La carica di espressivita' che informa i dipinti esposti trova espressione pregnante nel clown. All'inaugurazione: presentazione del video dell'artista sui conflitti in Iraq, "Charlie Big Potato".
Circostanze
Riflessioni di un clown
Un clown che guarda, sospeso tra ironia e sofferenza, tra stupore ed edonismo. È questa l’immagine che, osservando i lavori di Andrea La Rocca, si staglia su fondi bianchi, cosparsi di nubi o campeggia sulle immagini dell' agghiacciante assurdità della guerra. Nella serie di ritratti-autoritratti che costituiscono il leit motiv dell’opera di questo artista è nel clown, che apparentemente irride ai drammi della vita, ma che dietro la maschera porta il peso di tutti i piccoli e grandi interrogativi del quotidiano, che si palesa la fortissima carica di espressività e di pathos che erompe da queste tele.
Lavorando con il corpo, quale elemento primario di ricerca, attraverso l’elaborazione fotografica di impressioni e la costante tensione al trasporre sulla tela immagini sezionate, ritagliate, stravolte in un gioco di luci e specchi, l’artista tende a veicolare un proprio messaggio sottilmente narcisistico e pervaso non già di certezze, bensì di dubbi sulla caducità di figure a volte volutamente provocatorie.
Figure e corpi che si pongono certamente fuori dai canoni propri di stereotipate immagini fredde di glamour e che scivolano volentieri su di un terreno indefinibile e inquietante. Gli studi che osserviamo sui volti truccati, con gli occhi bistrati di nero e in evidenza, simili a moderne maschere di teatro, o nelle ammiccanti immagini su sfondo colorato, o ancora sui lavori, di forte impatto emotivo, che insistono su particolari come la lingua o su volti che paiono tumefatti, ci parlano di un linguaggio crudo che sta a significare costante ricerca sulla fisicità, intesa come riflessione sull’identità, ritratta in continua metamorfosi, in un eterno alternarsi di immagini sospese, ambigue, sempre in bilico tra l’apparire e lo scomparire.
Ma commetteremmo un errore se ritenessimo che queste opere si limitino ad una trasposizione provocatoria e a tratti esibizionistica del proprio corpo, che l’artista stesso definisce “conosciuto e comodo strumento”.
L’insistere sul dettaglio degli occhi va oltre il dichiarato narcisismo. Pone, infatti, l’accento sull’elemento, lo sguardo che più di tutti caratterizza, secondo la tradizione occidentale, la coscienza attiva, propria dell’essere umano. Pensiamo all’importanza da sempre attribuita, a partire da Platone, alla visione e alla capacità di osservazione nel percorso formativo dell’intelletto e dell’autoconsapevolezza.
In quest’ottica giungiamo alla identificazione dell’occhio come di un socio con il quale, volenti o nolenti, coabitiamo e che ci è tramite fondamentale nell’osservare il mondo, trasformando, in una sorta di dejà vù, la componente immaginifica che diviene messaggio nella dimensione dell’artista.
Artista, Andrea La Rocca, che esalta questo processo di filtrazione visiva attraverso il sottile strato di sedimento che la luce lascia sugli oggetti, come il velo sottile di una lacrima sugli occhi di un clown.
Montevarchi (AR).
Leopoldo Pompili
Scrive l'autore:
Lavorando da solo cerco il mio corpo, in una ricerca che indaga fotograficamente un impressione, che lascia sulla tela una memoria fruibile. Quando il (mio) corpo, il (mio) viso passa sulla tela interpreta una riflessiva malinconia, di un disvelarsi o farsi luce. Nella vecchia Pentax aggiungo, tolgo, ritaglio mentre costruisco me stesso in immagini, ritrovando riferimenti e citazioni.
Nel trasmettere gli sguardi, nascosti nelle riflessioni sul corpo, ritraggo una continua metamorfosi, un cambiamento riconosciuto nel suo primo atto esibizionista. Corpo conosciuto e comodo strumento che allestisco nel mio studio tra luci e specchi, girando su me stesso o sui modelli, in un rito ossessionato dalle immagini, dalle figure del tempo.
Azzerare è ritrovare una dimensione ridotta e d’avvicinamento al quadro e all’arte. M’interessa molto togliere il superfluo, concedendo uno spazio al tempo. Il limite dell’occhio sulla tela bianca, cerca un dialogo con l’opera in un sistema d’immagini sospese, vaghe, tra apparire e scomparire.
Una riflessione sulla fisicità è una riflessione sull’identità, è un guardarmi essere, mentre rifletto sulla grazia perduta e ritrovata nel corpo vivo dell’immagine. Nei lavori di quest’ultimi anni attribuisco molta importanza al dettaglio degli occhi, il velo di bellezza entro cui dovrebbero apparire è una vitrea trasparenza, in cui sottilmente si riflette il mio narcisismo.
Gli occhi come chiave di lettura prima per importanza d’indagine, sono il nostro socius per eccellenza, noi stessi, e alter, è un altro, che ci sorprende, cattura o lacera, ma con il quale coabitiamo irrevocabilmente. Il mio alter ego nomina il pittore che è in me, affinché si possa dipingere in una diversità, una fase di passaggio e di crescita.
Osservare lo specchio guardando l’oltre, al di là. Immagini gravide di certezze, immagini di contenuti, immagini di una tensione fisica. Nell’ansia del sapere corro, mi metto a correre, per poi fermarmi a dipingere. Lancio al di fuori di me una domanda, costruendomi risposte, mi ritrovo a cercare, a dare, a creare.
Fortificando la mia immaginazione, preservo un valore e in uno sforzo di profondità, alleggerisco l’occhio, spiazzando il gioco attraverso l’esercizio del silenzio. Abitando il paradosso vorrei vedere ciò che non ho mai visto. La componente essenziale dei miei segni, disegni, autoritratti è una certezza in una volontà che fa star male.
È un vetro appannato, per vedere oltre l’indifferenza, è una certezza di un lavoro ad occhi chiusi. L’antica radice WEID significa: ho visto quindi so; so che desidero l’oggetto della mia pittura, traslando il gesto, in un già conosciuto. Cerco macchie, sfumati, neutri, gesti lenti e meditati per spaesarmi dalla realtà. Analizzo, rivolgendo la mia attenzione a piccole dosi, agli sguardi che vanno giù, su, dentro, oltre, per senso.
Mi chiedo se tutto non sia imperfezione, o un epidermide che copre la superficie sporca di colore, un pavimento in cui nulla è ordinato. Attraverso la luce, scopro tracce di polvere sulle scarpe, che incombe immobile sui quadri, mentre allevo l’infinitesimo osservandolo a luce radente. Parodiando la mia immagine rovesciata, illumino il lato oscuro dello specchi, sorrido al desiderio di apparire, nell’apparire di un viso amaro e provocatorio. Andrea La Rocca
Opere inedite e anteprima assoluta del video sui recenti conflitti in Iraq, "Charlie Big Potato".
Per informazioni:
Ylenia Oliva
ylenia.oliva@mammut.ct.it
Inaugurazione: sabato 24 marzo alle 19.30
Mammut
Via S. Lorenzo 20 - Catania
Orari: spesso chiuso il lunedi'
Ingresso gratuito riservato ai soci