L'opera grafica. Nelle opere dell'artista appaiono anziani venerandi, donne in crocchio a filare la lana, giovani sdraiati. Il tratto e' geometrico e i volumi plastici.
L'opera grafica
Sabato 25 giugno, con inizio alle ore 18:30, nell'Aula Magna dell'Istituto di
Formazione Professionale di Tonara sarà inaugurata alla presenza del Sindaco Renato
Tore la mostra "Hans Paule", opera grafica.
Ad Hans Paule, il pittore e incisore viennese che amava due isole: Capri e la
Sardegna e che tra esse consumò la sua esistenza, è dedicata questa mostra voluta
dall' dell'Assessorato alla Cultura del comune di Cagliari e dal Consorzio Camù.
A Capri Paule viveva in una grotta, si cibava di ricci e patelle, si lavava in una
pozza di acqua piovana e beveva le gocce di una stalattite, ma nel 1915, il Governo
italiano lo confinò in Sardegna perché infido suddito asburgico, ma a sua detta
l'artista fu lietissimo di addentrarsi nel cuore selvaggio e inesplorato dell'
Isola, dove rimase per ben 10 anni. A Tonara fu ospite della mansarda del Sindaco
Giovanni Tore e dalla sua famiglia, mansarda che divenne uno studio e un laboratorio
di bellissime xilografie eseguite su robusto e duttile legno di castagno. Forse Hans
Paule non sarebbe mai andato via, se il sindaco amico non si fosse trasferito a
Cagliari.
Nelle opere di questo artista tanto irruento nel carattere, quanto sorvegliato nel
gesto pittorico, appaiono anziani venerandi, donne in crocchio a filare la lana,
giovani sdraiati. Il tratto è geometrico e netto, i volumi plastici, nel rendere il
bianco e nero dell'abito tradizionale. Nelle sue composizioni, Hans Paule asciuga
ogni folklore, i suoi modelli sono assolutamente composti, quasi ieratici anche nel
movimento.
Dalla presentazione del catalogo
Hans Paule, il viennese che amava le isole, tra Capri e la Sardegna consumò tutta la
sua non banale esistenza. La mostra "Dioniso tra le isole. Hans Paule: un artista e
il suo tempo. Capri - Sardegna 1900- 1951", allestita , fino al 31 agosto al
Grand'Hotel Quisisana di Capri per la cura di Antonella Basilico Pisaturo (e
organizzata da "La Conchiglia Libri & Arte"), mette insieme le opere di Hans Paule e
dei suoi contemporanei. Di quelli, tanti, che scelsero Capri nell'inimitabile
stagione della prima metà del Novecento e vi rimasero a lungo o non se ne andarono
più. Hans Paule morì, dicono, mentre si abbandonava ad una delle sue omeriche risate
proprio nel cuore della Piazzetta di Capri. All'Isola Azzurra arrivò al seguito del
suo maestro Karl Wilhelm Diefenbach, pittore tedesco di ta¬lento, dallo stile di
vita assai originale comprensivo di saio bian¬co e barba patriarcale. Paule non era
decisamente da meno. Viveva in una grotta, si cibava di ricci e patelle, si lavava
in una pozza di acqua piovana e beveva le gocce di una stalattite. Colto troglodita,
aveva studiato alla Kunstenhaus di Vienna e amava la compagnia delle sirene, ma non
disdegnava di fre¬quentare il caffè Zum Kater Hiddigeigei, dove si radunavano gli
eletti spiriti di quell'enclave cosmopolita. Una sera, si racconta, Hans il
cavernicolo vendette al caffè un'intera cartella di disegni. Strappato da mercanti
ed estima¬tori al suo anfratto marino, cambiò casa scegliendo, come consona dimora a
un artista ormai acclamato, una rimessa di pescatori. Alla locanda Pagano
incontra¬va aristocratici come la marchesa Casati, che aveva affittato la villa di
Axel Munte, e colleghi di grido come Fortunato Depero. Quando, nel 1915, il Governo
italiano lo confinò in Sardegna -perché infido suddito asburgico, - ne fu
lietissimo. Proprio come accadde a Amelie Posse Bradzova, scrittrice svedese anche
lei mandata al confino e dolcemente approdata ad Alghero e che interruppe a
malincuore il suo "interludio di Sardegna" per poi subito dopo recarsi a Capri.
