatto inquadramento nella stagione attuale, all’interno di cui è in grado di offrire un contributo di non trascurabile originalità . Dalla sua antica vocazione alla rappresentazione mimetica della realtà naturale la pittura è stata in grado, di recente, di mutare la sua veste narrando con grande capacità poetica ed evocativa le inquietudini di un mondo in rapida mutazione. Quindi, accanto a coloro che praticano questa tecnica come viatico per una narrazione in presa diretta degli stereotipi che affollano la nostra quotidianità metropolitana, gettando nuova luce su squarci ed inquadrature di angoli riposti e trascurati della post modernità , o ad altri che, all’opposto, tendono a demistificare con ironia le sfavillanti ed effimere icone mediatiche da cui siamo circondati, esiste una terza posizione, caratterizzata dal riappropriarsi del gusto di una manualità lenta e calligraficamente precisa, da una “perdita di tempo come perdita del tempoâ€, per adoperare una terminologia di John Ruskin riferita ai Preraffaelliti e da una vena fortemente simbolica, dove il reale sfuma in una dimensione “altraâ€.
Il lavoro della De Martini, che ho conosciuto da poco e mi ha colpito molto positivamente è perfettamente inquadrabile all’interno dell’ultima mia riflessione sull’evoluzione della pittura contemporanea, di cui seguo gli sviluppi dalla metà degli anni ’80, concretizzatasi con la mostra “La contemporaneità evocataâ€.
In sintesi l’assunto teorico è che la pittura, essendo sin dalla remota antichità lo strumento mimetico per eccellenza, riesce a metabolizzare, con procedimento metamorfico, tutto quanto proviene dall’esterno, e sta riuscendo in questa impresa anche in merito a strumenti come la fotografia, l’immagine digitale e, in generale, tutto l’armamentario di simulacri della contemporaneità , la quale appare come narrazione iconografica prevalente, ma sfumata in un atteggiamento evocativo di suggestioni sfocate dalla consapevolezza e, talvolta, dal disincanto.
Il lavoro di Valentina De Martini, di cui certamente seguirò con interesse l’evoluzione, si sposa appieno, a parere mio, con questa ipotesi critica. La De Martini vanta una importante carriera nell’ambito della moda e della decorazione d’interni, arti applicate di primo livello, a testimonianza di quella contaminazione di linguaggi che sottende la rivalutazione attuale dell’artigianalità nell’ accezione etimologica originaria della “teknèâ€. Suggestioni di questa esperienza professionale sono presenti all’interno dell’iconografia caratterizzante la sua produzione di raffinati oli su tela in cui allungate silhouettes femminili si dispongono a coprire quasi per intero lo spazio della tela sullo sfondo di decorazioni arabescate ed orientaleggianti oppure fitomorfe. Le eleganti figure dipinte con grande maestria tecnica dalla De Martini rappresentano l’ archetipo eterno della femminilità , riportano alla memoria le eleganti e mistiche rappresentazioni dei già citati Preraffaeliti e quelle simboliste della Secessione viennese ma non come esercizio di stile, bensì affinità elettiva che ricontestualizza le immagini all’interno della nostra contemporaneità , in un clima di magica e simbolica evocazione.
Un’artista di grande raffinatezza tecnica e concettuale che dimostra con le sue icone intrise di mistero ma straordinariamente attuali, come la realtà in arte si possa testimoniare egregiamente anche, e soprattutto, affrontandola con apparente distacco mentale che diventa, in concreto, piena ed autentica partecipazione.
A cura di Edoardo Di Mauro
Inaugurazione: venerdì 15 aprile, ore 19
Galleria 196
via dei Coronari 196 - Roma