Giavino presenta una selezione di opere di vario formato, dalla miniatura al metro quadro e oltre, che documentano la ricerca artistica degli ultimi anni. Il corpo è l'oggetto su cui invece indaga Gilia Montanella in mostra "al pozzo" di Satura.
Mario Giavino
Corrispondenzearbitrarie
Al Portico di Satura.
Sarà esposta una selezione di opere di vario formato, dalla miniatura al metro quadro e
oltre, che documentano la ricerca artistica degli ultimi anni. Si tratta di tecniche
miste su carta, supporto privilegiato dall'autore nell'ultimo decennio quale medium più
adatto a supportare il proprio linguaggio. Non si tratta infatti della bella pagina
quanto di un formato di lavoro su cui sono sovrapposte altre carte e/o cartoni di vari
spessori, consistenza e tonalità , solitamente carte povere, da pacchi, riciclate e
di giornale o altre in cui appaiono scritte o segni interessanti. Questo piano è poi
coperto da uno strato più o meno spesso ed uniforme di tempera bianca che lascia
intravedere i vari spessori, le naturali tinte e forme delle carte sottostanti.
Si crea così una trama visiva controllabile che può suggerire una ulteriore struttura
compositiva o una diretta urgenza espressiva.
Giavino pone infatti al centro della sua opera il segno come generatore di forme e
rapporti: tracce, cancellazioni, scritture pseudo-alfabetiche o illeggibili, pittogrammi.
Immagini elaborate, pregnanti e caratteristiche dal punto di vista estetico, costruite su
un nutrito repertorio segnico e simbolico estrapolato, con sicurezza e mai in maniera
"citazionista", dalle culture e fonti più diverse unite ad un uso sorvegliatissimo del
colore intonato sulla gamma del bianco, nero, ocra, rosso e delle terre.
Il titolo della mostra riflette da una parte il criterio di scelta delle opere,
selezionate in modo da presentare, pur nella continuità di linguaggio, esiti diversi
o particolari della ricerca artistica di Giavino e dall'altra sottolinea il carattere
polisemantico degli accostamenti di forme e segni che colpiscono lo spettatore. A cura
di Andrea Beolchi.
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Gilia Montanella
Non connesso
Al Pozzo di Satura.
Il corpo è l'oggetto su cui indaga Gilia Montanella. Nel lavoro "Testa d'uomo", una
scultura in gesso avvolta da una retina metallica, l'artista manipola un cranio
bituminoso dal volto scavato in rotanti orbite in cui dilatate e nere pupille
sembrano rievocare antiche memorie di ominidi (uomini- scimmia): qui l'evocazione
della preistoria chiama in causa l'
Anche questa scultura dipinta, quasi ritratto-imbalsamato, sembra suggerire
l'inizio della storia umana che oggi corre rapida su rotaie sconosciute.
Simbolo e rito di tale processualità , realizzabile con mutazione di codici
genetici, è l'opera composta da pannelli contenenti 23 (semi)uova dorate,
in gesso e a grandezza naturale; disposte in filari proprio come il corredo cromosomico,
quasi in attesa di manipolazioni che diano avvio a nuove strutture formali.
L'oro di tali uova riveste qui significato di denuncia contro : "...certe lobby
mediche private che si muovono nella ricerca con disinvoltura (e nel nascondimento
per non condividerne i risultati) forti del loro dorato aspetto economico...",
come spiega la stessa artista che precisa ancora: "... vorrei pormi delle domande
sulla natura umana, affrontare gli scottanti problemi attuali mentre attraverso
la ricerca perseguo la strada della verità con l'aiuto di riflessioni che partendo
dall'uomo arrivano all'animale, dalla cellula all'impronta, dalla mutazione al clonaggio".
In questo senso il suo lavoro si fa voce di chi chiede di sapere.
Con la gigantografia della "pecora Dolly" Gilia affronta il tema della clonazione
coi rischi e vantaggi che le generazioni future subiranno nella riproduzione di
se stessi o di parti organiche.
Paradossalmente, questa innocua e bonaria immagine della pecora-clonata nasconde in
sé la più grande ed esplosiva scoperta di fine millennio di cui non conosciamo ancora
la portata.
Una serie di contenitori in vetro (da laboratorio) mostrano, idealmente conservati
nella formalina, frammenti di corpo umano dorato (maschile e femminile) come campionario
di prelievo, anch'esso in attesa di possibili e fantomatiche trasmutazioni.
Altre grandi fotografie, su pannello, di torsi umani su cui sono fotomontate,
in verticale, spalancate bocche sanguigne (coi denti a vista) sembrano qui simulare
l'azione del nutrirsi: bocca cioè come metafora di assunzione del cibo, che al
contempo nutre e trasforma il corpo. Infatti l'idea nasce dalla riflessione
su manichini nudi, bordati di fasce rosse (osservati in una vetrina), quali simboliche
e truculenti labbra capaci di divorare ...
A cura di Miriam Cristaldi.
Inaugurazione sabato 17 Marzo ore 17.00
Orario: dal martedì al sabato dalle ore 16.30 alle 19.00
chiuso lunedì e festivo, altro orario su appuntamento
SATURA, piazza Stella 5/1 Genova
Tel/Fax: 010.2468284 / 010.6046652