Studio La Citta'
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Passalacqua e Seliger
dal 24/11/2000 al 30/12/2000
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24/11/2000

Passalacqua e Seliger

Studio La Citta', Verona

Malgrado le loro diversità, i due artisti esposti in questa mostra sono entrambi impegnati in un dialogo serrato tra struttura astratta, letta in chiave di metafora dell'eternità, ed una manualità da intendere come misura umana dello scorrere del tempo. Entrambi si esprimono con un linguaggio 'figurativo', anche se profondamente consci dell'appagamento offerto da un'astratta e percepibile struttura di base.


comunicato stampa

Malgrado le loro diversità, i due artisti esposti in questa mostra sono entrambi impegnati in un dialogo serrato tra struttura astratta, letta in chiave di metafora dell'eternità, ed una manualità da intendere come misura umana dello scorrere del tempo. Entrambi si esprimono con un linguaggio 'figurativo', anche se profondamente consci dell'appagamento offerto da un'astratta e percepibile struttura di base. Sia Jonathan Seliger che Franco Passalacqua si occupano del puro artificio dell'arte, ma, allo stesso modo, della personalità insita nella manualità stessa.

Franco Passalacqua, nato a Terni nel 1950, ripete un unico modulo figurativo, che si moltiplica attraverso la tela e da origine ad una struttura severa e quasi rigida. Ma ciò che conferisce vita palpabile alle sue superfici è il trattamento manuale della pittura ad olio. Come nel caso della ricerca pittorica di Max Cole o di Agnes Martin, la ripetizione di segni eseguiti a mano si diversifica di continuo all'interno della tela proprio a causa del fattore umano. Scopriamo così che quello che a prima vista sembra un mare indifferenziato è in effetti un'infinità di onde in continuo mutamento. Lo spettatore viene coinvolto dal tempo scandito dai segni variabili pur rimanendo sempre consapevole della strutturata permanenza della superficie.

La strategia di Jonathan Seliger, nato a New York in 1955, è diversa. Egli usa la pittura acrilica, la cera e la plastilina invece dell'olio, mezzo carico di significati storici. Eppure i suoi oggetti tridimensionali sono chiaramente legati alla superficie tradizionale della tela. Siamo in grado di percepire la loro tridimensionalità e, allo stesso tempo, siamo assolutamente consapevoli che sono stati modellati da una superficie piatta. Ed è qui che l'artista dimostra il suo artificio - e la sua ironia. Le allusioni che egli suscita, in virtù delle pazienti cuciture effettuate sulla tela ed alla minuzia del trattamento, rimandano agli oggetti fatti in casa e, iconograficamente, al vivere quotidiano. Tuttavia le sue forme sono minimali e concettualmente essenziali: sono delle astrazioni accese dall'umanità.

Cataloghi con testi di Mario Bertoni e Terry Myers.

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