Tre lavori video. Il corpo di una ragazza-clown intento ad evocare simboli potenti eppure quotidiani; un bersaglio completamente bianco che il furore di un plotone trasforma in una bolgia di colori; la fissita' di un volto in primissimo piano, che viene inghiottito dalla trasparenza dello stesso vetro: questi i protagonisti dei video di Tessa M. den Uyl, di Guillermo Roel ed Eugenio Percossi.
Video di Tessa M. den Uyl, Eugenio Percossi e Guillermo Roel
Verranno proposti tre lavori video, senza limiti di orario, fino al 7 maggio,
attraverso un monitor che dà all’esterno dello spazio espositivo.
Il corpo di una ragazza-clown intento ad evocare – ed incarnare, fino all’azione estrema –
simboli potenti eppure quotidiani; un bersaglio completamente bianco che il furore di un
plotone, durante un’esercitazione di tiro, trasforma in una bolgia silenziosa di colori; la fissità di
un volto in primissimo piano, infine, che viene inghiottita dalla trasparenza dello stesso vetro
che ne rende incombente la presenza: questi i protagonisti, qui proposti come un continuum
dalle forti corrispondenze, dei video di Tessa M. den Uyl (Urv Arâ – Rumbowling part II),
Guillermo Roel (Folding Time) ed Eugenio Percossi (Senza titolo).
Tre interventi, fulminei per durata e per tensione espressiva, in cui la catastrofe narrativa si
configura con precisione estrema e insieme, accuratamente propiziata, pare dilatare il tempo
dell’evento e inscenare, così, fino a farsi invisibile, un’astrazione radicale ma tutt’altro che
asettica. Un ulteriore tentativo – comune alla migliore produzione artistica di questi primissimi
anni del secolo XXI° – di saldare dimensione processuale ed eroismo della visione, urgenza
sentimentale e autorunning dell’ingranaggio estetico.
Quale artista, oggi, non è in qualche modo un artista video? Se è vero che viviamo, parafrasando
Heidegger, “l’epoca [della ripresa] dell’immagine del mondoâ€, bisogna pure ammettere che, ormai,
è il termine stesso “videoarte†a suonare tautologico. E che, atteso al varco, il video è finalmente
chiamato a parlare d’altro come avviene per una foto, una terracotta o un acquerello.
Così, circondati come siamo dalla fredda veemenza di tanti occhi elettronici che tutto riprendono e
poco raccontano, non sarà di certo un monitor su strada con le sue immagini in movimento a
lasciarci, come si dice, di sasso. Meglio, molto meglio pensare allo schermo come ad una stanza
in ombra nella quale voler inoltrarsi, o – meglio ancora – in cui si finisce, come in questo caso, per
imbattersi; ad una stanza costruita e messa fuori, qui incastonata in mezzo alle auto in sosta, a
parete, per parlarci di qualcosa che abbiamo voglia di guardare a fondo.
Tessa M. Den Uyl, Guillermo Roel ed Eugenio Percossi non fanno dell’immagine teletrasmessa un
uso spettacolare né, tanto meno, ostentano quell’armamentario low-fi – da luna park degli
effettacci vintage – che si vorrebbe “povero†o, peggio, documentaristico. Sguardo fermo, osano
qualcosa in più: in poche, semplici mosse provano a raccontare la vertigine dell’esperienza,
formulando – con forza epifanica, come si può farlo oggi – tre ipotesi tre di trasfigurazione.
Film d’artista, verrebbe da dire, fulminei per durata e per tensione espressiva, in cui la catastrofe
narrativa – che c’è in ognuno di essi, ma che in ognuno di essi paradossalmente c’è sempre – si
configura con precisione estrema e insieme, accuratamente propiziata, pare dilatare il tempo
dell’evento e inscenare, così, fino a farsi invisibile, un’astrazione radicale ma tutt’altro che asettica.
