Un fiorentino, Giotto, segno' l'arte padovana del Trecento; un altro fiorentino, Donatello, plasmo' quella del secolo successivo. Non e' un caso quindi se Padova, dopo aver celebrato Giotto, si appresta a celebrare Donatello e, con lui, la scuola del bronzetto che qui raggiunse vertici sublimi di raffinatezza e preziosita'.
Un fiorentino, Giotto, segnò l'arte padovana del Trecento; un altro fiorentino, Donatello, plasmò quella del secolo successivo. Non è un caso quindi se Padova, dopo aver celebrato Giotto, si appresta a celebrare Donatello e, con lui, la scuola del bronzetto che qui raggiunse vertici sublimi di raffinatezza e preziosità . La nascita nel Veneto di questa forma espressiva è dovuta alla presenza di Donatello a Padova dal 1444 al 1453. Qui lo scultore toscano realizzò l'Altare e il Crocefisso per la Basilica del Santo e il monumento a Gattamelata. Al suo seguito si formò una fiorente scuola locale di bronzisti tra cui autentici geni come Bartolomeo Bellano e Andrea Briosco detto il Riccio.
"DONATELLO E IL SUO TEMPO. Il Bronzetto a Padova nel Quattrocento e nel Cinquecento" concentra, dall'8 aprile al 15 luglio 2001, nel Palazzo della Ragione, più di un centinaio di bronzi provenienti, oltre che dalle collezioni, musei e chiese di Padova e del Veneto, da Firenze, Modena, Roma e da Berlino, Vienna, Parigi, New York, Cleveland, Amsterdam e altri musei esteri. Per l'ampiezza, la qualità e l'importanza dei prestiti concessi sarà ben difficile, dopo questa eccezionale occasione, poter rivedere riunite tante e tali opere su un tema affascinante come quello del bronzetto rinascimentale.
La mostra è promossa, organizzata e prodotta, con la collaborazione di Ingegneria per la Cultura, dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Padova, con la consulenza di Vittorio Sgarbi e il coordinamento del Settore Attività Culturali e dei Musei Civici.
Eccezionale e irripetibile è, prima di tutto, l'esposizione di alcune delle opere create da Donatello per la Basilica di Sant'Antonio. In Salone saranno infatti esposte due delle grandi formelle con i miracoli dell'Altare Maggiore, altrettanti Angeli e l'intenso Crocifisso, opere notissime eppure di fatto sconosciute in quanto, pur visualizzate in milioni di copie grazie ai libri d'arte e alla immensa pubblicistica legata alla devozione antoniana, sono, da sempre, precluse alla visione diretta e ravvicinata, essendo parti di un altare che presenta difficoltà .di accesso per il grande pubblico
Da Londra giunge, ancora di Donatello, il Putto alato, recentemente ricomparso sul mercato, interpretabile come un'allegoria della vittoria dell'amore sul peccato.
Altri importantissimi prestiti consentono di presentare, per la prima volta, una ricostruzione puntuale della scuola catalizzata dall'attività padovana del Maestro fiorentino, a cominciare da Bartolomeo Bellano che, entrato giovanissimo nella bottega di Donatello, lo seguì quale collaboratore a Firenze per ritornare poi a Padova, dove operò fin quasi alla fine del Quattrocento. La componente di immediatezza delle sue opere emerge in modo straordinario dai rilievi con storie bibliche del presbiterio del Santo (anche queste apprezzabili, eccezionalmente da vicino, in tutta la loro qualità ) ma anche nei piccoli bronzi a tutto tondo di soggetto mitologico che, primo tra i veneti, realizzò.
L'ultimo capolavoro del Bellano, il Monumento Roccabonella nella chiesa di San Francesco, fu completato dal più grande maestro del piccolo bronzo, il trentino Andrea Briosco detto il Riccio, operoso a Padova fino alla morte avvenuta nel 1532. I suoi modelli, riprodotti e imitati molto a lungo sia dalla bottega che dagli epigoni, sono geniali sculture autonome di ridotte dimensioni o oggetti d'arte applicata nei quali, con vivace realismo, viene ricreato lo spirito dell'antichità . Infatti le sue figure mitologiche, i satiri, gli animali, i candelieri, le lampade i calamai erano fusioni rifinite con una minuziosa cura da orefice, create per divenire dei monumenti da scrivania che facevano bella mostra di se negli studi degli umanisti. Il Briosco fu attivo anche nella scultura in scala maggiore, soprattutto funeraria, e lasciò il suo capolavoro, il grande candelabro per il cero pasquale, ancora una volta nella Basilica del Santo.
Fino a non molto tempo fa tutta la produzione di due importanti maestri, Severo da Ravenna e Desiderio da Firenze, confluiva in quella del Riccio. Ora la loro fisionomia emerge in modo più definito. Interessante anche la figura di Vittore Camelio, tramite tra la produzione padovana e il gusto veneziano.
Con le grandi sculture e con i piccoli bronzi, spesso commissionati dai dotti collezionisti, la mostra dà conto della curiosa produzione di vivaci figure di animali, come rospi, crostacei, serpenti, spesso legati a oggetti di uso pratico come lucerne, vasi o incensieri, caratterizzati da vivaci abbinamenti di elementi reali e fantastici. Erano tutti materiali realizzati, già all'origine, per l'esportazione e il collezionismo e, non a caso, molti tornano per la prima volta a Padova, dove cinque secoli fa furono realizzati.
Eredi della tradizione donatelliana ma anche capaci di impronte decisamente originali sono artisti come Agostino Zoppo, Giovanni Maria Mosca, Tiziano Minio, Bartolomeo Ammannati e Danese Cattaneo, entrambi toscani che, come Donatello, lavorarono a Padova, importando il gusto manieristico.
All'ultimo grande scultore veneto legato alla tradizione cinquecentesca, il veronese Girolamo Campagna, toccò il compito di offrire una rilettura dell'altare di Donatello; le figure da lui realizzate a decorazione della complessa macchina architettonica destinata a raccogliere i bronzi del grande toscano dopo lo smembramento del suo altare, costituiscono l'estremo messaggio lasciato da questa forma espressiva a Padova, che con la figura di Tiziano Aspetti avviava la scultura veneta verso il barocco.
Un itinerario, proposto da Vittorio Sgarbi, completa l'esposizione, consentendo un utilissimo raffronto tra la produzione bronzistica e le altre testimonianze della scultura dell'epoca conservate in diverse chiese e palazzi della città .
DONATELLO E IL SUO TEMPO. Il bronzetto a Padova nel Quattrocento e nel Cinquecento. Padova, Palazzo della Ragione, dall'8 aprile al 15 luglio 2001
Orario: 9 - 19 . Ingresso lire 10.000, ridotti lire 8.000, speciali lire 5.000.
Mostra promossa, organizzata e prodotta in collaborazione con Ingegneria per la Cultura, dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Padova; coordinamento scientifico di Davide Banzato. Direzione della mostra Gian Franco Martinoni, Davide Banzato, Franca Pellegrini.
Catalogo Skira.
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