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24/6/2005

Donne esposte

Palazzo Albertini, Forli'

(dis)incantate visioni. Un portfolio di portfolio. Un insieme di immagini volte a rappresentare un luogo della mente o dello spazio o del tempo: ogni singolo scatto realizza con il precedente e con il successivo una sinergia che amplifica il risultato, dilata la percezione e approfondisce un tema.


comunicato stampa

Un portfolio di portfolio

Pensavo che fotografare fosse un esercizio solitario e continuavo a farlo portando testardamente la mia attrezzatura come un taccuino di appunti che servisse alla memoria o all’immaginare, chiusa in una tensione che mai si risolveva né dentro né fuori da me stessa. Poi ho cominciato a frequentare un circolo fotografico e, soprattutto, le manifestazioni che si tengono in giro per l’Italia, quelle che prevedono l’incontro diretto della gente di fotografia: si osserva, si discute, si presentano i propri lavori. E’ stato lì che ho fatto il mio incontro con un formidabile strumento espressivo utilizzato da molti autori: il portfolio.

Si tratta di un insieme di immagini volte a rappresentare un luogo della mente o dello spazio o del tempo: ogni singolo scatto realizza con il precedente e con il successivo una sinergia che amplifica il risultato, dilata la percezione e approfondisce un tema. Ogni portfolio ha il suo ritmo e la sua grammatica, il suo fluire o il suo singhiozzo, restituendo l’idea dell’autore alla complessità dei sentimenti, dell’analisi o del racconto, alla forza delle evocazioni, dei ricordi o delle paure.

Tra i tanti che ho visto, e che a poco a poco ho imparato a leggere, mi tornavano alla mente le ricerche di certe autrici, la padronanza del loro linguaggio, il ricorrere di analoghi temi, se pure con modalità espressive e tecniche completamente diverse. Anche quando facevano reportage mi pareva di notare la stessa specificità di un luogo intimo, profondamente indagato e che toccava le corde di una percezione assolta da ogni giudizio.

Così, forse per comodità di analisi e di astrazione, è nata l’idea di raccogliere una parte di quelle opere, isolarle dal contesto generale del mondo fotografico amatoriale e metterle in mostra osservandole insieme muoversi autonomamente, per comprendere se, portfolio composto di più portfolio, una manifestazione espositiva così concepita potesse raggiungere una profondità diversa, lavorare sulla persistenza, sollecitare le sfere della percezione specifica e partecipare all’evolversi del linguaggio fotografico.

Come ogni immagine all’interno di un portfolio, qui vorrei che ogni portfolio aggiungesse al suo insieme, amplificasse, partecipasse, tessera tra le tessere, al caleidoscopio dell’avvenimento.
E come ogni portfolio aspetta una lettura, trasmette una comunicazione, anche questa esposizione vuole solo in parte essere spiegata e in parte essere invece percepita come luogo di un’anima corale che fa delle diversità di intenti e di interpretazione la ricchezza più inestimabile. Queste donne sono tutte le donne che sento in me: armoniose, conflittuali, polemiche, introverse, delicatamente corrosive, aperte, attente, visionarie, incantate. E tutte, ugualmente, nella efficace e laboriosa collaborazione a questo progetto, disincantate.

Ascolto gli echi lontani delle inquietudini della giovinezza espresse da Alice Mezzani in “Sono così”, più forti quelli dell’offuscata percezione di sé nell’età matura, rappresentati da Carla Riani in “Indagine su un io minore”. Tocco la nostalgia di una felicità da costruirsi e che ci segua partecipe di ogni momento della vita, come desidera Maria Vodarich, e riconosco la primordiale sensazione di un perenne stato di maternità nella dolcezza delle immagini di Francesca Degli Angeli, o l’ansia e il dolore della creazione come atto supremo e condanna, nelle sofisticate ed eleganti elaborazioni di Lorella Coloni. Sento il dramma della visibilità superficiale della donna affidata alla bellezza ed alla giovinezza precipitare nella cancellazione degli anni per diventare, noi donne provate e arricchite dal tempo, le “Comparse” di Maria Teresa Crisigiovanni. Ho dentro di me il mondo dell’intuizione, coltivo l’isola della ragione in un mare di irrazionalità e mi ascrivo al “Registro delle presenze” di Claudia Romiti. Vorrei avere l’immediatezza di rappresentazione e l’eleganza di composizione di Angela Maria Antuono, unico occhio del nostro meridione, alla quale la sua terra ha donato una preziosa e acuta ironia. Coltivo la vena polemica e irridente, ma costruttiva, che attraversa “Dopo il 68” di Alida Cartagine. Sento la discrezione dell’acuto osservare di Marinella Zonta e mi meraviglio davanti alle opere di Antonella Monzoni, con la sua capacità di darsi alle situazioni diverse, partecipando, mettendosi dentro, simbioticamente assorta nei soggetti del suo peregrinare.

Ecco, davanti a tanto lavoro, a tanto immaginare, a tanto sentire e rappresentare, io mi incanto.
Poi premo il mio grilletto, sviluppo e stampo... e subito mi disincanto.

Cristina Paglionico
Docente Dipartimento Attività Culturali - FIAF

Sala Albertini
piazza Saffi 50
Forli'

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