Quasi tutti gli oli di Angelo Formichella sono paesaggi di architetture affacciati sul mare, geografie ideali che nel segnare il limite tra acqua e terra sembrano invitare anche l'architettura a farsi presidio ideale di un margine inteso come una linea assoluta e definitiva, metaforica frontiera teorica e formale che distingue un prima e un dopo, una verita' da un'illusione, un principio dalla sua interpretazione. (Franco Purini)
Un'attesa
Negli oli ben composti e cromaticamente accurati di Angelo Formichella
circolano umori diversi, che collaborano a definire un'atmosfera
sospesa e incantata, piena di attesa per un evento imminente. Il primo
consiste in una venatura metafisica, che rimanda a certe spiagge e
scogliere dechirichiane abitate da mitiche e trasognate architetture,
instabili realtà insidiate da una poetica assenza. Il secondo è uno
spirito streamliner che sagoma con ispirazione futurista masse e
superfici, dando ad esse un andamento mobile e fuggente; il terzo si
identifica in una volontà narrativa nutrita di sintesi, che con poche
pennellate matericamente dense racconta un carattere architettonico,
suscitando dal mondo da cui esso proviene suggestioni remote.
Osservando queste piccole tele vengono alla mente nomi illustri
quali quelli di Mario Sironi, Angiolo Mazzoni, Adalberto Libera,
riferimenti precisi affioranti da un tessuto di citazioni
espressioniste e razionaliste che evocano gli anni venti e trenta
come un leggendario spazio del desiderio e della fantasia.
Quasi tutti gli oli di Angelo Formichella sono paesaggi di
architetture affacciati sul mare, geografie ideali che nel segnare
il limite tra acqua e terra sembrano invitare anche l'architettura
a farsi presidio ideale di un margine inteso come una linea assoluta
e definitiva, metaforica frontiera teorica e formale che distingue
un prima e un dopo, una verità da un'illusione, un principio dalla
sua interpretazione. Costruiti sul confine tra terra e acqua questi
edifici dall'aspetto sorprendente rivelano i due elementi primari
a se stessi, e lo fanno nel loro momento nativo, quando l'uno
trascorre quasi nell'altro. Questa postazione estrema è esaltata
dalla densità concettuale e figurativa del piccolo formato.
In questo simile a Massimo Scolari, con le cui opere questi quadri
dalla dimensione raccolta sembrano volersi confrontare, il giovane
pittore architetto concentra nelle sue tele il contenuto arco gestuale
della scrittura, nonché uno sguardo capace di fissarsi a lungo su un
singolo frammento del mondo.
Il lavoro di Angelo Formichella si iscrive in quella tradizione di
architetti disegnatori e pittori, - ormai ampiamente storicizzata da
Gianni Contessi e Francesco Moschini - che soprattutto tra Roma,
Milano e Firenze ha vissuto in anni non troppo lontani momenti di
eccezionale impegno creativo. Riprendere oggi un cammino che aveva
visto molte prove individuali confluire in una importante vicenda
collettiva e che sembrava definitivamente interrotto, è una scelta
significativa perché, al di là dell'autonomo valore artistico di
queste opere, esse riaprono un discorso sull'architettura dotato
di una complessità di motivazioni e di una seduzione iconica oggi
rare. Più precisamente rivive in questa serie di vedute un'impronta
radicale, nella quale un non sopito intento avanguardistico si allea
a una energica attitudine sperimentale.
All'universo contemporaneo della visualità digitale le immagini
di Angelo Formichella contrappongono un sentimento di estraneità ,
insieme elitario e marginale. Un essere dentro e fuori la storia
accentuato dalla nostalgia di una meridiana perfezione solare oggi
del tutto perduta, ricostruibile solo per mezzo di una archeologia
della memoria, ovvero di una memoria della memoria. Dagli scenari
solitari dipinti dal pittore/architetto dalla mano attenta, ma dallo
sguardo ancor più acuto di quanto lo sia il suo tratto, manca l'uomo:
forse è il suo ingresso - un ingresso temuto, più che auspicato -
l'evento che essi attendono.
Franco Purini
Inaugurazione sabato 5 maggio ore 18.30
LABORATORIO GRAFIO
via Fra Bartolomeo 39, Prato