Sette opere di grandi dimensioni della serie 'Pictures of Magazines' e altre sei della serie 'Rebus'. Partendo da un ritaglio colorato l'artista ricostruisce un'immagine, creando nel fruitore un effetto di straniamento: sara' proprio suo compito realizzare uno sforzo per intepretare i segni e rielaborare l'immagine.
Pictures of Magazines + Rebus
La Galleria Cardi inaugura la mostra personale di Vik Muniz, artista nato nel 1961 a San Paolo e residente a New York. Alla sua seconda mostra personale a Milano, l’artista brasiliano presenta sette opere di grandi dimensioni della serie "Pictures of Magazines" (tra le quali un trittico ispirato a Monet composto da tre pannelli di cm 150 x 300 ciascuno) ed altre sei opere della serie "Rebus", tutte stampe fotografiche a colori.
Vik Muniz si è avvicinato alla fotografia agli esordi della sua carriera artistica quando produceva sculture. Preparando le fotografie da mandare ai musei, l’artista si rendeva conto che solo quando rivedeva l'opera stampata in forma bidimensionale la ricordava nei particolari, mentre il ricordo in forma tridimensionale gli risultava più difficoltoso. A questo proposito Muniz ama citare Willem De Kooning che non riconosce il proprio dentista invitato dalla moglie ad una cena. Nel corso della serata l’artista decide di realizzare un ritratto dell’ospite e dopo averlo ultimato commenta: “Sa una cosa? Assomiglia proprio al mio dentista!†Allo stesso modo nasce l’idea di fotografare il soggetto dell’opera al fine di renderlo astratto, disfunzionale, ma alla fine, riconoscibile.
Nel costruire i soggetti da fotografare l’artista opera una complesso procedimento di composizione e ricomposizione: per esempio nella serie "Pictures of Magazines", Vik Muniz propone delle nature morte eseguite assemblando e sovrapponendo innumerevoli e minutissimi ritagli di riviste, facendo emergere in modo riconoscibile noti vasi di fiori e paesaggi di maestri quali Van Gogh, Monet, Matisse, Redon. Partendo da un ritaglio colorato Muniz ricostruisce un’immagine creando nel fruitore un effetto di straniamento: sará compito proprio dell’osservatore realizzare uno sforzo per intepretare i segni e rielaborare l’immagine. All’artista interessa proprio mostrare i segni visibili che compongono l’immagine e non semplicemente fotografare degli oggetti. La realizzazione del modello da fotografare è un percorso fondamentale: accostare i ritagli di giornali, i giocattoli della serie "Rebus", le gocce di sciroppo di cioccolato della serie "Picture of Chocolate", equivale ad una gestazione accuratamente controllata.
La durata dell’immagine così realizzata equivale alla frazione di secondo in cui è esposta alla pellicola. La fotografia può essere vista in quest’ottica come la prosecuzione della pittura, come la fase finale delle ricerche tecniche volte a realizzare una rappresentazione il più possibile vicina alla realtá, ossia rendere i segni che compongono l’immagine impercettibili, ma visibili, come se avessimo di fronte l’oggetto reale. "Muniz non copia l'arte del passato, - scrive Demetrio Paparoni nel saggio del catalogo che accompagna la mostra - né ripete le esperienze di altri, non è quel che si suol dire un Appropriazionista. Per dare risposte alle domande che si pone, studia i processi che hanno generato l'arte di ieri. In tal senso è ben lontano dall'essere un concettuale, in quanto le sue opere non si legittimano negli interrogativi che sono capaci di stimolare nel fruitore, quanto nelle risposte che l'autore riesce a dare a se stesso. Comunque sia, poiché in arte come nella scienza niente di ciò che può condurre a un risultato va escluso, copiare o ripetere non sono processi che sminuiscono il lavoro di un artista." Ed ancora scrive Paparoni: "L'opera è esperienza individuale sia per chi la fa che per chi la guarda, e poiché nella mente dell'uomo nulla è fisso e immutabile, ogni nuova esperienza può generare uno slittamento concettuale capace di modificarne la lettura. Con il suo lavoro Muniz dimostra che non sono i critici ad allargare lo spettro interpretativo dell'arte, ma è l'arte stessa, che tornando sempre sugli stessi temi e scavando in profonditá, si autorigenera attraverso il lavoro delle nuove generazioni. Grazie ad artisti come Muniz l'arte rimane viva e i musei non sono cimiteri ma fucine di idee nuove." La mostra terminerà il 28 maggio 2005.
Galleria Cardi
Piazza S. Erasmo, 3 - Milano
Orari: dal lunedì al sabato, 9:30 - 12:30 e 15:30 - 19:30