Sicuramente felice dunque, raccontano gli scarsi biografi di Hans Paule, di
addentrarsi in una terra selvaggia e inesplorata, planando nel cuore della Barbagia
e rimanendovi per dieci anni. A Tonara dai dolci torroni, rievoca Giorgio
Pellegrini, che si è messo per primo sulle sue tracce, fu accolto con molta
benevolenza dal sindaco Giovanni Tore e dalla sua vasta famiglia. Di fronte al
pericoloso confinato, il sindaco agisce secondo le più nobili regole
dell'ospitalità . Se lo porta a casa - una casa di pietra nel borgo di Arasulè - e
gli assegna la mansarda. Il luogo e la gente garbano tanto all'ex mangiatore di
ricci da spingerlo a trattenersi in quel posto ben ol¬tre la fine della guerra. La
mansarda diviene così un laboratorio di bellissime xilografie eseguite su robusto e
duttile legno di castagno e la piccola Ester, settima e ultima figlia del sindaco
Tore, attratta da questo "tedesco " che tramuta il legno in figure, impara a
disegnare e a usare il torchio. Ogni tanto lo straniero accom¬pagna i venditori di
pelli che a cavallo vanno nei paesi vicini ed è lì, in quelle contrade barbaricine,
che Hans Paule trova la sua seconda "fonte dionisiaca". Forse non sarebbe mai andato
via, se il sindaco amico non si fosse trasferito a Cagliari. Bisognava partire,
tornare all'altra isola, non alla nordica natia Vienna. Paule affida tutta la sua
produ¬zione alla famiglia Tore, affinché la conservi sino al suo (mai avve¬nuto)
ritorno. Ma il destino di que¬st'uomo singolare volle diversamente. La casa che
custodiva le opere divenne teatro di un delitto, quindi sigillata dai carabinieri e
infine demolita. Sparirono in gran numero gli scuri pastori e le donne in costume, i
ritratti che sembrano scaturire dalla materia stessa del legno. Silenzio e
solitudine scolpirono quelle incisioni come la mano felice dell'autore e, insieme,
le severe sagome sarde che si caricano di caldi colori mediterranei. Nell'energica
sintesi consueta ad un artista tanto irruento nel carattere quanto sorvegliato nel
gesto pittorico, appaiono anziani venerandi, donne in crocchio a filare la lana,
giovani sdraiati. Il tratto è geometrico e netto, i volumi plastici, nel rendere il
bianco e nero dell'abito tradizionale. Ma la portatrice di corbula si sta¬glia su un
fondo rosso corallo che si riversa sulle sottane pieghet¬tate delle donne alla
fonte. Nelle sue composizioni, Hans Paule asciuga ogni folklore, i suoi modelli sono
assolutamente composti, quasi ieratici anche nel movimento. Lo guidava forse una
sorta di rispetto per la terra dove aveva condiviso coi suoi ospiti "una vita
intatta", ma già in pericolo se scriveva, nel settembre del 1921, al suo amico Edwin
Cerio: "Anche la Sardegna muore". Un'attitudine alla riflessione che gli faceva
replicare nei dipinti, nelle sanguigne, nelle acqueforti, i Faraglioni rocciosi di
quell'isola di Capri dove rientrò nel 1924. Nella piccola patria ritrovata, Paule
frequentava Alberto Moravia e Curzio Malaparte, partecipava alle feste elegantissime
del conte Fersen con i sandali ai piedi e una camicia a quadri, sorpreso del
riguardo con cui, in quegli anni e in quel luogo, si trattava un artista.Scorre
un'epoca, sul catalogo edito da "La Conchiglia Libri & Arte", i nomi e le immagini
tra gli altri di Gilbert Clavei, Laetitia Cerio, Paolo Falco, protagonisti delle
estati capresi. Un autoritratto, e una foto, di Hans Paule ce lo mostrano con gli
occhialini tondi, corta barba, l'espressione intensa: le sauvage che ha scru¬tato la
sua anima tra il mare di Capri e i graniti di Barbagia.
Inaugurazione sabato 25 giugno 2005 ore 18,30
Aula Magna Istituto di Formazione Professionale - Tonara