L'artista lavora attorno a temi legati alla rappresentazione dello spazio. Con spugne artificiali ha ridimensionato una porzione della calotta artica, vista dall’alto come la si vedrebbe dal satellite, scavando nella materia.
Deneb
Si entra all’interno di uno spazio costellato da topografie immaginarie, sotto forma di installazioni, con materiali inconsueti che generano ambiguita'. Nascono e crescono assieme, modificandosi durante le fasi installative,- come sottolinea l’artista - i disegni, connotati da un segno spesso e vorticoso, quasi a corrispondere, nella fisicita' del segno grafico, l’ingannevole precarieta' e visionarieta' delle installazioni.
Dacia Manto da anni lavora attorno a temi legati alla rappresentazione dello spazio, attraverso un transfert divenuto gioco, tra mimetismo e iconografie artificiali. E continua a giocare sul trasferimento di immagini da un certo tipo di rappresentazione, come la cartografia, ad altri supporti, prevalentemente artificiali, mimetici e spiazzanti, come spugne, gomme-plastiche, che un’esecuzione abile, palesemente virtuosistica, trasforma e modella in un’inedita e sorprendente mappatura di luoghi. Siano essi vedute radenti di citta' o porzioni del cosmo, carte nautiche o interni domestici. E forse Deneb, la stella 4800 volte piu' luminosa del Sole, la coda, della costellazione del Cigno, risponde all’ennesima tentazione dell’artista, che si interroga sulle leggi fisiche e sulla coerenza della loro rappresentativita', che lavora con disincanto ironico su materiali dall’intrinseca debolezza e mimeticita' e sposta il suo punto di arrivo piu' avanti, sentendo l’urgenza di abbracciare le regole delle comete o la distanza dei pianeti, o di consultare la mappa del cielo o la cartografia terrestre, come per proteggersi dal disordine delle cose.
Il racconto visivo si sostanzia di attraversamenti e di avvicinamenti, spaziali e temporali. In fondo si viaggia nello spazio fisico, geografico, anche per negare il tempo.
Il recupero delle immagini gia' esistenti, come quelle satellitari della terra e del sistema solare e' pretesto perche' quelle stesse immagini siano scomposte e reinterpretate.
Con spugne artificiali di grande formato e spessore Dacia Manto ha ridimensionato una porzione della calotta artica, vista dall’alto come la si vedrebbe dal satellite, scavando nella materia; stessa sorte per un’immaginaria citta' orientale, tagliata e cucita nel panno sintetico comunemente usato per pulire pavimenti e lavare vetri con un paradossale trasferimento in scala, che la fa assomigliare ad un plastico, ma che ne e' in realta' la negazione.
Dacia Manto si avvicina a quella ecologia delle immagini, raggiunta e praticata dagli artisti dell’ultima generazione, toccando un altro versante ancora, travalicando altri confini ordinatori, intersecando, come e' prassi, altre discipline, contesti, generi.
Inaugurazione: sabato 11 marzo 2006, alle ore 18
Galleria dell’Immagine
via Gambalunga 27 - Rimini