Che succede, dunque? Che succede, qui, a un corpo, a un bersaglio, a un volto in primissimo
piano, peraltro tutti e tre ben equipaggiati? Finiscono, questo è sicuro, altrove: appeso e insieme
innalzato il primo, nel video Rumbowling part II (secondo episodio, tra l’ipnosi barocca e il nitore
segnaletico di una sorta di danza meccanica, della saga-work in progress Urv – Arâ); liquefatto in
una bolgia silenziosa di colori il secondo, tempestato di colpi in Folding Time; dissolto il terzo,
quasi inghiottito dalla trasparenza dello stesso vetro che ne rende incombente la presenza (in
Senza titolo).
L’azione, insomma, coincide esattamente con lo sforzo che occorre perché, infine, ciò che accade
abbia luogo davvero, nel tentativo –comune alla migliore produzione artistica di questi primissimi
anni del secolo XXI°– di saldare dimensione processuale ed eroismo della visione, urgenza
sentimentale e autorunning dell’ingranaggio estetico. E di riunire, così, bellezza del colpo di scena
e crucialità del colpo di coda.
Tessa M. den Uyl è nata ad Utrecht nel 1973 e vive a Firenze.
Suoi lavori sono stati presentati presso:
Patrizia Pepe, Prato (2005);
Lia Rumma, Milano e Napoli (2003);
Rachel Haferkamp, Colonia (2003);
Viafarini (2002)
Spazio Oberdan (2001 e 2002), Milano.
Ha partecipato, tra le altre manifestazioni, a:
MiArt (edizioni 2002, 2003, 2004),
Biennale di Praga (2003),
Torino Film Festival (2003)
collettiva “Antropologicaâ€, presso il Palazzo Medici Riccardi di Firenze (2001).
In programma (autunno 2005) una collaborazione con il Museo d’Arte Contemporanea di Suleymania e
con la galleria Midya di Erbil, nel Kurdistan iracheno.
Eugenio Percossi è nato ad Avezzano nel 1974 e vive tra Roma e Praga.
Tra le mostre personali:
Christmas, Galleria Estro, Padova (2004);
The end, Ashford Gallery, Royal Hibernian Academy, Dublino (2003);
Escape, Galleria Alidoro, Pesaro (2003);
Sisters 01, Sisters, Roma (2003);
Life, Galleria Estro, Padova (2003);
The end, Radost fx, Praga (2001);
Ecce homo, Galleria Approdi, Roma (1999).
Tra le collettive:
Retentiva – Funzioni e disfunzioni della fotografia italiana attuale, Venezia (2004);
White Project, Galleria Franco Marconi, Cupramarittima (2004);
Nel corpo dell’immagine, XXXVI Premio Vasto, Vasto (2003);
Perspective, Galleria El Aleph, Roma (2003);
Welcome 02, Palazzo delle Esposizioni, Roma (2002);
Artisti emergenti della Roma del 2000, Galeria Gabriela Mistral, Santiago del Cile (2001);
Shoah, Galleria Approdi, Roma (2000);
S.O.S. spostamenti orizzonti salvezze, Galleria Romberg House, Latina (1999);
IV Premio Massenzio per l’Arte, Festival di Massenzio (vincitore ex-aequo), Roma (1998).
Guillermo Roel è nato a Città del Messico nel 1970 e vive ad Oaxaca.
Tra le mostre personali:
Vacuité, Actuellement Galerie d’art contemporanaine, Parigi (2002);
In between, Landucci Arte Galeria, Città del Messico (2000);
Paper work, A&A Art, New York City (1999);
La clonación, Museo Nacional de Arte, Città del Messico (1999);
La clonación del Mesias, Expacio Roxy/Expoarte Guadalajara, Jal (1997).
Ha partecipato, tra le altre manifestazioni, a:
Tirol Transfer, Krinzinger Projekte, Vienna (2003);
Life Still Circus, Supper Club, 4° RomaEuropaFestival (2003);
Archivio Sud, Galleria El Aleph, Roma (2003);
Passegers en transit, Centre Culturel du Mexico, Parigi (2002);
En Menos de lo que canta un gallo, Art Film Kunsthalle Basel / Art 33 Basel (2002);
Bienal de Monterrey, Monterrey (2001).
Immagine: Eugenio Percossi, Senza titolo, still da video
A cura di Pericle Guaglianone
STUDIO LIPOLI&LOPEZ
Via della Penitenza, 4a - Roma